Zidane a L'Equipe: "Spero di diventare il Ct della Francia, così chiuderei un cerchio"

l'intervista

L'ex allenatore del Real Madrid compie 50 anni e si racconta a L'Equipe: "Spero un giorno di diventare Ct della Francia, voglio chiudere un cerchio visto come si è chiusa da giocatore l'esperienza in Nazionale. Vincere la Champions è meraviglioso, ma non si tratta di fortuna. E sulla testata a Materazzi..."

15 trofei di squadra vinti in campo, altri 11 messi in bacheca nelle vesti di mister. Poi giocate, gol, sorrisi, emozioni che hanno caratterizzato la carriera di Zinedine Zidane e, soprattutto, la conquista del Pallone d'Oro 1998. "Non sono mai stato uno che ha detto «Mi merito questo o quello», ma ero sicuro settimane prima di vincerlo e non ho rimpianti di non averne vinti altri - racconta il francese in un'intervista a L'Equipe in occasione dei suoi 50 anni -. Se il 1998 è stato l'anno migliore della mia carriera da giocatore? I primi sei mesi fino alla finale, non gli ultimi sei. Dopo la Coppa del Mondo, sono stato catastrofico! I miei amici mi dicevano che alla Juve era tornato il cugino del vero Zidane, ma quando vinci un grande titolo come il Mondiale tendi a rallentare e rilassarti. Dopo gennaio ho ricominciato e mi sono ripreso definitivamente per la stagione 1999-2000, con l'apotesi della vittoria dell'Europeo. Il 1998 è stato il mio anno, ma penso che il 1999-2000 sia stata la mia stagione migliore. Non solo per me. Per tutta la nostra generazione francese".

I trionfi al Real Madrid

Da lì il passaggio al Real Madrid, di cui Zizou ricorda un aneddoto: "Eravamo insieme al presidente Florentino Perez a un grande tavolo a Monaco per una cena di gala - dice -. Non eravamo uno accanto all'altro, ero stato invitato a ricevere un premio. Lì mi porge un tovagliolo con su scritto: "Vuoi venire?" E io gli ho risposto: “Yes”. Mi chiedo ancora perché gli ho risposto in inglese ! Avrei potuto mettere “oui”, visto che parla francese, o “si” in spagnolo, ma ho messo “yes”… È andata così". Con i Blancos arriva la Champions, decisa dalla sua magnifica prodezza al volo, in finale contro il Bayer Leverkusen: "Non so se è stato il gol più bello della mia carriera, certamente uno dei più importanti. Mi serviva per vincere la mia prima Champions League. Avevo già perso tre finali europee, la quarta non potevo lasciarla scivolare via. Vincerla da giocatore e da allenatore è diverso, ma è tutto meraviglioso. Non è mai fortuna: è lavoro. Da mister ho lavorato come un matto, abbiamo lavorato tantissimo e i miei giocatori hanno creduto in me. Da giocatore dopo l'allenamento del mattino te ne vai a casa e finisce lì, da allenatore pensi sempre al campo. Io quando faccio qualcosa è per vincere, altrimenti non lo faccio. Non sempre ci riusciamo, ma faccio di tutto per questo. Quando vinco non mi stupisco perché ho dato tutto. Ho lavorato. E quando lavori hai diritto ad essere premiato. La Champions più bella? Forse quella contro la Juventus... non l'avevo mai vinta con loro da giocatore".

La copertina de L'Equipe

"Ct della Francia? Spero un giorno"

Sebbene abbia vinto tutto, Zidane ha ancora tanti obiettivi da inseguire: "Sono un tipo istintivo, non mi piacciono le cose fisse dicendo che domani farò questo o quello. Ad esempio ero un allenatore ma non volevo farlo tutto il tempo, quindi ho detto basta. E riprenderò quando mi sentirò di nuovo pronto - continua il francese -. Voglio comunque continuare ad allenare e poi far parte di un progetto in cui io stesso sono il leader, come il presidente di un club o il leader di un'azienda. Spero un giorno di diventare Ct della Francia. Il quando non dipende da me, ma voglio chiudere il cerchio con la Nazionale. Oggi c'è una squadra, con un allenatore e i suoi obiettivi. Ma se si presenta l'occasione, allora ci sarò". Zizou, da marsigliese, non avrebbe problemi neanche ad allenare il Psg: "Mai dire mai. Quando sei un allenatore non ci sono cinquanta club dove puoi andare, solo due o tre possibilità. Se vado in un club è per vincere, ecco perché non posso andare in qualunque squadra. E poi ci sono altri motivi, come la lingua. Quando mi dicono: "Vuoi andare a Manchester?"... capisco l'inglese ma non lo padroneggio completamente. So che ci sono allenatori che vanno nei club senza parlare la lingua, ma io lavoro in modo diverso".

La finale con la Francia e la testata a Materazzi...

Zidane, infine, ripercorre la sua ultima partita della carriera da giocatore: la finale del Mondiale persa contro l'Italia, dal gol iniziale all'espulsione: "Scelsi di fare il rigore a cucchiaio per sorprendere Buffon - spiega Zizou -, ma non fu una mancanza di rispetto. L'obiettivo era solo segnare. A parte quello non fu la nostra partita migliore, soprattutto a livello personale. Successero tante cose, dalla rete al colpo di testa su cui Buffon evitò il possibile 2-1. La testata a Materazzi? Quei giornali mia sorella mi chiamava spesso perché mia madre non stava bene e io ero preoccupato. Lui iniziò a insultare mia sorella e scatenò qualcosa in me. Non sono orgoglioso, ma fa parte del mio viaggio. A quel tempo ero più fragile. È calato così il sipario con la Nazionale, per questo dico che la mia esperienza con la Francia non è finita, non voglio che finisca così".