"Che ce frega der vulcano". In Islanda è festa per la Roma
CalcioLa gioia per la vittoria nel derby arriva anche a Reykjavik, in un pub a 3500 km dall'Olimpico e a un passo dall'eruzione che sta bloccando tutt'Europa. GUARDA L'ALBUM DEL DERBY E GLI HIGHLIGHTS SU SKY.it
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"Che ce frega der vulcano, noi c'avemo totti gol, totti gol...". La fede è fede, ovunque. Anche a Reykjavik, in un pub a 3500 km dall'Olimpico e a un passo dall'eruzione che sta bloccando tutt'Europa. Stavolta a far tremare la terra non è stato il vulcano ma i boati di gioia di un gruppetto di romanisti doc, davanti alla tv con scarpetta d'ordinanza, trapiantati nel profondo nord. Tra loro alcuni studenti di Erasmus e distinti professionisti trascinati qui dall'amore per le loro mogli islandesi.
Si riuniscono settimanalmente, come capita a tutti i giallorossi sparsi per il mondo. Ma anche loro sanno che questo era il derby dei derby. Si parte male ma nessuno perde la fiducia. Poi, ci si diverte. Primo boato al rigore mancato della Lazio, poi altri due per i centri di Vucinic. Urla che hanno impressionato i clienti del locale, pur sempre tifosi, ma a cui non era capitato di vedere tanta passione e tanta sofferenza. Il derby è il derby, anche qui, e questo pomeriggio, un angoletto della capitale più settentrionale del mondo, attorno al circolo polare artico è diventato Testaccio. E quando l'arbitro ha fischiato la fine è scattata la 'torcida' giallorossa. E la terra dei vichinghi, per una manciata di minutiè diventata una provincia dell'Impero romano e romanista.
Brindisi e cori subito strozzati in gola. Perché in Islanda come a Roma regna la scaramanzia e domina lo stesso mantra dell'imperatore Claudio: 'non abbiamo ancora fatto niente'. Il telecronista inglese di Espn, il canale via cavo che la trasmetteva in alta definizione, non è Carlo Zampa - speaker giallorosso dell'Olimpico - e dice "Dai Roussi", invece di Capitan Futuro. Ma poco importa al gruppetto di lupacchiotti del profondo nord, che come husky impazziti hanno festeggiato per strada il controsorpasso sull'Inter.
I colori del derby capitolino ricordano molto quelli del selvaggio paesaggio islandese, una terra sempre in bilico tra il rosso del fuoco e il bianco-celeste delle nevi eterne. E anche il trionfo dei ragazzi di Ranieri sembra essere una metafora dell'alluvione che ha colpito una parte disabitata dell'Isola. La natura ha le sue regole e i suoi elementi possono convivere per millenni. Ma quando scoppia la lava rossa, i ghiacciai soccombono, si sciolgono, scompaiono, si fanno a pezzi e franano a valle liquefatti.
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Si riuniscono settimanalmente, come capita a tutti i giallorossi sparsi per il mondo. Ma anche loro sanno che questo era il derby dei derby. Si parte male ma nessuno perde la fiducia. Poi, ci si diverte. Primo boato al rigore mancato della Lazio, poi altri due per i centri di Vucinic. Urla che hanno impressionato i clienti del locale, pur sempre tifosi, ma a cui non era capitato di vedere tanta passione e tanta sofferenza. Il derby è il derby, anche qui, e questo pomeriggio, un angoletto della capitale più settentrionale del mondo, attorno al circolo polare artico è diventato Testaccio. E quando l'arbitro ha fischiato la fine è scattata la 'torcida' giallorossa. E la terra dei vichinghi, per una manciata di minutiè diventata una provincia dell'Impero romano e romanista.
Brindisi e cori subito strozzati in gola. Perché in Islanda come a Roma regna la scaramanzia e domina lo stesso mantra dell'imperatore Claudio: 'non abbiamo ancora fatto niente'. Il telecronista inglese di Espn, il canale via cavo che la trasmetteva in alta definizione, non è Carlo Zampa - speaker giallorosso dell'Olimpico - e dice "Dai Roussi", invece di Capitan Futuro. Ma poco importa al gruppetto di lupacchiotti del profondo nord, che come husky impazziti hanno festeggiato per strada il controsorpasso sull'Inter.
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