Miccoli, il re di Sicilia: "Palermo, ti regalo una coppa"
CalcioL'INTERVISTA. Ha rifiutato una cospicua offerta del Birmingham per restare nella città che lo ha adottato: "A questa gente devo tanto, voglio entrare nella leggenda del club. La Nazionale? Lippi mi ha ignorato senza mai spiegarmi perché. Non mi va giù"
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di Lorenzo Longhi
“Mi hanno messo lì, accanto a santa Rosalia”: Fabrizio Miccoli fa ormai parte della storia del Palermo e, per osmosi, di tutta la città siciliana. La gente lo adora, i numeri lo hanno già consacrato miglior marcatore in A dei rosanero, e dopo essere stato al centro di una delle trattative che più hanno fatto parlare nelle ultime settimane, Palermo si identifica ancora di più con lui. Il Birmingham la voleva, lui voleva la Premier, i rosanero avrebbero accettato la sua volontà. Tutto sembrava deciso.
Miccoli, poi cos’è accaduto?
“Ho riflettuto, e ho pensato a tutto. Al Palermo, a questa città che mi vuole bene, alla mia famiglia e ai miei bambini. Così ho deciso di restare”.
Il Birmingham ha sostenuto, alla fine, di non averla acquistata per colpa dell’infortunio al ginocchio.
“Non è così. Com’è andata lo so io e lo sanno loro, quello che dicono non conta. E poi il recupero sta andando bene, meglio delle previsioni”.
Visto che, dopo il Mondiale, l’Italia cambierà ct, ha anche pensato che riprendersi la Nazionale giocando all’estero sarebbe stato più difficile?
“Questo no, non mi è passato per la testa. In fondo, con la Nazionale mi sono messo l’anima in pace”.
Significa che ci ha messo una pietra sopra?
“No, perché di qui ai prossimi Europei, giocando come ho fatto nelle ultime stagioni, potrei avere un’opportunità. Però, se dovessi faticare, a quel punto sarebbe giusto che il futuro ct facesse altre scelte”.
Infortunio a parte, a Lippi lei non perdona di averla ignorata…
“Quello che non mi è andato giù è non essere mai stato tenuto in considerazione. Ho segnato 19 reti in questa stagione, vengo da due ottime annate. Eppure non sono mai nemmeno stato considerato degno di entrare tra i papabili, quando si trattava di fare liste allargate e provare giocatori diversi. Ma c’è un altro aspetto che mi rammarica di più”.
Quale?
“In tutta franchezza, non so il motivo per il quale non sono mai stato tenuto in considerazione. Sarebbe bastata una telefonata, bastava essere chiari. Chiedevo solo questo, ecco perché sono ancora dispiaciuto”.
Scusi, ma lei in che rapporti è con Lippi?
“Vuole sapere se abbiamo litigato?”
Anche.
“No. Lippi mi ha allenato alla Juventus e mi conosce, magari si è fatto un’idea particolare di me. Ma da allora sono passati sette anni. Io sono un uomo diverso da quello che ero allora, forse anche Lippi in qualche modo. Ad esempio, il Miccoli di allora non avrebbe mai potuto essere il capitano di una squadra, quello di oggi sì”.
Ecco, appunto: il “suo” Palermo.
“Al Palermo, a Palermo, alla sua gente e a Zamparini devo tantissimo. Mi portano in palmo di mano, sembra quasi mi abbiano messo accanto a santa Rosalia. Adesso sono nella storia del club, per i gol in A, ma voglio entrare nella leggenda”.
E come può entrarci?
“Portando a Palermo una coppa. È il mio sogno, il mio obiettivo. Giocheremo l’Europa League e la Coppa Italia, in questo caso entrando già avanti nel tabellone”.
Avrebbe potuto giocare la Champions, con un po' di fortuna…
“Mi manca molto quell’atmosfera. Vi ho giocato con la Juventus e con il Benfica. È della Champions il mio ricordo più bello: il col ad Anfield, con il Benfica, contro il Liverpool. E vincemmo”.
Lisbona, altro suo amore.
“Se fossi stato da solo, non me ne sarei mai andato dal Benfica. Ma quando si ha una famiglia bisogna essere responsabili. Quando Zamparini mi ha proposto il contratto, è stata la svolta. Mi sento a casa, come fossi a Lecce”.
Allora aveva solo una figlia, Suami, ora ha anche Diego. Lo ha chiamato come il suo idolo.
“Maradona. Sto seguendo i Mondiali, lui è uno spettacolo. Spero vinca l'Argentina, tutti sapete che idolo sia per me. Ma attenzione al mio Diego: ha due anni e fa gesti da piccolo fenomeno. Solo che... è destro".
