GIOVANNI MIRENNA ci racconta la serata (di gala) romana per la presentazione di "Petitas historias das crianças”, un viaggio negli Inter Campus che si trasforma in un cammino della speranza per molti bambini di Paesi del finimondo
di GIOVANNI MIRENNA
L’Inter sbarca a Roma e lo fa, oltre che con il suo presidente Massimo Moratti, con un grande regista del cinema italiano: Gabriele Salvatores. L’occasione è la presentazione, presso l’auditorium Conciliazione, del documentario “Petitas historias das crianças”, un viaggio nel mondo di Inter Campus. Dal 1997 la società di via Durini dedica un impegno serio, efficace e silenzioso a quasi 10mila bambini che ogni anno vestono la maglia nerazzurra nel mondo. Giusto, allora, fare quattro chiacchiere con Gabriele Salvatores.
Com’è stato il suo viaggio all’interno di Inter Campus?
“E’ stato un viaggio importante, non ho figli e ogni volta che mi trovo a lavorare con e per i ragazzi scopro quanto di grande hanno da dirci. La cosa che mi ha colpito di più è il bisogno di appartenere ad un progetto. La grande idea di Inter Campus è fornire un’immagine del futuro che ti faccia venire la voglia di crescere”.
Nel suo documentario emergono delle diversità tra le culture differenti. Secondo lei un pallone, un campo di calcio e una maglietta dell’Inter possono abbattere queste divergenze?
“Sono contento da interista che sia una maglia nerazzurra, ma potrebbe essere anche di un altro colore. Indossare una maglietta di una squadra conosciuta come l’Inter fa sentire a questi ragazzi qualcosa di più. Grazie a quello, li si porta via dalla strada. Purtroppo non abbiamo potuto girare per motivi di sicurezza ma abbiamo visto palestinesi ed Israeliani giocare insieme a calcio. Quindi il pallone riesce ad unire”.
Guardando il volto di questi bambini, viene fuori la voglia di questi piccoli di poter dire: “io ce la posso fare”. Si può riassumere con il titolo di un suo film: “Io non ho paura”?
“Magari, questa è una frase importante, idea di Niccolò Ammaniti. La paura è sempre stata usata da chi ha il potere per tenerti sotto, invece bisogna riuscire a tenerla alta e dire non ho paura. Una volta una bambina mi ha regalato una giraffa, io le ho chiesto il perché, lei mi ha risposto: “così ci ricordiamo di tenere alta la testa”.
Se Ibrahimovic fosse un suo attore che parte gli darebbe?
“Fisicamente è molto prestante, lo vedo bene nella parte di un cavaliere. Mi piacerebbe fare un film sui cavalieri di quelli a cavallo con le armature. Lui sarebbe fantastico con quei capelli lunghi. Bisognerebbe capire che tipo di elmo mettere e che gambali, visto il 46. E’ una bellissima faccia e si sentono dentro di lui le culture diverse che si uniscono“.
IL DOCUMENTARIO - Con “Petitas historias das crianças” Gabriele Salvatores, insieme con Guido Lazzarini, Fabio Scamoni e l’ausilio della Red House produzioni, ha voluto trasmettere la vita all’interno degli Inter Campus. Una realtà ricca di sensazioni, sentimenti e storie di piccola quotidianità ma di grande riscatto. In un mosaico di ambienti, luoghi e persone il regista napoletano racconta le storie di vita attraverso i volti dei bambini. Si spazia senza alcuna premessa da Rio de Janeiro a Sarajevo, dal Camerun alla Romania fino all’Iran al Giappone e alla Cina. Sembra quasi che questi piccoli ragazzi vivano nello stesso quartiere e giochino nel medesimo campetto di calcio. Gli occhi dei protagonisti colpiscono senza scampo lo spettatore. Sguardi che nonostante la piccola età trasmettono una enorme maturità acquisita nel convivere tutti i giorni con povertà e disagio.
LA SERATA ROMANA - Un appuntamento di gala all’insegna di Inter Campus, una festa come l’ha più volte battezzata Moratti per far conoscere l’esperienza ricchissima di storie di vita, maturata in anni di lavoro portato avanti a volte in condizioni quasi proibitive, con molta determinazione e coraggio, recuperando al calcio e quindi al gioco, bambini di realtà diverse. Tra stuzzichini vari e fiumi di champagne era facile imbattersi nell’incontro di volti conosciuti di fede interista come Armando Cossutta, il tifosissimo Enrico Mentana, Maurizio Mannoni, Gianni Riotta, Roberto Zaccaria e Anna Brosio. L’imbucato però si trova sempre, comunque illustre: il milanista Gianni Rivera.
