Le cose più strane successe all'Intercontinentale/Mondiale per Club
Platini e quel non-gol che celebrò con una non-esultanza diventata icona. Il Milan nel 1969 tra zigomi fratturati, caffè e Combin trattenuto dalla polizia. I sacchetti della spesa di Eto'o. Tokyo, le macchine in premio e le trombette, vuvuzelas ante litteram. E come mai l'Atletico Madrid è stato campione del mondo senza mai esserlo d'Europa
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- Era il 1969, e le partite erano durissime, toste, cattive. Ai tempi della vecchia Intercontinentale - prima edizione targata 1960 - si giocava su due gare, andata e ritorno, con eventuale bella per decidere chi sarebbe salito sul tetto del mondo. Europa contro Sudamerica, la terra del tifo infuocato. Tutto facile all'andata contro l'Estudiantes: 3-0 a San Siro.
- Storia diversa al ritorno alla Bombonera: gli interventi cattivi nei novanta minuti sono solo la punta di un iceberg tra - raccontano le cronache dell'epoca - lanci di caffè bollente dagli spalti, pallonate durante la foto di rito e un trattamento "speciale" per Nestor Combin, nato argentino ma naturalizzato francese: uscì dal campo con la maglia bianca sporcata di rosso e, poi, fu preso in consegna dalla polizia per presunto rifiuto della leva militare. Riuscirà a ripartire per Milano solo dodici ore più tardi.
- Qualche anno prima era toccato ai nerazzurri, 1965. La Grande Inter di Herrera che vinse due Coppe Campioni di fila. E due volte campione del mondo, di fila. Contro l'Independiente, quella volta, i giocatori nerazzurri furono bersaglio di una vera e autentica sassaiola. Peirò, Mazzola, Mazzola: bastò il 3-0 milanese dell'andata per vincere la coppa.
- All'apparenza un cortocircuito della storia, ma siccome la soluzione giusta è sempre la più semplice (il rasoio di Occam) accadde, banalmente, che il Bayern campione d'Europa in carica rinunciò all'Intercontinentale. Era già successo l'anno prima (l'Ajax fu la prima) e accadrà altre volte in futuro. Il posto, allora, andava all'altra finalista europea. Tutte persero, tranne una. L'Atletico di un giovane tecnico, Luis Aragones: campioni del mondo senza esserlo stati d'Europa
- L'essenza della sua classe sopraffina in quell'Intercontinentale del 1985 contro gli Argentinos Juniors. Probabilmente il suo gol più bello alla Juve, un non-gol. Inopinatamente annullato per gioco pericoloso: controllo di petto, sombrero col destro, mancino all'incrocio, senza mai far cadere il pallone. Come tagliare la tela di un quadro capolavoro. Le Roi non si scompone, al non-gol segue una non-esultanza. Pacata, d'estasi artistica, come la sua magia.
- Anno 2010, l'Intercontinentale è già nella storia e il Mondiale per Club ne prende il posto. L'Inter post triplete sfida la prima africana di sempre arrivata in finale: il Mazembe di Lubumbashi, Repubblica Democratica del Congo. Sulla finale c'è anche la firma di Eto'o che, dopo il gol, esulta brandendo due sacchetti di plastica. Nessuna citazione cinematografica (Oronzo Canà e L'allenatore nel pallone) ma un simbolo, come spiegato da Materazzi: "Ad ogni finale Samuel porta una busta di gol". Verissimo.
- Dal 1980 addio all'andata e al ritorno, si gioca una sola partita e in campo neutro. Tokyo è la sede, le trombette degli stadi - vuvuzelas ante litteram - stordiscono chi segue (a notte fonda) la partita in Italia. Lo sponsor è la Toyota che introduce un curioso premio al miglior giocatore: un'enorme chiave d'accensione come coppa e una vera automobile come souvenir. Il primo fu Waldemar Victorino, meteora del Cagliari anni Ottanta. Poi anche a Messi e tanti altri.
- Anno 1988, Nacional contro Psv. Romario pareggia per gli olandesi nel finale dei novanta minuti. Ostolaza sigla il 2-2 per gli uruguaiani a un minuto dal centoventesimo. Ai rigori il Psv ha il match point per vincere al quinto calcio, ma fallisce, così come i sudamericani all'ottavo. Tirano tutti, mancavano solo i portieri. Alla fine, la coppa andrà al Nacional dopo venti rigori.