Tutti i Balotelli del passato, quelli chiacchiere&distintivo
CalcioLascia Appiano contestato dai tifosi. Ortega, Robinho, Morfeo, Flachi e tanti altri erano simili a lui: si sentivano numero 1. Balotelli forse, allora, farebbe meglio a guardare chi è davvero il numero uno. Ma in campo. I GOL DELL'INTER E LE FOTO
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Mario Balotelli si è allenato regolarmente e poi, un quarto d'ora dopo, ha lasciato Appiano Gentile. Lo stava facendo dall'ingresso principale ma, vedendo tifosi e telecamere attorno all'auto di Quaresma, ha fatto retromarcia con la sua fuoriserie nera ed è sfrecciato via da un'uscita secondaria del centro sportivo, dove comunque un paio di tifosi lo hanno contestato.
di Alessandro Sugoni
Ortega e Robinho, D'Alessandro e Denilson. Ma anche Flachi, Morfeo, Freddy Adu e l'elenco potrebbe continuare. Eccoli i Balotelli del recente passato, quelli che hanno sognato e magari dichiarato che sarebbero diventati un giorno il numero uno. Che si sono sentiti per un istante numero uno. Ma voler essere il migliore, non vuol dire diventarlo.
Questione di talento che da solo non basta. Soprattutto se la testa non gira come i piedi. Quello del burrito Ortega girava decisamente al contrario. Lanciato prima e schiacciato poi dall'etichetta di nuovo Maradona. Arrivo anche in Italia, alla Sampdoria. prima di un declino senza fine: oggi lotta tra la dipendenza dall'alcol e la voglia di restare calciatore. Più o meno la stessa parabola di Andres D'Alessandro, soprannominato El Cabezon, e non certo per caso. "E' il giocatore che più mi somiglia" disse di lui Maradona. Al Wolfsburg ancora aspettano che lo dimostri.
Destino comune, quello degli argentini: restare vittime del peso di un paragone con un passato irraggiungibile. Un discorso che vale anche per i brasiliani. Pelè e Zico sono i modelli più gettonati. Al primo era accostato Robinho: re pure lui, ma del dribbling. Ha vinto subito con il Santos, è arrivato fino al Bernabeu, ma da lì è precipitato in un baratro da cui ora sta cercando una complicata risalita.
Per Denilson non c'è mai stata: la sua classe purissima sembrava dover a cambiare il calcio. Ma il calcio si è inghiottito lui: il Betis Siviglia lo acquistò per 60 miliardi di lire. Un rischio calcolato male: la società arrivò sull'orlo del fallimento e Denilson cominciò un inglorioso tour di campionati minori: Usa, Arabia e persino Cina. Fenomeni per convinzione popolare o personale all'inizio, quasi meteore alla fine.
Nella lista c'è anche qualche italiano. Domenico Morfeo, tecnica meravigliosa, in una partita di Champions decisiva per l'Inter, litigò con Emre per un rigore: lo calciò lui e lo sbagliò. Episodio simbolo di una carriera vissuta molto al di sotto delle possibilità. Come quella di Flachi - rovinato dalla cocaina. Gente che si sentiva numero 1. Come Balotelli. Che forse allora farebbe meglio a guardare chi è davvero il numero uno. Non a parole. Ma in campo.
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Ortega e Robinho, D'Alessandro e Denilson. Ma anche Flachi, Morfeo, Freddy Adu e l'elenco potrebbe continuare. Eccoli i Balotelli del recente passato, quelli che hanno sognato e magari dichiarato che sarebbero diventati un giorno il numero uno. Che si sono sentiti per un istante numero uno. Ma voler essere il migliore, non vuol dire diventarlo.
Questione di talento che da solo non basta. Soprattutto se la testa non gira come i piedi. Quello del burrito Ortega girava decisamente al contrario. Lanciato prima e schiacciato poi dall'etichetta di nuovo Maradona. Arrivo anche in Italia, alla Sampdoria. prima di un declino senza fine: oggi lotta tra la dipendenza dall'alcol e la voglia di restare calciatore. Più o meno la stessa parabola di Andres D'Alessandro, soprannominato El Cabezon, e non certo per caso. "E' il giocatore che più mi somiglia" disse di lui Maradona. Al Wolfsburg ancora aspettano che lo dimostri.
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