JUVENTUS CAMPIONE D'ITALIA. E adesso i Conte tornano
CalcioTorino in festa. E' il trionfo di Antonio Conte. I bianconeri vincono lo scudetto da imbattuti e con una giornata d'anticipo, dopo avere sconfitto 2-0 il Cagliari a Trieste e complice la sconfitta del Milan per 2-4 nel derby.
La Juventus è campione d'Italia per la 28° volta nella sua storia, dopo avere battuto 2-0 il Cagliari a Trieste e complice la sconfitta del Milan per 2-4 nel derby. E il centro storico di Torino è stato completamente bloccato dalla fiumana di tifosi della Juve, che si è subito riversata in piazza San Carlo, in via Roma e piazza Castello per festeggiare lo scudetto. Via Roma è stata chiusa al traffico, ma centinaia di supporter sciamano nelle due piazze, dove sono stati accesi decine di fumogeni tricolori, fra slogan, sirene e cori.
Fuoriclasse in panchina, ora bisogna dirlo: Antonio Conte appartiene a questa categoria, solo così si può definire un allenatore giovane, alla prima esperienza ad alto livello - tra l'altro al timone della squadra con cui da giocatore aveva vinto 14 titoli - che riesce al primo colpo nell'impresa di vincere lo scudetto. Con una giornata di anticipo, dopo aver guidato il campionato in testa quasi tutta la stagione. E non avere mai perso una sola partita.
Guidare la "sua" Juve era il sogno da quando aveva iniziato la carriera di tecnico; riportarla immediatamente al vertice, dopo due settimi posti consecutivi, ha davvero il sapore dell'impresa. Che si è realizzata a Trieste. Conte ci è riuscito grazie a una cavalcata straordinaria quanto inaspettata, abbattendo record dopo record, portando fin dal primo giorno di ritiro una filosofia nuova quanto precisa nei concetti. Al primo punto: lavoro, lavoro e ancora lavoro. "Non dimentichiamoci da dove arriviamo" ha ripetuto spesso. Profilo basso, nessun proclama, cura maniacale dei particolari, massimo impegno in allenamento. Il lavoro in settimana, durissimo (non a caso viene definito "martello"), che diventa la base da cui trarre le scelte per la formazione della domenica. Per la partita che lui vive come un dodicesimo uomo in campo, arrivando alle interviste molte volte afono.
Antonio ha innanzitutto ridato autostima e mentalità vincente, ha puntato sulle forti motivazioni e sulla voglia di rivincita di un gruppo depresso dopo due stagioni deludenti, sulla 'fame' di vittoria dei suoi ragazzi, abituando i giocatori "a pensare con il noi e non con l'io". Si è affidato all'esperienza dei vari Buffon, Pirlo e Del Piero per far breccia e trasmettere la sua idea di calcio moderno. Tutti l'hanno seguito. Ha disinnescato potenziali problemi con il capitano, giunto all'epilogo dell'avventura in bianconero ma sempre osannato dai tifosi, con un rapporto sempre trasparente. Alex è stato centellinato, ma il suo apporto e' stato ugualmente decisivo.
Il vero capolavoro è stato ottenuto sul piano tattico. Conte aveva raggiunto le promozioni in A con Bari e Siena con il suo modulo prediletto il 4-2-4. Lo stesso con cui è iniziata l'avventura in bianconero per dare un'identità alla squadra. Poi, viste la rosa a disposizione e l'impossibilità di rinunciare a Vidal, è arrivata la trasformazione con il 4-1-4-1, evolutosi nel 4-3-3. E la mediana Pirlo-Vidal-Marchisio è stata l'architrave del successo. L'ultima frontiera è stata il 3-5-2, "il vestito che si adatta meglio alle caratteristiche dei giocatori", con il varo della difesa a tre. Nessun integralismo tattico, dunque, come si paventava all'inizio. Al contrario, Conte ha creato una squadra organizzata, in cui tutti sanno che cosa fare, magari inferiore qualitativamente rispetto alla concorrenza ma capace di interpretare a memoria piu' moduli e di adattarvisi anche a gara in corso.
