Testate in campo, si rischia la condanna
CalcioReagire ad un fallo subito durante una partita di calcio può costare caro. Una sentenza della Cassazione ha annullato con rinvio la decisione del giudice di pace di Montefiascone che aveva assolto un 41enne "perché il fatto non costituisce reato"
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Rischia una condanna chi reagisce con una testata ad un fallo subito durante una partita di calcio. Lo si evince da una sentenza con cui la Cassazione ha annullato con rinvio la decisione del giudice di pace di Montefiascone che aveva assolto "perche' il fatto non costituisce reato" un 41enne accusato di lesioni volontarie, perché aveva colpito al volto con una testata l'avversario che, mentre giocavano a pallone, aveva commesso un fallo su di lui.
Il giudice di pace aveva ritenuto applicabile la "causa di giustificazione non codificata dall'esercizio di attività sportiva", rilevando che, al momento del fatto, il gioco non era stato interrotto per cui l'episodio "rientrava nel contesto dell'attivitò sportiva di per se' lecita e assistita da causa di giustificazione".
Di diverso parere la Suprema Corte (quinta sezione penale, sentenza n.28439), secondo la quale l'"operativita'" della causa di giustificazione "non puo' essere automaticamente affermata per il solo fatto che la condotta lesiva sia stata posta in essere a gioco non interrotto" poiché "anche in assenza di tale condizione, è ben possibile che un giocatore attenti all'incolumità fisica di un altro con modalità tali da escludere che egli abbia soltanto inteso contrastarne l'azione e da dimostrare piuttosto l'esistenza di una finalità puramente e semplicemente lesiva, pur se occasionata dal contesto agonistico".
Ipotesi, quest'ultima, osserva la Cassazione, "sulla quale si basava l'accusa e che, da parte del giudice, non risulta minimamente esplorata, come invece sarebbe stato doveroso". Il giudice di pace dovrà dunque riesaminare il caso.
Rischia una condanna chi reagisce con una testata ad un fallo subito durante una partita di calcio. Lo si evince da una sentenza con cui la Cassazione ha annullato con rinvio la decisione del giudice di pace di Montefiascone che aveva assolto "perche' il fatto non costituisce reato" un 41enne accusato di lesioni volontarie, perché aveva colpito al volto con una testata l'avversario che, mentre giocavano a pallone, aveva commesso un fallo su di lui.
Il giudice di pace aveva ritenuto applicabile la "causa di giustificazione non codificata dall'esercizio di attività sportiva", rilevando che, al momento del fatto, il gioco non era stato interrotto per cui l'episodio "rientrava nel contesto dell'attivitò sportiva di per se' lecita e assistita da causa di giustificazione".
Di diverso parere la Suprema Corte (quinta sezione penale, sentenza n.28439), secondo la quale l'"operativita'" della causa di giustificazione "non puo' essere automaticamente affermata per il solo fatto che la condotta lesiva sia stata posta in essere a gioco non interrotto" poiché "anche in assenza di tale condizione, è ben possibile che un giocatore attenti all'incolumità fisica di un altro con modalità tali da escludere che egli abbia soltanto inteso contrastarne l'azione e da dimostrare piuttosto l'esistenza di una finalità puramente e semplicemente lesiva, pur se occasionata dal contesto agonistico".
Ipotesi, quest'ultima, osserva la Cassazione, "sulla quale si basava l'accusa e che, da parte del giudice, non risulta minimamente esplorata, come invece sarebbe stato doveroso". Il giudice di pace dovrà dunque riesaminare il caso.