PAOLO PAGANI ironizza sulla nuova moda muscolare degli allenatori. Mihajlovic strepita: chi se la fa sotto, con me non gioca. Un po' come il generale Mourinho. Che scambino l'autoritarismo per autorevolezza?
di PAOLO PAGANI
"Ho spiegato a tutti cosa devono fare in campo, chi giocherà non dovrà avere paura, chi ha paura con me non gioca". Ullallà. Parole dure di un serbo coi Balcani tatuati sotto la divisa sociale, nonostante l'aroma di tortellini tutt'attorno: Sinisa Mihajlovic, il neo-allenatore macho del Bologna. "Voglio trasmettere alla squadra il mio carattere, che so non essere facile, ma alla lunga è vincente: io sono uno che non molla né si abbatte mai, ma combatte sempre". Urca.
Dopo l'io non ho paura delle manifestazioni studentesche dell'Onda, dunque, lo stato d'animo rambesco si propaga nel football, dove evidentemente il profumo di olio di canfora manda in visibilio come il famoso napalm di Apocalypse Now ("I love the smell of napalm in the morning...", "Mi piace l'odore del napalm la mattina, odore di vittoria" sospira il colonnello Kilgore). E sarà un caso, ma sia il Sinisa versione Van Damme che quell'altro conducator muscolare dell'ultimora, José Mourinho, vengono dalla stessa scuola-quadri: l'Inter. Cosa si respira ad Appiano?
Devono avere preso per modello esistenziale l'Obama. Lui sì, in verità, che non ha avuto paura. Ma proprio di niente, ma proprio mai. Né dei pregiudizi razziali né degli avversari intestini né della durata (20 eterni mesi) di una estenuante, slombante campagna elettorale dall'esito tutt'altro che scontato. Devono essersi fatti suggestionare dall'Obama, sì.
Solo che Mihajlovic, cacciato come il suo caposala Roberto Mancini dall'Inter pre-mourinhana forse perché considerato meno vincente del successore, adesso non deve metterla giù così dura. Un conto è fare il presidente americano, un altro l'allenatore del Bologna. Un po' di senso della misura. Tanto più che sta caracollando su e giù per il campionato, giusto di questi tempi, il prototipo cartoonesco del sorridente che vince: Ronaldinho. Scambiare l'autorevolezza per autorità, esercitando l'autoritarismo. Che sbaglio.
"Ho spiegato a tutti cosa devono fare in campo, chi giocherà non dovrà avere paura, chi ha paura con me non gioca". Ullallà. Parole dure di un serbo coi Balcani tatuati sotto la divisa sociale, nonostante l'aroma di tortellini tutt'attorno: Sinisa Mihajlovic, il neo-allenatore macho del Bologna. "Voglio trasmettere alla squadra il mio carattere, che so non essere facile, ma alla lunga è vincente: io sono uno che non molla né si abbatte mai, ma combatte sempre". Urca.
Dopo l'io non ho paura delle manifestazioni studentesche dell'Onda, dunque, lo stato d'animo rambesco si propaga nel football, dove evidentemente il profumo di olio di canfora manda in visibilio come il famoso napalm di Apocalypse Now ("I love the smell of napalm in the morning...", "Mi piace l'odore del napalm la mattina, odore di vittoria" sospira il colonnello Kilgore). E sarà un caso, ma sia il Sinisa versione Van Damme che quell'altro conducator muscolare dell'ultimora, José Mourinho, vengono dalla stessa scuola-quadri: l'Inter. Cosa si respira ad Appiano?
Devono avere preso per modello esistenziale l'Obama. Lui sì, in verità, che non ha avuto paura. Ma proprio di niente, ma proprio mai. Né dei pregiudizi razziali né degli avversari intestini né della durata (20 eterni mesi) di una estenuante, slombante campagna elettorale dall'esito tutt'altro che scontato. Devono essersi fatti suggestionare dall'Obama, sì.
Solo che Mihajlovic, cacciato come il suo caposala Roberto Mancini dall'Inter pre-mourinhana forse perché considerato meno vincente del successore, adesso non deve metterla giù così dura. Un conto è fare il presidente americano, un altro l'allenatore del Bologna. Un po' di senso della misura. Tanto più che sta caracollando su e giù per il campionato, giusto di questi tempi, il prototipo cartoonesco del sorridente che vince: Ronaldinho. Scambiare l'autorevolezza per autorità, esercitando l'autoritarismo. Che sbaglio.