E' la Juve, ma viene in mente un confronto col Barcellona. Bando alle esagerazioni, lo stesso tecnico non ha mai azzardato paragoni: semplicemente, Guardiola e il Barç sono stati, per sua stessa ammissione, un punto di riferimento per la filosofia di Conte. Ricerca continua del gioco (con l'azione che parte dai difensori) e del possesso palla, intensità, pressing e raddoppi costanti per riconquistarla, gli inserimenti in zona goal dei centrocampisti (Marchisio e Vidal devastanti). Ingredienti di una macchina praticamente perfetta. Merito di Antonio Conte, il fuoriclasse della panchina e dello scudetto.
Fuoriclasse in panchina, ora bisogna dirlo: Antonio Conte appartiene a questa categoria, solo così si può definire un allenatore giovane, alla prima esperienza ad alto livello - tra l'altro al timone della squadra con cui da giocatore aveva vinto 14 titoli - che riesce al primo colpo nell'impresa di vincere lo scudetto. Con una giornata di anticipo, dopo aver guidato il campionato in testa quasi tutta la stagione. E non avere mai perso una sola partita.
Guidare la "sua" Juve era il sogno da quando aveva iniziato la carriera di tecnico; riportarla immediatamente al vertice, dopo due settimi posti consecutivi, ha davvero il sapore dell'impresa. Che si è realizzata a Trieste. Conte ci è riuscito grazie a una cavalcata straordinaria quanto inaspettata, abbattendo record dopo record, portando fin dal primo giorno di ritiro una filosofia nuova quanto precisa nei concetti. Al primo punto: lavoro, lavoro e ancora lavoro. "Non dimentichiamoci da dove arriviamo" ha ripetuto spesso. Profilo basso, nessun proclama, cura maniacale dei particolari, massimo impegno in allenamento. Il lavoro in settimana, durissimo (non a caso viene definito "martello"), che diventa la base da cui trarre le scelte per la formazione della domenica. Per la partita che lui vive come un dodicesimo uomo in campo, arrivando alle interviste molte volte afono.
Antonio ha innanzitutto ridato autostima e mentalità vincente, ha puntato sulle forti motivazioni e sulla voglia di rivincita di un gruppo depresso dopo due stagioni deludenti, sulla 'fame' di vittoria dei suoi ragazzi, abituando i giocatori "a pensare con il noi e non con l'io". Si è affidato all'esperienza dei vari Buffon, Pirlo e Del Piero per far breccia e trasmettere la sua idea di calcio moderno. Tutti l'hanno seguito. Ha disinnescato potenziali problemi con il capitano, giunto all'epilogo dell'avventura in bianconero ma sempre osannato dai tifosi, con un rapporto sempre trasparente. Alex è stato centellinato, ma il suo apporto e' stato ugualmente decisivo.
Il vero capolavoro è stato ottenuto sul piano tattico. Conte aveva raggiunto le promozioni in A con Bari e Siena con il suo modulo prediletto il 4-2-4. Lo stesso con cui è iniziata l'avventura in bianconero per dare un'identità alla squadra. Poi, viste la rosa a disposizione e l'impossibilità di rinunciare a Vidal, è arrivata la trasformazione con il 4-1-4-1, evolutosi nel 4-3-3. E la mediana Pirlo-Vidal-Marchisio è stata l'architrave del successo. L'ultima frontiera è stata il 3-5-2, "il vestito che si adatta meglio alle caratteristiche dei giocatori", con il varo della difesa a tre. Nessun integralismo tattico, dunque, come si paventava all'inizio. Al contrario, Conte ha creato una squadra organizzata, in cui tutti sanno che cosa fare, magari inferiore qualitativamente rispetto alla concorrenza ma capace di interpretare a memoria piu' moduli e di adattarvisi anche a gara in corso.
E' la Juve, ma viene in mente un confronto col Barcellona. Bando alle esagerazioni, lo stesso tecnico non ha mai azzardato paragoni: semplicemente, Guardiola e il Barç sono stati, per sua stessa ammissione, un punto di riferimento per la filosofia di Conte. Ricerca continua del gioco (con l'azione che parte dai difensori) e del possesso palla, intensità, pressing e raddoppi costanti per riconquistarla, gli inserimenti in zona goal dei centrocampisti (Marchisio e Vidal devastanti). Ingredienti di una macchina praticamente perfetta. Merito di Antonio Conte, il fuoriclasse della panchina e dello scudetto.