Testa o cuore? Se Moratti deve cedere alla ragione
CalcioRanieri non era certamente la prima scelta dell'Inter (era Baggio?). Non è la prima volta che il patron nerazzurro ci "casca" (vedi Gasperini) ripensando a quando Mancio, Mou e Leo erano liberi... FOTO: TUTTE LE PAROLE DEL NEO TECNICO RANIERI
Ranieri, karma e gesso: un destino da aggiustatore
di Alfredo Corallo
Ecco un altro brav'uomo, fin troppo, di quelli che non hanno mai fatto impazzire Massimo Moratti (l'inesorabile legge del contrappasso). Il presidente dell'Inter ha scelto Ranieri, l'unico del rango sulla piazza ("sono Claudio, risolvo problemi" il suo biglietto da visita), ma anche uno che non gli farà mai girare la testa al punto da strappargli un "fan-ta-sti-co" dei suoi, di quelli che riservava ai bad-boys Mancini e Mourinho, per intenderci. Lo immaginiamo già - un giorno lontanissimo, per carità - sommerso di microfoni all'uscita dagli uffici della Saras, congedarlo alla sua maniera, educatissima: "Mi dispiace soprattutto per la persona". La frase di circostanza, insomma, che è solito usare quando ha preso un allenatore più spinto
dalla ratio che da un affare di cuore (o perché malconsigliato?).
L'AMICO DI RONALDO E L'HOMBRE VERTICAL - Succede con Gigi Simoni, amatissimo dai tifosi, che stravince la Coppa Uefa nel '98 e arriva secondo nel campionato delle oscenità (Iuliano-Ronaldo ecc); viene quindi confermato per poi essere liquidato a novembre all'indomani di una vittoria contro la Salernitana, fresco di "Panchina d'oro" e soprattutto pochi giorni dopo aver battuto il Real Madrid a San Siro nella magica notte di Roberto Baggio. I nerazzurri cambieranno altri tre tecnici (Capello declina l'invito a favore di Lucescu, Castellini e Hodgson) per finire ottavi e fuori dalle coppe. Complimenti. Le cose non andranno meglio con Lippi e Tardelli, capaci, nell'ordine: di un'eliminazione ai preliminari di Champions con i dilettanti dell'Helsingborg (Lippi); di uno 0-6 dal Milan in campionato e un 1-6 dal Parma in Coppa Italia (Tardelli). Ecco, allora, sbarcare a Milano un altro "martire", l'argentino Hector Cuper. L'Hombre vertical si divora lo scudetto del 5 maggio 2002 e la stagione successiva esce dalla semifinale di Champions con i cugini rossoneri. Solito rinnovo e immancabile esonero (perché non prima?) al sesto turno, decisivi i ko nel derby e il 2-2 a Brescia. Alberto Zaccheroni traghetta la squadra al quarto posto, ma non è sufficiente per la riconferma.
IL "MARCHISCIANO" E "O PORTUGHESE" - La verità è che il Nostro ha un chiodo fisso, e non è una semplice infatuazione: vuole solo Roberto Mancini, giovane e di idee brillanti, amante del bel gioco, come piace a lui. Tra i due la sintonia è massima, Moratti lo accontenta in tutto e per tutto (Mancio si porta da Roma mezza Lazio) e i risultati si traducono sul campo con scudetti, partite folli e un'infinità di coppe e supercoppe. Ma anche lo jesino ha un difettuccio: in 4 anni non riesce mai ad andare oltre i quarti di finale nella Champions, il sogno proibito di Famiglia. Finirà male, in mano gli avvocati, un divorzio in piena regola (con tanto di "alimenti", nel 2009 Mancini scucirà 8 milioncini alla Società per la risoluzione del contratto). Poco male: il presidente ha l'asso nella manica, stavolta è quello giusto, se lo sente. E non sbaglia: José Mourinho promette - e mantiene - di regalargli il giocattolo più prezioso, atteso 45 anni. Ma omette un particolare: rimarrà a Madrid quella notte, non tornerà a Milano. Lasciandolo in lacrime.
EL GORDO, IL DIAVOLO E IL GOBBO - Sedotto e abbandonato, Moratti non trova di meglio che affidarsi ad uno spagnolo considerato un po' bollito, ma pur sempre una vecchia volpe del calcio internazionale. E Rafa Benitez si presenta alla grande: via subito l'immaginetta di Mou da tutti gli uffici di Appiano Gentile. Non mangerà il panettone (e chi l'avrebbe mai detto!) ma condurrà Zanetti e gli altri alla conquista del titolo mondiale salutando la truppa con un memorabile sfogo da manuale del perfetto guastafeste. Si arriverà così all'ultima tentazione morattiana: convertire il nemico di mille battaglie, un "sim-pa-ti-co" milanista. Ci riesce, ma dimentica di essersi messo in casa un diavolo: Leonardo lo convince a tornare sul mercato - ma anche Benitez aveva il suo fascino, o no? - e con i nuovi Pazzini, Ranocchia e Nagatomo per poco non vince lo scudetto e arriva ai quarti di Champions. Ma è tutto un bluff: rimedia a malapena una Coppa Italia (e ringrazi Eto'o). Alla fine tradirà Moratti per dei ricchi arabi trapiantati a Parigi, lasciandolo nelle mani di uno juventino e di un romanista. A proposito: e un interista quando?
