Il patron della Roma al Financial Times: "Abbiamo sconfitto tutti i migliori: la Juventus, abbiamo distrutto il Milan, la Fiorentina e battuto tre volte l'Inter. Ma è assurdo il modo in cui abbiamo giocato contro le squadre di medio-bassa classifica"
"E' stato un anno frustrante. Sono decisamente insoddisfatto". Lo ha dichiarato il presidente della Roma, James Pallotta al Financial Times, dopo il sesto posto dei giallorossi in campionato e la sconfitta in finale di Coppa Italia con la Lazio. "Abbiamo sconfitto tutti i migliori team: la Juventus, abbiamo distrutto il Milan, la Fiorentina e battuto tre volte l'Inter. Ma è assurdo il modo in cui abbiamo giocato contro le squadre di medio-bassa classifica. Abbiamo molti nuovi giocatori. Ci vorrà tempo".
Pallotta è comunque determinato a portare nel club una gestione e una strategia del marchio tipicamente americana. L'hedge fund manager, dalla sua base di Boston dove il suo Raptor Group controlla la maggioranza della squadra, guarda alla Capitale come punto di partenza di un futuro di successi. Fondamentale per le ambizioni finanziarie della Roma sarà ricalcare l'esempio della Juventus: la costruzione di un nuovo stadio di proprietà. Il club giallorosso ha individuato la location alle porte della Capitale e conta di depositare il progetto il prossimo mese per arrivare alla stagione 2016/17 pronti per il debutto sul nuovo campo, pensato per ospitare 50.000-60.000 tifosi, e con un design ispirato, spiega il quotidiano finanziario, al Colosseo. "Stiamo facendo della Roma un brand. Le squadre di calcio in Italia sono scambiate sulla base di ricavi e un certo ammontare di ego. Noi non lo abbiamo fatto per l'ego", ha aggiunto Pallotta, spiegando che se il Manchester United vale circa 3,9 miliardi di dollari e la Roma è valutata meno di 200 milioni di dollari, allora "ci sono tante opportunità per colmare quel divario".
Il futuro della Roma sembra passare anche attraverso un aumento di capitale, riferisce FT. Si cercano almeno 75 milioni di dollari, ha spiegato Pallotta. Morgan Stanley è l'advisor dell'operazione. "La mia ipotesi è che a un sacco di gente con le tasche profonde piacerebbe avere Roma", ha proseguito il numero uno giallorosso, fornendo dettagli sulle prossime iniziative di marketing. "Stiamo cercando di portare molta professionalità al club usando le migliori esperienze dei team sportivi americani, che su questo fronte battono tutti. Prima del nostro arrivo non c'era social media. Zero. Il precedente padrone (la famiglia Sensi, che nel 2011 ha ceduto il club a un consorzio americano guidato da Thomas DiBenedetto lasciando Unicredit - la banca esposta ai debiti dei Sensi - con una quota di minoranza che spera di ridurre e un flottante, meno del 15%. quotato sulla Borsa di Milano) non ha fatto nulla, figuriamoci Facebook o Twitter. Non c'era alcun sistema di gestione dei fan", ha continuato, lasciando intendere che la Roma punta a costruire un database dei suoi tifosi, capaci di accedere allo stadio senza un biglietto in mano (basta l'uso del telefonino) e con la possibilità di ordinare snack senza nemmeno lasciare la loro poltrona.
"Le persone ordineranno molto di più se non devono lasciare il loro posto. Speriamo. nel nuovo stadio, di usare questo tipo di tecnologie". Tecnologia significa anche più controlli di sicurezza. Si andrà a caccia dei fan razzisti attraverso il riconoscimento facciale. D'altra parte il razzismo è già costato alla squadra 50.000 euro. Il club ha poi adottato un nuovo logo - per la rabbia di alcuni tifosi - che è stato presentato a Piazza San Pietro, insieme a una maglia dei Boston Celtics, a Papa Francesco, un tifoso appassionato. La redditività sarà un lungo cammino e ci vorrà una benedizione papale.
