Lo scopritore di Prandelli: "Sarà la Nazionale di tutti"

Calcio
E' amato da giocatori e tifosi, Cesare Prandelli: questo è lo striscione a lui dedicato dai tifosi del Parma nel giorno del suo addio alla panchina emiliana nel 2004 (foto Silvio Marvisi)
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Mino Favini, storico responsabile del Settore giovanile dell'Atalanta, nel 1991 affidò per la prima volta una panchina al neo ct: "I suoi segreti? Umanità e capacità di plasmare un gruppo. E Cassano può tornare a sperare"

di Lorenzo Longhi

Estate 1991, Cesare Prandelli è un ex giocatore. Da poco più di un anno ha appeso le scarpe al chiodo, e lo ha fatto vestendo la maglia dell'Atalanta. Proprio lì, a Bergamo, per Prandelli è il momento di inventarsi una nuova vita, e c'è un uomo con una proposta ad personam. Quell'uomo è Mino Favini, responsabile del Settore giovanile nerazzurro: "Ero arrivato all'Atalanta da poco - racconta adesso Favini, classe 1935 - e Cesare aveva appena smesso. Gli chiesi se se la sentisse di allenare gli Allievi Nazionali. Lui accettò". Fu la prima panchina di quello che, dopo i Mondiali sudafricani, sarà il ct della Nazionale.

Favini, come andò?
"Direi piuttosto bene: prese in mano la squadra, c'erano Morfeo, Locatelli, Tacchinardi e Chicco Pisani, insegnò calcio e l'anno dopo portò i ragazzi, che erano passati in Primavera, a vincere scudetto e Torneo di Viareggio".

Adesso l'uomo su cui lei scommise è ct azzurro in pectore. Lo ha già sentito?
"Non ancora, anche perché Cesare è in vacanza e credo che il suo telefonino stia friggendo. Ma ci sentiremo e ci vedremo presto, forse già settimana prossima".

Si sarebbe aspettato Prandelli ct già adesso?
"Onestamente no. Cesare è un uomo di campo, un maestro di calcio e per questo pensavo che avrebbe allenato una squadra di club, magari una delle grandi, dopo la Fiorentina. Forse è stato convinto, diciamo così, ma farà bene, anche se compiti e aspetti psicologici saranno molto differenti".

Ritiene sia prematuro?
"No. Anzi: Cesare è persona stimata e amata da tutto l'ambiente. Sono convinto che saprà creare attorno a sé e attorno alla Nazionale quel consenso generale che oggi non mi sembra ci sia".

Atalanta (come traghettatore dopo l'esonero di Guidolin nel '94), Lecce, Verona, Venezia, Parma, Roma e Fiorentina. Stupisce che non abbia mai allenato una big, nonostante l'apprezzamento generale.
"In realtà nessuno sa cosa avrebbe potuto ottenere in giallorosso. Ma a quel punto le priorità erano altre: c'era sua moglie Manuela davanti a tutto, e fu giusto così".

Com'è Prandelli nel chiuso dello spogliatoio?
"Per lui parlano le frasi di gran parte dei giocatori che ha allenato e che lo hanno seguito in diverse squadre, pensi ad esempio a Gilardino. Al di là delle qualità tecnico-tattiche e calcistiche, il suo segreto è la capacità di approcciarsi con i ragazzi attraverso un rapporto di profonda umanità. E' un uomo schietto e diretto, ma anche quando punge riesce a farsi apprezzare. E' il rapporto di fiducia con i ragazzi, la sua arma in più".

Un retaggio del suo passato da giocatore?
"A quanto so, Cesare era un uomo-spogliatoio sia a Bergamo che alla Juventus, perché era uno capace di unire il gruppo. Da allenatore è una delle sue principali doti, nasce spontaneamente".

Differenze caratteriali con Lippi?
"L'apparenza di Cesare è quella di una persona educatissima e dolce, nel modo di porsi, ed è così. Ma attenzione: la tempra non gli manca, saprà reggere le tensioni che non mancheranno".

Allora cominciamo: secondo lei potrà essere il momento di Cassano?
"Tatticamente Cesare ha sempre amato i trequartisti e gli uomini di fantasia, da Morfeo in avanti, anche a Parma e Firenze. Ed è un uomo giusto: chi meriterà avrà la sua possibilità".

Condizionamenti?
"No, anche perché Cesare sa aspettare. Penso a Montolivo, che a Firenze agli inizi non era molto considerato dalla critica, e adesso è un giocatore imprescindibile".

Insomma, lei approva la scelta della Figc.
"Sì, sono felicissimo per Cesare. Vedrete: i giocatori lo seguiranno, e sarà una Nazionale amata da tutti".