Padalino: "Bello e spregiudicato. Vi racconto il mio Foggia"

Calcio
Pasquale Padalino, da due stagioni alla guida del Foggia

L'INTERVISTA. Con lui, in due stagioni, il rinato club rossonero è arrivato in Prima Divisione: "Sono nato qui e inizialmente ho avvertito il peso di non poter deludere i tifosi". Il futuro: "Se resto? Serve un progetto stimolante"

(In apertura il video dei festeggiamenti per la promozione nella Prima Divisione unica. E' il 5 maggio, allo stadio "Zaccheria" finisce 4-4 con il Chieti)

di Alfredo Alberico

Lo zio Ben aveva ragione. "Da grandi poteri derivano grandi responsabilità", disse una volta al nipote Peter, quel Parker giovane cronista che si trasforma nell'Uomo Ragno. Frase illuminate per chi ama i fumetti e che un suo perché dimostra di avercelo anche nella vita reale. Calcio compreso. Pensate a Pasquale Padalino, che qualche ragnatela dagli spogliatoi dello stadio "Zaccheria" pure l'avrà tolta quando nel 2012 gli chiesero di riportare in alto la rinata società pugliese. Ricevuto il "potere" di allenatore, lui, che a Foggia tra l'altro è nato, quella grande responsabilità l'ha avvertita da subito: "Sì, perché dovevo fare i conti con la mia passione per la maglia, per la città - dice - e con il peso della sua storia calcistica. Senza dimenticare la voglia dei tifosi di rivivere certi momenti. Poi, col tempo, è diventato tutto più normale".

Viste le sue origini, qualcuno le aveva sconsigliato di accettare?
"No, ma se avessi seguito l'esempio di grandi tecnici avrei aspettato. Capello, tanto per fare un nome, a inizio carriera aveva avuto e rifiutato la possibilità di allenare l'Udinese nel suo Friuli". 

Foggia, Fiorentina, Bologna, Inter. Cos'ha portato in panchina della sua esperienza da calciatore?

"Negli anni della Serie A ho affrontato e giocato con molti campioni. E' vero quando si dice che da ognuno di questi si può imparare qualcosa. Ma molto ho ricevuto anche da chi non è riuscito a lasciare il segno".

Che calcio è il suo?
"L'obiettivo è quello di un calcio divertente, risolutivo, vincente. In questo senso l'esperienza come assistente di Giampiero Ventura ha avuto il suo peso".

Il Foggia che allena ha tutte queste caratteristiche?
"E' bello e sfrontato. Sono stati due anni splendidi".

Resterà
ora che il passaggio in Prima Divisione è certo?
"Faccio sempre contratti per una stagione. E resto o vado solo dove c'è un progetto stimolante. Detto questo, è ovvio che da professionista, se ce ne sarà la possibilità, valuterò le proposte che arriveranno".

A Foggia il "progetto stimolante" c'è?
"Ci sono premesse e disponibilità a crearne. Il punto è che da tifoso non posso e non voglio deludere".

Promozione a parte, in questa stagione qual è stata la sua scommessa vincente?
"Il centrocampista Giuseppe Agostinone. Anche lui è nato a Foggia e qui aveva giocato già nel 2010-2011 con Zeman. Lo avevano criticato e quasi dimenticato. Ha fatto una grande stagione, e oggi me ne riconoscono il merito".

"Fuggi da Foggia, non per Foggia ma per i foggiani". Al Sud, isole comprese, è una delle frasi più ricorrenti nel manuale del campanilismo. Che c'è di vero?
"Qualche limite, come tutti, ce l'abbiamo. Vede, questa è una popolazione che a volte si fa del male da sola. Di pregi ne abbiamo tanti, e questo spiega come da qui siano venuti fuori personaggi come Renzo Arbore oppure il suo collega Franco Ordine. Eppure ci si accontenta. Ecco, c'è chi potrebbe e dovrebbe fare di più".