Cannavaro: "Gli anni passano, ma io voglio giocare ancora"

Calcio
Il capitano della Nazionale, Fabio Cannavaro, non ne vuol sapere di appendere gli scarpini al chiodo
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Il capitano azzurro non ne vuol sapere di smettere: "Di nuovi Cannavaro ne vedo pochi. Per Santacroce il difficile viene adesso". Il difensore del Napoli: "La convocazione la dedico a Borgonovo". Amelia: "Qui verrei anche solo per portare le borracce"

La carta d'identità sarà pure impietosa, come dice Marcello Lippi pensando all'età dei veterani azzurri ai mondiali 2010, ma Fabio Cannavaro a 35 anni non pensa per nulla a smettere. "Gli anni passano per tutti - ha detto il capitano della Nazionale - ma io voglio giocare ancora a lungo. D'altra parte al Real quest'anno per la prima volta nella mia carriera ho la possibilità di gestirmi: su sette partite ne ho giocate cinque, ed una volta l'allenatore mi ha perfino detto 'oggi lascia perdere l'allenamento, stattene a casa con la famiglià. Questo ti allunga la carriera, non è certo l'anticamera della pensione". Anche perché, di eredi all'orizzonte, il difensore non ne vede: "La mia generazione e quella precedente hanno avuto grandi giocatori nel ruolo. Ora di nuovi Cannavaro ne vedo pochi: l'Italia deve tornare a lavorare sui giovani, come si faceva con noi".

Santacroce però gli piace ("arrivare in Nazionale è una tappa importante, però per lui il difficile viene adesso"), ma un altro Cannavaro, proprio a Napoli, ci sarebbe... Almeno di cognome. "Non ho mai sponsorizzato mio fratello e non inizierò a farlo adesso. Lui si è fatto strada con le sue qualità. E non è stato facile essere mio fratello". I due, se non in maglia azzurra Nazionale, potrebbero però ritrovarsi il prossimo anno insieme con un'altra maglia azzurra, quella del Napoli. "Prima parlo con il Real Madrid e poi vediamo - ha detto Fabio, in scadenza di contratto a giugno - Ho sempre detto che mi piacerebbe tornare a casa... Sono andato via da Napoli per i problemi economici della società, quello di oggi però è un altro Napoli. E so che De Laurentiis e Marino mi stimano. Loro puntano sui giovani- ha sorriso- e io mi sento giovane". Tra i nuovi anche Giuseppe Rossi, altro emigrato in Spagna. "Mi piace, ho giocato contro di lui e ha bei numeri. Anche gli altri hanno delle qualita', magari pagheranno tutti un po' di emozione, ma dovremo essere noi 'vecchi' a farli inserire il prima possibile". Anche perchè "per tornare dal viaggio in Bulgaria con tre punti dovremo essere squadra, dovremo essere un gruppo forte e unito".

"Io il razzismo non lo sento affatto ma se qualcuno dovesse insultarmi mi metterei a ridere anche perchè di più non si può fare". Così Fabiano Santacroce, origini brasiliane ma cresciuto in Brianza, interviene su uno dei temi più scottanti nel calcio come nella vita di tutti i giorni. "Di razzismo ho sofferto un po' da ragazzo, quando giocavo nei campionati giovanili, c'era qualche compagno stupido - sottolinea il ventiduenne difensore di colore del Napoli - però  ho sempre cercato di non dargli troppa importanza. Il carattere non mi manca. Se qualcuno vuol vedere nella mia convocazione in nazionale un segnale contro il razzismo va bene, ma io preferisco pensarla come ad un premio per quanto fatto in campo".

"Stefano Borgonovo mi ha allenato nella Primavera del Como, abbiamo trascorso dei bei momenti, è un grande amico e un grande tecnico, mi ha trasmesso allegria. Un'allegria che non ho mai perso e mai perdero"'. Questo il ricordo di Fabiano Santacroce dell'ex giocatore ed ex allenatore da qualche tempo malato di Sla che stasera sarà presente allo stadio Franchi di Firenze per una partita tra Fiorentina e Milan con campioni di oggi e di ieri i cui proventi saranno destinati alla sua Fondazione contro questa terribile malattia. Appena saputa della sua chiamata in azzurro Santacroce ha  voluto subito dedicarla a Borgonovo. "Una dedica fatta con il cuore - ribadisce il giovane difensore del Napoli - Ho tanti bei ricordi legati a lui, rammento che durante gli allenamenti gli piaceva sfidarmi palla al piede. Un grande uomo con l'animo del  ragazzo. E' toccante vedere come è adesso ma sono anche felice  all'idea di poterlo stasera salutare.

L'infortunio di Gigi Buffon lo lancia titolare contro Bulgaria e Montenegro. Riflettori allora su Marco Amelia. "Conosco il mio ruolo nel club Italia - dice con grande serenità Amelia - con uno come Buffon davanti bisogna solo stare tranquilli, allenarsi bene, magari farsi trovare pronti al momento giusto e sfruttare l'occasione. Ma nulla più, è chiaro. Anzi, a dire il vero io mi ritengo anche fortunato, perchè altri in Nazionale hanno trovato spazio in età avanzata, magari a 34 anni".

Ora però è il suo momento. E Marco Amelia ne è fiero. Tanto da replicare a chi invece ha rifiutato un ruolo da comprimario alla corte di Lippi. E il riferimento ad Abbiati non è casuale: "Io in Nazionale verrei anche solo per portare le borracce", taglia corto. Per poi ritrovare un certo equilibrio quando si parla del suo Palermo. L'impresa con la Juve sta facendo volare la fantasia dei tifosi rosanero, Marco però frena: "Lì da noi è appeso il cartello 'lavori in corso'. Siamo una buona squadra, capace di grandi colpi, però da qui a dire che siamo tra le migliori ne passa. Serve restare tranquilli e cercare di migliorare gara dopo gara. A questo comunque ci pensa Ballardini. E' un tecnico preparato, e soprattutto bravo a infondere serenità al gruppo".

Amelia tocca poi uno degli argomenti più controversi del calcio italiano degli ultimi anni. E qui torna a scaldarsi: "E' un luogo comune dire che non ci sono portieri bravi da noi. Capisco che andare a prenderli all'estero può costare meno, però così si finisce con il negare la fiducia a ragazzi italiani molto interessanti. Penso ad Acerbis, a Morello, a Zotti, e soprattutto a De Lucia. Tutti atleti validi. Così come Marchetti, che al Cagliari sta facendo bene, perchè ha avuto la fiducia da parte del gruppo, del tecnico e della società. Ecco, è questo il punto. La fiducia: ad un portiere - conclude l'estremo difensore del Palermo - non va buttata la croce addosso al primo errore, un portiere va incoraggiato anche se sbaglia, in particolar modo quando è giovane".