Fallimento Juve, Ferrara: "Non era tutta colpa mia"
CalcioL'ex tecnico bianconero rompe il silenzio a 4 mesi dall'esonero: "Dover dirigere alcuni amici è stato un problema. Del Piero vuole giocare sempre. Melo deve imparare a farsi voler bene dai compagni. Diego è un talento, Grosso l'ho voluto io"
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"Non era tutta colpa mia". A quattro mesi dall'esonero, Ciro Ferrara rompe il silenzio e parla della sua avventura come allenatore della Juventus. Un'avventura che si è interrotta bruscamente. Da Ferrara nessun rancore nei confronti della società, "in settimana ho rescisso il contratto perché voglio tornare a lavorare come allenatore - rivela in un'intervista alla Gazzetta dello Sport - Detto questo, nei giorni seguenti all'esonero ho letto dichiarazioni che mi hanno ferito. I calciatori sono fatti così, però frasi come 'adesso sì che ci alleniamo bene' o 'Zac ci fa finalmente lavorare sulla tattica', come se io non avessi passato ore sul campo a spiegare moduli e schemi... Diciamo che se il mio successore era così preparato, i giocatori che comunque con lui hanno raccolto una media punti peggiore sono proprio asini".
Ferrara riconosce le sue colpe, "l'ottimo inizio e la conseguente pioggia di elogi in qualche modo mi hanno fatto calare la tensione, ho un po' mollato, inconsciamente devo aver pensato che il difficile fosse alle spalle". Ma non solo. "Alla fine dover dirigere alcuni amici è stato un problema - riconosce - ho sempre scelto con la testa e non col cuore, non sempre sono stato capito. Del Piero? Vuole giocare sempre, e a volte questo diventa un problema. Può esserlo anche il prossimo anno". Ferrara parla anche di Felipe Melo, che ha delle qualità da Juve "ma deve imparare a farsi volere bene dai compagni. E' tutt'altro che un cattivo ragazzo, però la supponenza con la quale si allenava ha indispettito molti, e se qualcuno risulta antipatico agli altri in campo si nota".
Alla Juve consiglia però di tenere Diego. "E' bravo e si allena con coscienza - sottolinea Ferrara - Ha bisogno di due punte che vadano in profondità, perché il suo punto di forza è il lancio. Purtroppo la tendenza di quelle che avevo era venirgli incontro a dialogare. Questo è il motivo per cui non è esploso".
L'ex tecnico bianconero rivendica alcune scelte di mercato ("Grosso l'ho voluto io, dico questo perché mi offendeva leggere che la squadra me l'avesse costruita Lippi") ma ammette che alla Juve "l'autorità dell'uomo di campo è mancata nei momenti di crisi, quando i dirigenti parlavano alla squadra, anche in tono aspro, e ai giocatori si leggeva in viso 'chi diavolo sei per dirmi cosa devo fare?'". Ma Ferrara è ora pronto a ripartire, "se il progetto è serio vanno bene A, B ed estero. Non sono più inesperto, quei sei mesi alla Juve valgono anni di lavoro altrove. Aspetto un nuovo lavoro perché voglio mostrare il mio calcio, simile a quello di Mourinho, per dare un riferimento. Quando riesci a far coprire in quel modo i tuoi attaccanti, non esiste obiettivo impossibile".
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"Non era tutta colpa mia". A quattro mesi dall'esonero, Ciro Ferrara rompe il silenzio e parla della sua avventura come allenatore della Juventus. Un'avventura che si è interrotta bruscamente. Da Ferrara nessun rancore nei confronti della società, "in settimana ho rescisso il contratto perché voglio tornare a lavorare come allenatore - rivela in un'intervista alla Gazzetta dello Sport - Detto questo, nei giorni seguenti all'esonero ho letto dichiarazioni che mi hanno ferito. I calciatori sono fatti così, però frasi come 'adesso sì che ci alleniamo bene' o 'Zac ci fa finalmente lavorare sulla tattica', come se io non avessi passato ore sul campo a spiegare moduli e schemi... Diciamo che se il mio successore era così preparato, i giocatori che comunque con lui hanno raccolto una media punti peggiore sono proprio asini".
Ferrara riconosce le sue colpe, "l'ottimo inizio e la conseguente pioggia di elogi in qualche modo mi hanno fatto calare la tensione, ho un po' mollato, inconsciamente devo aver pensato che il difficile fosse alle spalle". Ma non solo. "Alla fine dover dirigere alcuni amici è stato un problema - riconosce - ho sempre scelto con la testa e non col cuore, non sempre sono stato capito. Del Piero? Vuole giocare sempre, e a volte questo diventa un problema. Può esserlo anche il prossimo anno". Ferrara parla anche di Felipe Melo, che ha delle qualità da Juve "ma deve imparare a farsi volere bene dai compagni. E' tutt'altro che un cattivo ragazzo, però la supponenza con la quale si allenava ha indispettito molti, e se qualcuno risulta antipatico agli altri in campo si nota".
Alla Juve consiglia però di tenere Diego. "E' bravo e si allena con coscienza - sottolinea Ferrara - Ha bisogno di due punte che vadano in profondità, perché il suo punto di forza è il lancio. Purtroppo la tendenza di quelle che avevo era venirgli incontro a dialogare. Questo è il motivo per cui non è esploso".
L'ex tecnico bianconero rivendica alcune scelte di mercato ("Grosso l'ho voluto io, dico questo perché mi offendeva leggere che la squadra me l'avesse costruita Lippi") ma ammette che alla Juve "l'autorità dell'uomo di campo è mancata nei momenti di crisi, quando i dirigenti parlavano alla squadra, anche in tono aspro, e ai giocatori si leggeva in viso 'chi diavolo sei per dirmi cosa devo fare?'". Ma Ferrara è ora pronto a ripartire, "se il progetto è serio vanno bene A, B ed estero. Non sono più inesperto, quei sei mesi alla Juve valgono anni di lavoro altrove. Aspetto un nuovo lavoro perché voglio mostrare il mio calcio, simile a quello di Mourinho, per dare un riferimento. Quando riesci a far coprire in quel modo i tuoi attaccanti, non esiste obiettivo impossibile".
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