Morosini, un anno dopo: defibrillatori sì, ma non per tutti

Calcio
Piermario Morosini (Bergamo, 5 luglio 1986 – Pescara, 14 aprile 2012) (Foto Ansa)
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L'INCHIESTA. Alla vigilia del primo anniversario della morte del calciatore, siamo andati a vedere se nei campi, ma non solo, ci si è attrezzati per acquistare l'apparecchio facile da usare che può salvare la vita. Tra linee guida e iniziative meritevoli

di Luciano Cremona

Era un sabato di primavera, proprio come questo. Era un sabato di partite, di calcio. Era un sabato, quel 14 aprile 2012, quando Piermario Morosini morì allo Stadio Adriatico di Pescara. Un anno senza 'Moro'. Un anno con un ritornello beffardo: se avessero usato il defibrillatore, forse si sarebbe salvato. C'è un'indagine in corso, il 19 aprile ci sarà l'incidente probatorio: i periti del Gip hanno concluso che, detto che Morosini morì a causa di una cardiomiopatia aritmogena, se i medici accorsi avessero utilizzato il defibrillatore, il calciatore avrebbe avuto qualche chance in più di salvarsi. Un anno dopo siamo andati a vedere se nei campi di calcio, fino alla periferia, è passato il concetto che sì, un defibrillatore ti salva la vita.

Numeri e costi - Partiamo da numeri: da gennaio a oggi 30 atleti deceduti facendo sport, tra cui l'ex calciatore Ponzo. Dal 2006 a al 2012 sono stati 592 i morti di sport (566 uomini, 26 donne), il 35% dei quali giocando a calcio o calcetto. Ciclismo e la corsa gli altri sport più colpiti. Ma il dato che ci interessa è uno, importante, e decisivo: si stima che tra il 20 e il 40% degli atleti colpiti da arresto cardiocircolatorio si salvano se entro sei minuti vengono soccorsi con le tecniche di respirazione e l'utilizzo del defibrillatore. L'apparecchio, che costa attorno ai 1.300-1.500 euro, è di semplice utilizzo e semi-automatico. Seguendo un corso di 5-6 ore un qualsiasi cittadino può imparare ad utilizzarlo: nel caso in cui una persona si senta male, appurato lo stato di incoscienza, basta applicare i due elettrodi (uno sotto l'ascella sinistra, uno sul pettorale destro). Il defibrillatore effettuerà la diagnosi in maniera autonoma, comunicando se chi interviene deve, o meno, applicare la scarica.

Casasco: defibrillatori ok, ma non basta - "Aspettiamo che venga applicata la direttiva Balduzzi per  i defibrillatori su tutti i campi: mancano i decreti attuativi", dice Maurizio Casasco, presidente della Federazione medici sportivi. Perché nel decreto Balduzzi si parla soltanto di "linee guida per l'effettuazione di controlli sanitari sui praticanti e dotazione per società professionistiche e dilettantistiche di defibrillatori semiautomatici". Quindi non tutti i campi dilettantistici sono dotati di defibrillatore, in quanto per ora non è ancora obbligatorio. Casasco spiega che è però la prevenzione a salvare il maggior numero di vite: "L'Italia nella prevenzione vanta un'eccellenza assoluta. Nel mondo il rapporto delle morti improvvise è di una su 100-300 mila, da noi una su un milione, un milione e mezzo". "La nostra federazione - prosegue Casasco - ha pubblicato il Modello organizzativo delle emergenze sui campi di gara, adottato dalle Leghe, dalla Giunta e dalla Commissione scientifica del Coni. Il primo punto resta lo screening, poi c'é l'applicazione del modello organizzativo d'emergenza. Assieme all'Istituto della sanità è stato approvato il soccorso defibrillato".

Lega Pro e Lnd ok, Csi no - La legge c'è, ma non è ancora stata attuata. Perciò le federazioni si gestiscono in maniera autonoma. Dopo il caso di Morosini, il direttore generale della Lega Pro Francesco Ghirelli tuonò: "Non si gioca se a bordo campo non c'è il defibrillatore". Tutte e 69 le squadre di Prima e Seconda Divisione sono dotate dell'apparecchio. Anche la Lega Nazionale Dilettanti è all'avanguardia, almeno per quanto riguarda la Serie D. Dal 2006 la Lnd fornisce a tutte le società di D un defibrillatore, istituendo anche dei corsi per la formazione e l'utilizzo. È proprio la Lega ad inviare alle squadre sprovviste il defibrillatore. E le formazioni dell'Interregionale in questa stagione sono ben 166. Situazione diversa per i Comitati Regionali, dove non v'è una disposizione comune. Differente il caso del Comitato Sportivo Italiano: le società affiliate sono oltre 13.000. Impossibile pensare che il Csi possa sobbarcarsi da solo la gestione di questa situazione. In assenza del decreto attuativo, ogni società si regola da sé. La questione è irrisolta: chi si deve sobbarcare il costo dell'acquisto dell'apparecchio? Il comune proprietario del campo sportivo dove le società giocano o le società stesse? E i corsi li devono sostenere i dirigenti delle squadre o i gestori degli impianti?

I casi virtuosi - In alcune città italiane, come Orvieto, Milano ma soprattutto Piacenza (città più cardioprotetta d'Europa) ci sono colonnine sparse nei punti cruciali della città con defibrillatori. A Piacenza ce ne sono addirittura 276. Dove non arriva la legge, soprattutto nei campetti di periferia, arrivano però le iniziative dei singoli. Giovanni Cerio, tecnico di fisiopatologia cardiaca e perfusione cardiovascolare alla Fondazione Giovanni Paolo II di Campobasso, attraverso il sito cardioarea.it e l'iniziativa "Diamoci una scossa" ha mobilitato la gente delle sue parti, attraverso convegni e seminari aperti a tutti. A Ferrazzano la popolazione, mettendo 10 € a testa, ha acquistato un defibrillatore per il paese. Così a Campobasso Nord, in uno dei centri col maggior numero di terreni di gioco del Molise: "La gente ha voglia di salute. Tramite il passaparola, e dopo la morte di un mio amico di 35 anni, al termine di una partita di calcetto, ci siamo messi in moto". Con ottimi risultati. L'altra realtà che da più anni batte come un martello sulla formazione per il primo soccorso è la Fondazione Giorgio Castelli. Nata per ricordare Giorgio, morto nel 2006 a 16 anni su un campo di calcio per un arresto cardiaco, tra le braccia del gemello, la fondazione è trainata da Vincenzo Castelli, cardiologo e padre di Giorgio. Con il suo lavoro sul campo questa Onlus ha già distribuito 320 defibrillatori e formato oltre settemila volontari. Dove non arriva lo stato, ecco che ci prova il cuore.