Ho giocato a San Siro. Vi racconto il mio gol più bello
CalcioIl REPORTAGE. Il nostro Augusto De Bartolo, sul prato del "Meazza" con la maglia della nazionale di Sportland, ha realizzato un sogno. Alla Fondazione Borgonovo i fondi raccolti con l'iniziativa. GUARDA IL VIDEO E LA SUA STREPITOSA RETE
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di AUGUSTO DE BARTOLO
Sembrava di essere in un romanzo di Osvaldo Soriano, di rappresentare uno dei suoi personaggi, quei perdenti di successo che vivono di emozioni intense, nell'immediato, accontentandosi di ciò che hanno mentre coltivano sogni. Sarà perché, forse e in parte, la sua storia la sento un po' mia (varie sono le cose che ci accomunano), all'ingresso di San Siro questa è stata l'emozione predominante. Cuore fuori dalla cassa toracica, salivazione azzerata e adrenalina a mille. Ho percorso la tangenziale che porta da Opera (dove vivo da 4 anni) al Meazza sempre da tifoso o da inviato, per la prima volta mi sono ri-sentito calciatore dopo anni da quando avevo abbandonato il mio sogno, quello di ciascun ragazzo (almeno fino ai 22-23 anni di età, io ne ho 29), che mi ha portato a calcare campi più o meno polverosi, terreni in erba di nobili decadute, addirittura in Belgio, a giocare in B con la maglia del semi sconosciuto Excelsior Virton.
Tutto questo prima di intraprendere la mia professione, quella di raccontare il mondo dello sport, da spettatore privilegiato. Devo l'occasione di aver potuto giocare in uno degli stadi più importanti d'Europa al Radico (la mia squadra, ndr), a Sportland alla sua Nazionale che ha sposato la nobile causa della Fondazione Borgonovo. Insomma, solidarietà e sogni, un bel connubio per avverare il mio desiderio. Gli odori e i rumori di San Siro, non so, credo siano unici, mi sono perso nell'immensità di uno stadio che richiede rispetto ma che non incute timore. Ho provato a immaginare i cori degli ottantamila che nelle gare di cartello piovono dagli spalti. Mentre ho giocato quella palla sulla sinistra, sono stato Kakà e Ibrahimovic, e poi Gullit, Van Basten, Balotelli, Pato, Ronaldinho, Stankovic, Baggio, Ronaldo; infine, quando sono ritornato in me, ho visto il pallone in fondo alla rete. E' stato come chiudere un cerchio, ho realizzato il mio sogno, capitolo terminato, si volta pagina, si torna a caccia di una nuova storia da raccontare.
di AUGUSTO DE BARTOLO
Sembrava di essere in un romanzo di Osvaldo Soriano, di rappresentare uno dei suoi personaggi, quei perdenti di successo che vivono di emozioni intense, nell'immediato, accontentandosi di ciò che hanno mentre coltivano sogni. Sarà perché, forse e in parte, la sua storia la sento un po' mia (varie sono le cose che ci accomunano), all'ingresso di San Siro questa è stata l'emozione predominante. Cuore fuori dalla cassa toracica, salivazione azzerata e adrenalina a mille. Ho percorso la tangenziale che porta da Opera (dove vivo da 4 anni) al Meazza sempre da tifoso o da inviato, per la prima volta mi sono ri-sentito calciatore dopo anni da quando avevo abbandonato il mio sogno, quello di ciascun ragazzo (almeno fino ai 22-23 anni di età, io ne ho 29), che mi ha portato a calcare campi più o meno polverosi, terreni in erba di nobili decadute, addirittura in Belgio, a giocare in B con la maglia del semi sconosciuto Excelsior Virton.
Tutto questo prima di intraprendere la mia professione, quella di raccontare il mondo dello sport, da spettatore privilegiato. Devo l'occasione di aver potuto giocare in uno degli stadi più importanti d'Europa al Radico (la mia squadra, ndr), a Sportland alla sua Nazionale che ha sposato la nobile causa della Fondazione Borgonovo. Insomma, solidarietà e sogni, un bel connubio per avverare il mio desiderio. Gli odori e i rumori di San Siro, non so, credo siano unici, mi sono perso nell'immensità di uno stadio che richiede rispetto ma che non incute timore. Ho provato a immaginare i cori degli ottantamila che nelle gare di cartello piovono dagli spalti. Mentre ho giocato quella palla sulla sinistra, sono stato Kakà e Ibrahimovic, e poi Gullit, Van Basten, Balotelli, Pato, Ronaldinho, Stankovic, Baggio, Ronaldo; infine, quando sono ritornato in me, ho visto il pallone in fondo alla rete. E' stato come chiudere un cerchio, ho realizzato il mio sogno, capitolo terminato, si volta pagina, si torna a caccia di una nuova storia da raccontare.