Un secolo di Hombre Vertical, 100 anni fa nasceva Herrera

Calcio
Amici-rivali. Helenio Herrera e Nereo Rocca hanno dominato la scena calcistica italiana degli anni 60. (foto lp)
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Il 10 aprile 1910 a Buenos Aires vedeva la luce il Mago, l'allenatore che con la grande Inter di Angelo Moratti avrebbe vinto negli anni Sessanta tutto quello che c'era da vincere. Trionfo anche nella Liga. GUARDA IL VIDEO E LA GALLERY COMMEMORATIVA

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Il Mago, "H. H", più semplicemente Helenio Herrera. Cent'anni fa (era nato il 10 aprile 1910 a Buenos Aires) vedeva la luce l'allenatore che con la grande Inter di Angelo Moratti avrebbe vinto negli anni Sessanta tutto quello che c'era da vincere. Sarebbe diventato un maestro d'innovazione: in campo, basando la sua strategia su una difesa fortissima e su un attacco che doveva essere velocissimo. Insomma, sulla verticalità del gioco. Grazie a “Habla habla”, negli spogliatoi entrò la psicologia come strumento per motivare la sua squadra e confondere gli avversari. Capì, per primo, quanto fosse importante il pubblico che, fino a quel momento sedeva silenzioso sugli spalti: doveva diventare il dodicesimo uomo con il compito di spingere, con cori e bandiere, gli undici beniamini in campo.

Che palmares il suo! Negli anni Cinquanta vinse in Spagna quattro volte il campionato di calcio, due con l'Atletico Madrid e due con il Barcellona. Nel 1960, dopo un incontro segreto con il presidente dell'Inter Angelo Moratti a un casello dell'Autostrada del Sole, passò alla corte del petroliere per 45 milioni di lire a stagione. In otto anni vinse tre scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali con una formazione base destinata a restare nella memoria collettiva degli appassionati: Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Peirò, Suarez, Corso.

Poi, era il 1968, Helenio Herrera lasciò Milano per la Roma di Evangelisti-Marchini e 259 milioni di lire. Nella capitale restò cinque anni: sesto posto in campionato e una Coppa Italia i suoi risultati migliori. Poi, un ritorno poco felice nella Milano nerazzurra, seri disturbi di salute, fino alla morte il 9 novembre 1997. Riposa, su sollecitazione della Regina Elisabetta d'Inghilterra, in una nicchia nel cimitero anglicano evangelico di San Michele in Isola di Venezia. Racconta l'ultima moglie Fiora Gandolfi: "Mi ha insegnato a non aver paura di niente, a non temere il dolore. Dell'Italia vedeva prima di tutto la bellezza e la disorganizzazione". E ricorda: "Guidava come un delinquente. A un certo punto gli vennero le cataratte, e fu operato. Allora guidando mi chiedeva cosa fosse quella macchia grigia là in fondo. E io, un camion rosso targato...".

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