Milan, il caso Ronaldinho: non illumina più. Ciao Champions?
Calcio
Il brasiliano, martedi contro il Marsiglia, potrebbe davvero ritrovarsi in panchina. Per la prima volta in questa stagione. La prova offerta nel match di Livorno somiglia infatti a una condanna prematura. GUARDA GLI HIGHLIGHTS DEL MILAN E LE FOTO
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E' certo che un Ronaldinho così, al Milan non serve. Per questo martedi potrebbe davvero ritrovarsi in panchina. Per la prima volta in questa stagione. I fuochi di artificio, Dinho, sembra averli già sparati tutti alla prima giornata. Poi il cielo si è oscurato. E non sarà facile per Dinho tornare ad illuminare. Dopo i cinquantacinque minuti di niente di ieri, lo avrà capito pure Berlusconi. Il suo genio funziona quando tutto gira bene, ma il suo carattere non gli permette di reagire alle bocciature. Non lo ha fatto l'anno scorso.
Dopo tre mesi da urlo, con sei gol segnati, compreso quello indimenticabile nel derby, è arrivato il calo. Ancelotti ha continuato a dargli fiducia fino a Natale. Poi, dopo aver visto a Roma l'ennesima versione impresentabile del brasiliano, la scelta: quella di non aspettarlo più. Nella partita successiva, contro la Fiorentina, rimase fuori. Era la diciannovesima giornata. Da li alla fine, solo due partite da titolare, e un gol contro il Lecce.
Ancor peggio gli era andata l'anno prima. A Barcellona, i primi problemi con Rijkaard erano nati già d'estate. L'allenatore olandese non lo riteneva in forma e lo teneva fuori. Lui rispondeva con molte polemiche e molto poco impegno in allenamento per tornare titolare. Tra infortuni diplomatici e reali, in tutto entrò in campo dall'inizio solo 13 volte nella Liga. Gli bastarono per segnare comunque otto gol. Non per meritarsi una conferma. "Dovevo cederlo prima", fu il saluto di Laporta, qualche tempo dopo il suo passaggio al Milan. Dove pensava di ritrovare il suo calcio felice dei bei tempi.Dove invece, si ritrova di nuovo in discussione. Dovrà trovare, stavolta, un modo per reagire davvero.
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E' certo che un Ronaldinho così, al Milan non serve. Per questo martedi potrebbe davvero ritrovarsi in panchina. Per la prima volta in questa stagione. I fuochi di artificio, Dinho, sembra averli già sparati tutti alla prima giornata. Poi il cielo si è oscurato. E non sarà facile per Dinho tornare ad illuminare. Dopo i cinquantacinque minuti di niente di ieri, lo avrà capito pure Berlusconi. Il suo genio funziona quando tutto gira bene, ma il suo carattere non gli permette di reagire alle bocciature. Non lo ha fatto l'anno scorso.
Dopo tre mesi da urlo, con sei gol segnati, compreso quello indimenticabile nel derby, è arrivato il calo. Ancelotti ha continuato a dargli fiducia fino a Natale. Poi, dopo aver visto a Roma l'ennesima versione impresentabile del brasiliano, la scelta: quella di non aspettarlo più. Nella partita successiva, contro la Fiorentina, rimase fuori. Era la diciannovesima giornata. Da li alla fine, solo due partite da titolare, e un gol contro il Lecce.
Ancor peggio gli era andata l'anno prima. A Barcellona, i primi problemi con Rijkaard erano nati già d'estate. L'allenatore olandese non lo riteneva in forma e lo teneva fuori. Lui rispondeva con molte polemiche e molto poco impegno in allenamento per tornare titolare. Tra infortuni diplomatici e reali, in tutto entrò in campo dall'inizio solo 13 volte nella Liga. Gli bastarono per segnare comunque otto gol. Non per meritarsi una conferma. "Dovevo cederlo prima", fu il saluto di Laporta, qualche tempo dopo il suo passaggio al Milan. Dove pensava di ritrovare il suo calcio felice dei bei tempi.Dove invece, si ritrova di nuovo in discussione. Dovrà trovare, stavolta, un modo per reagire davvero.
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