Secondo l'annuale Football Finance review della Deloitte, la Roma è scesa di quattro posti, in 19esima posizione tra i top club europei nel 2011/12, con i ricavi totali in calo del 19% a 115,9 milioni di dollari, in gran parte a causa della sua mancata qualificazione alla Champions League. Entrate commerciali che, comunque, sono cresciute del 6% a 36,8 milioni di dollari. "Mentre le prospettive future a lungo termine della Roma sembrano migliorare con i piani annunciati per un nuovo sviluppo dello stadio, nel breve periodo, un miglioramento sul campo, che si traduce nella qualificazione alla Champions League, è fondamentale al fine di aumentare i ricavi complessivi", ha detto Deloitte. "Le squadre di calcio dovrebbero essere gestite come un business, non come un hobby", dice Pallotta.
Pallotta è comunque determinato a portare nel club una gestione e una strategia del marchio tipicamente americana. L'hedge fund manager, dalla sua base di Boston dove il suo Raptor Group controlla la maggioranza della squadra, guarda alla Capitale come punto di partenza di un futuro di successi. Fondamentale per le ambizioni finanziarie della Roma sarà ricalcare l'esempio della Juventus: la costruzione di un nuovo stadio di proprietà. Il club giallorosso ha individuato la location alle porte della Capitale e conta di depositare il progetto il prossimo mese per arrivare alla stagione 2016/17 pronti per il debutto sul nuovo campo, pensato per ospitare 50.000-60.000 tifosi, e con un design ispirato, spiega il quotidiano finanziario, al Colosseo. "Stiamo facendo della Roma un brand. Le squadre di calcio in Italia sono scambiate sulla base di ricavi e un certo ammontare di ego. Noi non lo abbiamo fatto per l'ego", ha aggiunto Pallotta, spiegando che se il Manchester United vale circa 3,9 miliardi di dollari e la Roma è valutata meno di 200 milioni di dollari, allora "ci sono tante opportunità per colmare quel divario".
Il futuro della Roma sembra passare anche attraverso un aumento di capitale, riferisce FT. Si cercano almeno 75 milioni di dollari, ha spiegato Pallotta. Morgan Stanley è l'advisor dell'operazione. "La mia ipotesi è che a un sacco di gente con le tasche profonde piacerebbe avere Roma", ha proseguito il numero uno giallorosso, fornendo dettagli sulle prossime iniziative di marketing. "Stiamo cercando di portare molta professionalità al club usando le migliori esperienze dei team sportivi americani, che su questo fronte battono tutti. Prima del nostro arrivo non c'era social media. Zero. Il precedente padrone (la famiglia Sensi, che nel 2011 ha ceduto il club a un consorzio americano guidato da Thomas DiBenedetto lasciando Unicredit - la banca esposta ai debiti dei Sensi - con una quota di minoranza che spera di ridurre e un flottante, meno del 15%. quotato sulla Borsa di Milano) non ha fatto nulla, figuriamoci Facebook o Twitter. Non c'era alcun sistema di gestione dei fan", ha continuato, lasciando intendere che la Roma punta a costruire un database dei suoi tifosi, capaci di accedere allo stadio senza un biglietto in mano (basta l'uso del telefonino) e con la possibilità di ordinare snack senza nemmeno lasciare la loro poltrona.
"Le persone ordineranno molto di più se non devono lasciare il loro posto. Speriamo. nel nuovo stadio, di usare questo tipo di tecnologie". Tecnologia significa anche più controlli di sicurezza. Si andrà a caccia dei fan razzisti attraverso il riconoscimento facciale. D'altra parte il razzismo è già costato alla squadra 50.000 euro. Il club ha poi adottato un nuovo logo - per la rabbia di alcuni tifosi - che è stato presentato a Piazza San Pietro, insieme a una maglia dei Boston Celtics, a Papa Francesco, un tifoso appassionato. La redditività sarà un lungo cammino e ci vorrà una benedizione papale.
Secondo l'annuale Football Finance review della Deloitte, la Roma è scesa di quattro posti, in 19esima posizione tra i top club europei nel 2011/12, con i ricavi totali in calo del 19% a 115,9 milioni di dollari, in gran parte a causa della sua mancata qualificazione alla Champions League. Entrate commerciali che, comunque, sono cresciute del 6% a 36,8 milioni di dollari. "Mentre le prospettive future a lungo termine della Roma sembrano migliorare con i piani annunciati per un nuovo sviluppo dello stadio, nel breve periodo, un miglioramento sul campo, che si traduce nella qualificazione alla Champions League, è fondamentale al fine di aumentare i ricavi complessivi", ha detto Deloitte. "Le squadre di calcio dovrebbero essere gestite come un business, non come un hobby", dice Pallotta.