Ivan "la Bestia" irrompe su Facebook: superati i 5000 fan
CalcioIl leader degli ultras serbi, arrestato a Genova dopo i disordini di Marassi, è seguitissimo e idolatrato sul principale social network mondiale: due le pagine a lui dedicate, una italiana e una serba. Commenti, video e foto in suo onore. L'ALBUM
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"Sono stato frainteso". Viene inaugurata così la prima pagina Facebook intitolata a Ivan "la Bestia" Bogdanov, il capo degli ultras serbi che hanno trasformato Marassi in una bolgia che ha reso impossibile il regolare svolgimento di Italia-Serbia a Genova. È vero, non si tratta di un profilo Facebook reale, fatto di cui si illudono molti "fan" disattenti: il Bogdanov non avrebbe fatto a tempo ad aggiornare la sua pagina, né tra un fumogeno e una cesoiata, né dal vano motore del pullman in cui è stato ritrovato.
Ancor più difficile sarebbe pensare che gli aggiornamenti siano giunti in seguito all'arresto: il trattamento riservatogli dalla polizia italiana è stato soft, anche a giudicare dalle foto a torso nudo in seguito all'arresto, in cui Ivan non ha un graffio. Ciononostante è impensabile che il servizio comprendesse anche una camera nei carrugi con connessione internet. In più, i commenti in italiano incastrano il creatore della pagina che però ha la soddisfazione di raccogliere oltre 5000 adesioni in meno di 24 ore.
Tra una battuta e l'altra, nella bacheca che alterna commenti ironici a dichiarazioni da nazionalista serbo, Bogdanov cita la Battaglia del 1389, data che il gigante calvo si è tatuato sul braccio per ricordare che "Kosovo is Serbia". Uno slogan apparso anche sotto una maxi bandiera serba nel pre-partita che non c'è stata. L'Albania è il bersaglio principale dei "fans" della pagina di Ivan Bogdanov, sia nella versione italiana che in quella serba, che paradossalmente conta meno adepti.
La rete, intesa come web e non quella tagliata da Ivan con il suo set di tronchesini con cui è puntualmente entrato allo stadio, dà modo di discutere anche a chi, senza troppi giri di parole, condanna l'operato del simbolo dell'odierno nazionalismo serbo. Sia da una parte che dall'altra, l'ignoranza regnante non aiuta: Facebook è prevalentemente popolata da ragazzini che commentano sulla base delle sole immagini viste nel contesto di Italia-Serbia, spesso senza saper riconoscere una bandiera albanese da una serba (non ditelo a Ivan!). Certo non aiuta il fatto che nella telecronaca dell'evento anche i professionisti incaricati abbiano scambiato la gestualità dei giocatori che si sono recati sotto la curva per un invito a considerare l'eventualità del 3-0 a tavolino. Le tre dita di Dejan Stankovic, rivolte a una banda armata, potevano mai significare "attenzione ragazzi, rischiamo il 3-0 a tavolino?". Un commento azzardato a priori, anche per chi non sapesse distinguere il simbolo del nazionalismo serbo: "Dio, Patria e Zar", interpretabile anche come "Serbia, Montenegro e Bosnia". A volte sarebbe meglio stare zitti. Per tutto il resto, c'è Facebook.
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Ancor più difficile sarebbe pensare che gli aggiornamenti siano giunti in seguito all'arresto: il trattamento riservatogli dalla polizia italiana è stato soft, anche a giudicare dalle foto a torso nudo in seguito all'arresto, in cui Ivan non ha un graffio. Ciononostante è impensabile che il servizio comprendesse anche una camera nei carrugi con connessione internet. In più, i commenti in italiano incastrano il creatore della pagina che però ha la soddisfazione di raccogliere oltre 5000 adesioni in meno di 24 ore.
Tra una battuta e l'altra, nella bacheca che alterna commenti ironici a dichiarazioni da nazionalista serbo, Bogdanov cita la Battaglia del 1389, data che il gigante calvo si è tatuato sul braccio per ricordare che "Kosovo is Serbia". Uno slogan apparso anche sotto una maxi bandiera serba nel pre-partita che non c'è stata. L'Albania è il bersaglio principale dei "fans" della pagina di Ivan Bogdanov, sia nella versione italiana che in quella serba, che paradossalmente conta meno adepti.
La rete, intesa come web e non quella tagliata da Ivan con il suo set di tronchesini con cui è puntualmente entrato allo stadio, dà modo di discutere anche a chi, senza troppi giri di parole, condanna l'operato del simbolo dell'odierno nazionalismo serbo. Sia da una parte che dall'altra, l'ignoranza regnante non aiuta: Facebook è prevalentemente popolata da ragazzini che commentano sulla base delle sole immagini viste nel contesto di Italia-Serbia, spesso senza saper riconoscere una bandiera albanese da una serba (non ditelo a Ivan!). Certo non aiuta il fatto che nella telecronaca dell'evento anche i professionisti incaricati abbiano scambiato la gestualità dei giocatori che si sono recati sotto la curva per un invito a considerare l'eventualità del 3-0 a tavolino. Le tre dita di Dejan Stankovic, rivolte a una banda armata, potevano mai significare "attenzione ragazzi, rischiamo il 3-0 a tavolino?". Un commento azzardato a priori, anche per chi non sapesse distinguere il simbolo del nazionalismo serbo: "Dio, Patria e Zar", interpretabile anche come "Serbia, Montenegro e Bosnia". A volte sarebbe meglio stare zitti. Per tutto il resto, c'è Facebook.
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