Prandelli ha ragione: cercasi con urgenza i "trequartisti"

Calcio
Sebastian Giovinco è il rappresentante di una razza in via d'estinzione: il trequartista italiano (foto Getty)
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Le prime giornate di Serie A evidenziano che vince il gioco sulle fasce: non si segna più con le invenzioni dei fantasisti. Zero gli assist di Sneijder, Giovinco unico italiano rimasto nel ruolo. Volano le ali: le migliori Krasic e Dossena. LA GALLERY

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di Vanni Spinella

L’allarme è stato lanciato da Prandelli nei giorni scorsi: AAA cercasi trequartisti, possibilmente italiani. Razza in via d’estinzione che sta costringendo tanti allenatori a riempire il vuoto che si è creato con soluzioni alternative.
La voragine in cui sta precipitando il nostro calcio si chiama “gioco sulle fasce” e il rischio è quello di dare vita a un circolo vizioso, in cui la manovra si sviluppa sempre più sugli esterni e nessuno si preoccupa più di incoraggiare la crescita di nuovi piccoli trequartisti.

Un tempo era il calcio che contraddistingueva soprattutto gli inglesi, oggi siamo noi ad allargare sulle fasce. A dirlo sono i numeri: nelle prime 6 giornate di campionato in Italia, ben 32 gol sui 141 realizzati in totale sono scaturiti dalla giocata più antica che c’è: cross in mezzo e gol.
La squadra che lo fa meglio è la Juventus, e fin qui nessuna sorpresa, vista la passione di Delneri per il 4-4-2 e il gioco sulle ali: ben 5 gol sui 12 segnati dai bianconeri nascono da cross “puri”, a pescare il compagno in area. Tre assist di Krasic (prossimo avversario dell'Italia), uno di Pepe, uno di Motta. Quelli di Krasic diventerebbero addirittura 4, calcolando anche la sponda per Marchisio contro la Sampdoria, ma per i puristi del cross in mezzo non si tratta di assist in senso stretto.
Alle spalle della Juve, il Napoli del trio-fantasia Cavani-Lavezzi-Hamsik: una contraddizione in termini, risolta da Dossena. Dal suo piede sono partiti ben 3 cross finalizzati in rete, un altro l’ha sfornato Lavezzi.
Juve e Napoli regine delle fasce: sarà un caso, ma sono anche le due squadre con il miglior attacco della Serie A, fino a questo punto.
A sorpresa, poi, sbuca il Lecce: appena 5 gol all’attivo, di cui uno su rigore: dei restanti quattro, due nascono sull’asse Olivera-Corvia: cross del primo, deviazione sotto porta del secondo.

Insomma, la manovra corale, allargata e ariosa, paga più del colpo di genio a sorpresa.
Se dal totale di 141 gol realizzati in A si tolgono poi i 43 nati da palle inattive (rigori, punizioni, angoli e relativi sviluppi), la percentuale rende ancora meglio: dalle fasce vengono 32 reti su 98, che significa il 33%. Un terzo dei gol del nostro campionato.
E gli altri? Tante giocate personali (i gol di Pirlo e Ilicic, ad esempio), qualche errore difensivo, pochissime invenzioni creative, che sarebbero il pane quotidiano del trequartista. Appena 12 gol (8,5%) nascono dalla fantasia di chi dovrebbe ispirare le punte. E anche contando quelli nati dalle verticalizzazioni o da giocate in profondità (come quelle che hanno portato al gol Ibra contro Genoa e Lazio, o Borriello contro il Bologna, per intenderci) non si raggiunge il 16% dei gol totali. Ancora troppo poco, per poter rivalutare l’importanza del passaggio filtrante.

Specie quando le lampadine stentano ad accendersi: solo due gli assit smarcanti di Ronaldinho, uno di Giovinco (il cucchiaio per Bojinov), unico italiano rimasto a fare il trequartista puro, uno di Hernanes della Lazio capolista, portato in Italia per fare il centrocampista e riscoperto mezza punta. Zero quelli di Sneijder.
Per il resto, hanno fornito palle filtranti tramutate in gol anche gli italiani Palombo, Mauri e Lazzari, ma non è certo un lavoro che si può chiedere loro con continuità. E allora, ripensando alla vecchia scuola italiana dei vari Zola, Baggio e Totti, forse Prandelli fa bene a preoccuparsi un po’.