E' Ranieri l'allenatore giusto per l'Inter? Dì la tua nel Forum nerazzurro
di Alfredo Corallo
Ecco un altro brav'uomo, fin troppo, di quelli che non hanno mai fatto impazzire Massimo Moratti (l'inesorabile legge del contrappasso). Il presidente dell'Inter ha scelto Ranieri, l'unico del rango sulla piazza ("sono Claudio, risolvo problemi" il suo biglietto da visita), ma anche uno che non gli farà mai girare la testa al punto da strappargli un "fan-ta-sti-co" dei suoi, di quelli che riservava ai bad-boys Mancini e Mourinho, per intenderci. Lo immaginiamo già - un giorno lontanissimo, per carità - sommerso di microfoni all'uscita dagli uffici della Saras, congedarlo alla sua maniera, educatissima: "Mi dispiace soprattutto per la persona". La frase di circostanza, insomma, che è solito usare quando ha preso un allenatore più spinto
dalla ratio che da un affare di cuore (o perché malconsigliato?).
L'AMICO DI RONALDO E L'HOMBRE VERTICAL - Succede con Gigi Simoni, amatissimo dai tifosi, che stravince la Coppa Uefa nel '98 e arriva secondo nel campionato delle oscenità (Iuliano-Ronaldo ecc); viene quindi confermato per poi essere liquidato a novembre all'indomani di una vittoria contro la Salernitana, fresco di "Panchina d'oro" e soprattutto pochi giorni dopo aver battuto il Real Madrid a San Siro nella magica notte di Roberto Baggio. I nerazzurri cambieranno altri tre tecnici (Capello declina l'invito a favore di Lucescu, Castellini e Hodgson) per finire ottavi e fuori dalle coppe. Complimenti. Le cose non andranno meglio con Lippi e Tardelli, capaci, nell'ordine: di un'eliminazione ai preliminari di Champions con i dilettanti dell'Helsingborg (Lippi); di uno 0-6 dal Milan in campionato e un 1-6 dal Parma in Coppa Italia (Tardelli). Ecco, allora, sbarcare a Milano un altro "martire", l'argentino Hector Cuper. L'Hombre vertical si divora lo scudetto del 5 maggio 2002 e la stagione successiva esce dalla semifinale di Champions con i cugini rossoneri. Solito rinnovo e immancabile esonero (perché non prima?) al sesto turno, decisivi i ko nel derby e il 2-2 a Brescia. Alberto Zaccheroni traghetta la squadra al quarto posto, ma non è sufficiente per la riconferma.
IL "MARCHISCIANO" E "O PORTUGHESE" - La verità è che il Nostro ha un chiodo fisso, e non è una semplice infatuazione: vuole solo Roberto Mancini, giovane e di idee brillanti, amante del bel gioco, come piace a lui. Tra i due la sintonia è massima, Moratti lo accontenta in tutto e per tutto (Mancio si porta da Roma mezza Lazio) e i risultati si traducono sul campo con scudetti, partite folli e un'infinità di coppe e supercoppe. Ma anche lo jesino ha un difettuccio: in 4 anni non riesce mai ad andare oltre i quarti di finale nella Champions, il sogno proibito di Famiglia. Finirà male, in mano gli avvocati, un divorzio in piena regola (con tanto di "alimenti", nel 2009 Mancini scucirà 8 milioncini alla Società per la risoluzione del contratto). Poco male: il presidente ha l'asso nella manica, stavolta è quello giusto, se lo sente. E non sbaglia: José Mourinho promette - e mantiene - di regalargli il giocattolo più prezioso, atteso 45 anni. Ma omette un particolare: rimarrà a Madrid quella notte, non tornerà a Milano. Lasciandolo in lacrime.
EL GORDO, IL DIAVOLO E IL GOBBO - Sedotto e abbandonato, Moratti non trova di meglio che affidarsi ad uno spagnolo considerato un po' bollito, ma pur sempre una vecchia volpe del calcio internazionale. E Rafa Benitez si presenta alla grande: via subito l'immaginetta di Mou da tutti gli uffici di Appiano Gentile. Non mangerà il panettone (e chi l'avrebbe mai detto!) ma condurrà Zanetti e gli altri alla conquista del titolo mondiale salutando la truppa con un memorabile sfogo da manuale del perfetto guastafeste. Si arriverà così all'ultima tentazione morattiana: convertire il nemico di mille battaglie, un "sim-pa-ti-co" milanista. Ci riesce, ma dimentica di essersi messo in casa un diavolo: Leonardo lo convince a tornare sul mercato - ma anche Benitez aveva il suo fascino, o no? - e con i nuovi Pazzini, Ranocchia e Nagatomo per poco non vince lo scudetto e arriva ai quarti di Champions. Ma è tutto un bluff: rimedia a malapena una Coppa Italia (e ringrazi Eto'o). Alla fine tradirà Moratti per dei ricchi arabi trapiantati a Parigi, lasciandolo nelle mani di uno juventino e di un romanista. A proposito: e un interista quando?
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