L’Inter sbarca a Roma e lo fa, oltre che con il suo presidente Massimo Moratti, con un grande regista del cinema italiano: Gabriele Salvatores. L’occasione è la presentazione, presso l’auditorium Conciliazione, del documentario “Petitas historias das crianças”, un viaggio nel mondo di Inter Campus. Dal 1997 la società di via Durini dedica un impegno serio, efficace e silenzioso a quasi 10mila bambini che ogni anno vestono la maglia nerazzurra nel mondo. Giusto, allora, fare quattro chiacchiere con Gabriele Salvatores.
Com’è stato il suo viaggio all’interno di Inter Campus?
“E’ stato un viaggio importante, non ho figli e ogni volta che mi trovo a lavorare con e per i ragazzi scopro quanto di grande hanno da dirci. La cosa che mi ha colpito di più è il bisogno di appartenere ad un progetto. La grande idea di Inter Campus è fornire un’immagine del futuro che ti faccia venire la voglia di crescere”.
Nel suo documentario emergono delle diversità tra le culture differenti. Secondo lei un pallone, un campo di calcio e una maglietta dell’Inter possono abbattere queste divergenze?
“Sono contento da interista che sia una maglia nerazzurra, ma potrebbe essere anche di un altro colore. Indossare una maglietta di una squadra conosciuta come l’Inter fa sentire a questi ragazzi qualcosa di più. Grazie a quello, li si porta via dalla strada. Purtroppo non abbiamo potuto girare per motivi di sicurezza ma abbiamo visto palestinesi ed Israeliani giocare insieme a calcio. Quindi il pallone riesce ad unire”.
Guardando il volto di questi bambini, viene fuori la voglia di questi piccoli di poter dire: “io ce la posso fare”. Si può riassumere con il titolo di un suo film: “Io non ho paura”?
“Magari, questa è una frase importante, idea di Niccolò Ammaniti. La paura è sempre stata usata da chi ha il potere per tenerti sotto, invece bisogna riuscire a tenerla alta e dire non ho paura. Una volta una bambina mi ha regalato una giraffa, io le ho chiesto il perché, lei mi ha risposto: “così ci ricordiamo di tenere alta la testa”.
Se Ibrahimovic fosse un suo attore che parte gli darebbe?
“Fisicamente è molto prestante, lo vedo bene nella parte di un cavaliere. Mi piacerebbe fare un film sui cavalieri di quelli a cavallo con le armature. Lui sarebbe fantastico con quei capelli lunghi. Bisognerebbe capire che tipo di elmo mettere e che gambali, visto il 46. E’ una bellissima faccia e si sentono dentro di lui le culture diverse che si uniscono“.
IL DOCUMENTARIO - Con “Petitas historias das crianças” Gabriele Salvatores, insieme con Guido Lazzarini, Fabio Scamoni e l’ausilio della Red House produzioni, ha voluto trasmettere la vita all’interno degli Inter Campus. Una realtà ricca di sensazioni, sentimenti e storie di piccola quotidianità ma di grande riscatto. In un mosaico di ambienti, luoghi e persone il regista napoletano racconta le storie di vita attraverso i volti dei bambini. Si spazia senza alcuna premessa da Rio de Janeiro a Sarajevo, dal Camerun alla Romania fino all’Iran al Giappone e alla Cina. Sembra quasi che questi piccoli ragazzi vivano nello stesso quartiere e giochino nel medesimo campetto di calcio. Gli occhi dei protagonisti colpiscono senza scampo lo spettatore. Sguardi che nonostante la piccola età trasmettono una enorme maturità acquisita nel convivere tutti i giorni con povertà e disagio.
LA SERATA ROMANA - Un appuntamento di gala all’insegna di Inter Campus, una festa come l’ha più volte battezzata Moratti per far conoscere l’esperienza ricchissima di storie di vita, maturata in anni di lavoro portato avanti a volte in condizioni quasi proibitive, con molta determinazione e coraggio, recuperando al calcio e quindi al gioco, bambini di realtà diverse. Tra stuzzichini vari e fiumi di champagne era facile imbattersi nell’incontro di volti conosciuti di fede interista come Armando Cossutta, il tifosissimo Enrico Mentana, Maurizio Mannoni, Gianni Riotta, Roberto Zaccaria e Anna Brosio. L’imbucato però si trova sempre, comunque illustre: il milanista Gianni Rivera.