Lippi vola verso l'estero. "Scudetto? Juve favorita"
CalcioL'ex ct della nazionale nicchia sulla super offerta arrivata dal Guangzhou Evergrande ma conferma che il suo futuro sarà lontano dall'Italia. Incorona Del Piero, vede la Juve favorita e ammette: "Quando giocavo ci davano di tutto"
"Cina? Ma che Cina. Ci sono tanti posti all'estero, Dubai, l'Arabia, l'Asia. Se ci vado? Certo, vado dove c'è voglia di costruire qualcosa di nuovo. Una nazionale? Anche, perché no". Marcello Lippi, non nega che presto siederà su una panchina piuttosto lontana dall'Italia. Ma per ora frena le voci che lo vedono già sulla panchina del Guangzhou Evergrande, il club cinese di Canton capace di garantire all'argentino Dario Conca uno stipendio da 26 milioni in due anni e mezzo, circa 900 mila euro al mese.
Intervenuto alla Scuola di Giornalismo Walter Tobagi di Milano, dove ha concluso con la sua testimonianza il corso di perfezionamento in giornalismo sportivo, ha quindi annunciato, come per altro più volte in passato, che il suo futuro sarà lontano dall'Italia. Sembra che a breve scioglierà i suoi dubbi sulla scelta (sembra quindi abbia più di un'offerta sul piatto). La voglia di tornare in panchina è tanta, quella di farlo lontano dall'Italia scontata.
Nel nostro campionato in questo momento la fanno da padroni Allegri e Conte. "Il primo, appena arrivato al Milan lo scorso anno, è sembrato subito il mio erede: ha vinto al primo colpo, toscano come me, inventore di trovate tattiche simili alle mie. Io mi inventai Tudor davanti alla difesa e Zambrotta terzino, ad esempio. Devo ammettere che quest'anno è stato un po' meno bravo a gestire il gruppo. Conte? Bravo, dimostra le stesse caratteristiche di quando giocava nella mia Juve. Ma ora che è davanti, fare la lepre è più complicato". Lippi vede la Juve favorita, "sia per gli scontri diretti che per punto di vantaggio. Hanno veramente giocato un campionato a livelli incredibili".
Lippi sfiora anche un paio di argomenti delicati. Il primo, quello che definisce quello dei "galli nel pollaio", ad esempio. Riferimento a Balotelli? "Mario è un talento a rischio, perché si ha la sensazione che potrebbe fare già delle grandissime cose adesso, ma non le fa. Forse perché gli piace essere com'è". Giusto quindi il codice etico di Prandelli? "Il codice etico non è stato inventato ora, c'è sempre stato. Ma il mio gruppo mondiale non aveva bisogno di regole, le rispettava e basta".
Poi, inevitabile, la questione doping: "Quando giocavo nella Sampdoria, era la prassi che il massaggiatore ci facesse delle iniezioni. 'Vitamine', ci dicevano. Tutti le facevano. Pur di giocare con la pubalgia prendevo antinfiammatori ogni giorno e facevo infiltrazioni, finché non mi sentii male e dovetti fermarmi per qualche mese". La paura, alla luce dei decessi dei calciatori della sua epoca, ammette che un po' c'è. "Non c'era la consapevolezza che potesse essere qualcosa di dannoso, e serviva per recuperare, non per migliorare le prestazioni".