Lo ha chiamato Diego, è suo figlio ed è destro?
"Non so perché, ma è così. Ma forse ha più possibilità di finire in Nazionale lui in futuro di quanto non ne abbia papà".
di Lorenzo Longhi
“Mi hanno messo lì, accanto a santa Rosalia”: Fabrizio Miccoli fa ormai parte della storia del Palermo e, per osmosi, di tutta la città siciliana. La gente lo adora, i numeri lo hanno già consacrato miglior marcatore in A dei rosanero, e dopo essere stato al centro di una delle trattative che più hanno fatto parlare nelle ultime settimane, Palermo si identifica ancora di più con lui. Il Birmingham la voleva, lui voleva la Premier, i rosanero avrebbero accettato la sua volontà. Tutto sembrava deciso.
Miccoli, poi cos’è accaduto?
“Ho riflettuto, e ho pensato a tutto. Al Palermo, a questa città che mi vuole bene, alla mia famiglia e ai miei bambini. Così ho deciso di restare”.
Il Birmingham ha sostenuto, alla fine, di non averla acquistata per colpa dell’infortunio al ginocchio.
“Non è così. Com’è andata lo so io e lo sanno loro, quello che dicono non conta. E poi il recupero sta andando bene, meglio delle previsioni”.
Visto che, dopo il Mondiale, l’Italia cambierà ct, ha anche pensato che riprendersi la Nazionale giocando all’estero sarebbe stato più difficile?
“Questo no, non mi è passato per la testa. In fondo, con la Nazionale mi sono messo l’anima in pace”.
Significa che ci ha messo una pietra sopra?
“No, perché di qui ai prossimi Europei, giocando come ho fatto nelle ultime stagioni, potrei avere un’opportunità. Però, se dovessi faticare, a quel punto sarebbe giusto che il futuro ct facesse altre scelte”.
Infortunio a parte, a Lippi lei non perdona di averla ignorata…
“Quello che non mi è andato giù è non essere mai stato tenuto in considerazione. Ho segnato 19 reti in questa stagione, vengo da due ottime annate. Eppure non sono mai nemmeno stato considerato degno di entrare tra i papabili, quando si trattava di fare liste allargate e provare giocatori diversi. Ma c’è un altro aspetto che mi rammarica di più”.
Quale?
“In tutta franchezza, non so il motivo per il quale non sono mai stato tenuto in considerazione. Sarebbe bastata una telefonata, bastava essere chiari. Chiedevo solo questo, ecco perché sono ancora dispiaciuto”.
Scusi, ma lei in che rapporti è con Lippi?
“Vuole sapere se abbiamo litigato?”
Anche.
“No. Lippi mi ha allenato alla Juventus e mi conosce, magari si è fatto un’idea particolare di me. Ma da allora sono passati sette anni. Io sono un uomo diverso da quello che ero allora, forse anche Lippi in qualche modo. Ad esempio, il Miccoli di allora non avrebbe mai potuto essere il capitano di una squadra, quello di oggi sì”.
Ecco, appunto: il “suo” Palermo.
“Al Palermo, a Palermo, alla sua gente e a Zamparini devo tantissimo. Mi portano in palmo di mano, sembra quasi mi abbiano messo accanto a santa Rosalia. Adesso sono nella storia del club, per i gol in A, ma voglio entrare nella leggenda”.
E come può entrarci?
“Portando a Palermo una coppa. È il mio sogno, il mio obiettivo. Giocheremo l’Europa League e la Coppa Italia, in questo caso entrando già avanti nel tabellone”.
Avrebbe potuto giocare la Champions, con un po' di fortuna…
“Mi manca molto quell’atmosfera. Vi ho giocato con la Juventus e con il Benfica. È della Champions il mio ricordo più bello: il col ad Anfield, con il Benfica, contro il Liverpool. E vincemmo”.
Lisbona, altro suo amore.
“Se fossi stato da solo, non me ne sarei mai andato dal Benfica. Ma quando si ha una famiglia bisogna essere responsabili. Quando Zamparini mi ha proposto il contratto, è stata la svolta. Mi sento a casa, come fossi a Lecce”.
Allora aveva solo una figlia, Suami, ora ha anche Diego. Lo ha chiamato come il suo idolo.
“Maradona. Sto seguendo i Mondiali, lui è uno spettacolo. Spero vinca l'Argentina, tutti sapete che idolo sia per me. Ma attenzione al mio Diego: ha due anni e fa gesti da piccolo fenomeno. Solo che... è destro".
Lo ha chiamato Diego, è suo figlio ed è destro?
"Non so perché, ma è così. Ma forse ha più possibilità di finire in Nazionale lui in futuro di quanto non ne abbia papà".