Campobasso, il nuovo socio americano Matt Rizzetta: "Saremo il club degli underdogs"

SERIE D

Alfredo Alberico

Vive a New York, nonni emigrati dal Sud Italia e una storia imprenditoriale da "sogno americano". Matt Rizzetta è l'ultimo degli investitori statunitensi entrati nel calcio italiano: "Ho scelto il Campobasso e la Serie D per partire da zero, come nella mia carriera fatta di sacrifici". L'idea del brand da esportare dal Molise agli USA e un obiettivo: "Diventare il club degli underdogs in tutto il mondo". E svela un "legame" con Rocco Commisso

I precedenti in Serie A sono noti: Pallotta prima e Friedkin poi alla Roma, Commisso alla Fiorentina, mentre in Emilia ci sono Saputo e Krause alla guida di Bologna e Parma. Senza dimenticare le vicende che hanno portato il fondo Eliott ad acquisire il 99.93% delle quote del Milan. Ora, però, il crescente interesse degli investitori americani per il calcio italiano si spinge fino alle serie minori. E così succede che l’italo-statunitense Matt Rizzetta decida di entrare con la sua holding nel Campobasso, squadra molisana di Serie D. Fatto ancora più strano se si considera che il closing è avvenuto in una fase di profonda incertezza economica a causa della pandemia

Il sogno americano e un brand da esportare

La storia di Rizzetta rispecchia quello che siamo abituati a chiamare il “sogno americano”, con i nonni emigrati dal Sud Italia e la fatica di partire da zero per farsi strada nella sconfinata New York. Che poi sarà pure un clichè la scalata al successo negli States, ma è da queste premesse e dalle origini pugliesi mai dimenticate che nasce un’idea considerata da Rizzetta diversa rispetto a quella degli altri americani già presenti nel nostro calcio: esportare un brand dal Molise agli USA per tentare un’altra scalata. "Ho fondato la mia azienda undici anni fa – racconta - allora non avevo né soldi né l’esperienza da imprenditore. Ho deciso di chiamarla North Sixth perché quella era la strada in cui emigrarono i miei nonni quando hanno lasciato l’Italia. Loro, così come i miei genitori, hanno fatto sacrifici enormi per mettermi nelle condizioni di costruire qualcosa di speciale nella mia carriera imprenditoriale. Quindi era giusto dedicargli questa azienda. Da subito ho fissato traguardi importanti ed ambiziosi, e uno di questi era di acquistare una società di calcio. Ora il sogno è diventato realtà”.

Internazionalizzare il Campobasso

Rizzetta è entrato nel club non come socio di maggioranza, ma per affiancare il presidente Mario Gesuè, titolare del fondo svizzero Halley Holding: “L’ho sentito 6-8 mesi fa, quando ho iniziato il percorso per investire in una società calcistica. Ho parlato con tanti altri club, ma con lui c’è stato feeling dal primo incontro. Abbiamo condiviso la stessa visione, specialmente l’idea di internazionalizzare il brand del Campobasso perché i molisani sono ben rappresentati nei mercati importanti come gli USA, Canada, Sud America e Australia. Consideriamo centrale il ruolo delle donne, per questo ci tengo a ringraziare la Dott.ssa Daniela Mancinelli, CEO nostra holding e che fa parte della CDA del Campobasso. Romana di origini, è diventata un modello per tante ragazze italoamericane nel mondo di business qui negli USA".

Sarà il club degli underdogs

Non ama lo sfottò “il Molise non esiste” che circola da un po’ sui social. Anzi, lo respinge con forza perché in quella piccola terra vede un potenziale enorme: “Sono fiero di essere meridionale, quindi per me è importante investire nel Sud. Troppo facile farlo al Nord. E soprattutto volevo farlo in una terra che sento vicina. Ho scelto Campobasso perché è il simbolo della regione e una piazza strategica da tanti punti di vista: il calcio ma anche quello sul piano culturale e turistico. Più di ogni altro posto, poi, rappresenta la mia storia e della mia famiglia fatta di sacrifici. E quella dei molisani è molto simile alla mia, per questo spero di raggiungere traguardi importanti con loro. Lo meritano. Ma c’è di più: a mio avviso il Campobasso non rappresenta solo il Molise, ma è un simbolo per tutti quelli che lottano quotidianamente. Ecco perché saremo il club degli underdogs (quelli che partono sfavoriti) e degli emigranti sparsi nel mondo, senza guardare al luogo di origine. Sarà la loro squadra”.

Foto S.S. Città di Campobasso

Il “legame” con Rocco Commisso

“I miei nonni materni emigrarono da un piccolo paese che si chiama Monteleone di Puglia (Foggia) - prosegue -. Mio nonno è arrivato in America quando mia mamma era piccolissima e mi ha sempre insegnato tanto attraverso la sua esperienza da emigrante. Per quanto riguarda la famiglia di mio padre, invece, le radici sono in Calabria e Sicilia. Mia moglie viene da Gioiosa Ionica (Reggio Calabria) che è lo stesso paese da cui arriva Rocco Commisso. Inoltre, il mio braccio destro nel progetto Campobasso è un palermitano, Nicola Cirrincione. Insomma, siamo un bel mix delle regioni meridionali”.

Studia il calcio, ha un obiettivo preciso

Faccia da bravo ragazzo, ottima padronanza dell’italiano, Rizzetta è molto attento a tutto quello che accade nel nostro Paese. Dimostra anche di aver studiato parecchio la storia del Campobasso, dalle origini agli anni della Serie B  (dal 1982-'83 al 1986-'87) e fino ai tanti fallimenti che hanno impedito al club rossoblù di riconquistare una posizione stabile tra i professionisti. Un’attenzione che è in linea con quella che è l’attività della sua azienda e che punta a un preciso obiettivo sportivo: “North Sixth Group si occupa di vari settori, compreso servizi di business, marketing e media, sport e entertainment, tecnologia, immobiliari e filantropia. La missione è di investire nelle aziende e iniziative con un focus su 'passion, purpose e progress'. Dal punto di vista della passione, non esiste un’iniziativa più importante di questa che abbiamo intrapreso per la nostra azienda. Quanto ai traguardi sportivi che vogliamo raggiungere, non amo fare promesse ma sono molto ambizioso e l'ingresso nel Campobasso lo dimostrerà. Dovremo aprire nuovi fronti per i ricavi e così poter reinvestire. Più ricavi ci sono e più opportunità avremo di reinvestire per regalare ai tifosi una squadra in grado di dire la sua a prescindere dalla categoria. Ho costruito la mia azienda partendo dal nulla portandola in cima al nostro settore. Farò lo stesso con il Campobasso”.

Uno stadio da 25mila posti: "Daremo un'esperienza innovativa"

Il Campobasso dal 1985 gioca al Nuovo Romagnoli, stadio inaugurato il 13 febbraio di quell’anno con la vittoria in Coppa Italia contro la Juventus (1-0). La capienza dell’impianto è di circa 25mila posti, un'enormità per la Serie D e forse anche per la gestione da parte del Comune di Campobasso. Per il momento la società non pensa di acquistare l’impianto né di creare una nuova struttura, sono però previste delle novità: "Lo stadio è molto importante e avrà un ruolo centrale nel nostro progetto. Siamo in buonissimi rapporti con l’amministrazione cittadina ed entrambe le parti sono consapevoli dell’importanza del Nuovo Romagnoli nei nostri piani. Nei prossimi anni ci saranno interventi per modernizzarlo e regalare ai tifosi un’esperienza più innovativa. La base, però, c’è già".

Foto G. Iorio

Un colpo alla Maicon? Se arriva una telefonata...

In tempo di calciomercato tutti possono sognare, anche in Serie D. E così  di recente abbiamo visto Maicon, tra gli eroi dell’Inter del Triplete, scegliere di tornare in Italia per andare al Sona. Nella rosa del Campobasso, capolista nel Girone F, c’è invece Ferdinando Sforzini, tanta Serie B in carriera ma che con Bari e Pescara ha giocato anche in A. Il 36enne di Tivoli ha però trovato poco spazio finora. E allora chissà se i tifosi campobassani devono aspettarsi un colpo a sorpresa: “E’ un settore dove non intervengo quello del mercato. Abbiamo un grande presidente che assieme a Luigi Mandragora (responsabile area tecnica, ndr) stanno facendo cose straordinarie per costruire una squadra fortissima insieme al DS Stefano D’Angelis. Poi c’è l'allenatore Mirko Cudini (da calciatore con le maglie di Torino, Genoa e Cagliari, ndr) e tutto lo staff tecnico che lavorano duramente per vincere. E mi fido di loro. Il mio telefonino però è sempre acceso: se servono più risorse economiche per rinforzare la squadra, ci sono".

maicon

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