Occhio Zdenek, quanti ritorni falliti in panchina
CalcioIl primo amore non si scorda mai. Il guaio è quando succede nel calcio: da Sacchi a Lippi, sono tante le "minestre riscaldate" che hanno fallito alla seconda occasione sulla stessa panchina. A Foggia ci riprova Zeman, 16 anni dopo...
di VANNI SPINELLA
Il primo amore non si scorda mai. Il guaio è quando succede nel calcio. Ci si lascia ma non ci si dimentica mai del tutto e così, prima o poi, ci si ricasca.
Il mondo del pallone regala di continuo storie di grandi ritorni che si rivelano presto grandi fallimenti. Risultato: l’etichetta di "minestre riscaldate" non gliela toglie più nessuno.
A Zdenek Zeman staranno fischiando le orecchie. Il suo ritorno a Foggia 16 anni dopo la creazione del "miracolo rossonero" è solo l’ultimo della serie. Basti pensare che ci sono già cascate tutte le big.
Tra il 1987 e il 1991 ci aveva pensato Arrigo Sacchi a far innamorare gli amanti del bel giuoco con il suo Milan all'avanguardia. Poi la Patria chiama, Sacchi non può dire di no, ed eccolo sulla panchina della Nazionale. Ma l’amore per i colori rossoneri è impossibile da cancellare. Il grande ritorno viene covato per 5 anni: nel 1996 il tecnico del Milan è Oscar Washington Tabarez, allenatore gentiluomo con un unico difetto: una rosa di giocatori ormai alla frutta, spremuti dallo stesso Sacchi prima e da Capello dopo.
L'esonero scatta a dicembre, dopo che una rovesciata di Pasquale Luiso ribalta il Milan, sconfitto a Piacenza per 3-2. Silvio Berlusconi cede alla tentazione e richiama l'unico allenatore da cui pensa di avere qualcosa da imparare: Sacchi, che nel frattempo aveva portato la Nazionale a un rigore dal titolo mondiale del 1994.
I milanisti sognano un ritorno al pressing asfissiante, alle sovrapposizioni continue, alle ripartenze letali e a quell'umiltè che avevano portato trofei (non si chiamavano ancora "tituli") a pioggia. Il Sacchi-bis inizia però con un fallimento e finisce anche peggio. Alla prima partita sulla panchina rossonera, l'Arrigo Nazionale perde contro il Rosenborg facendo sfumare il passaggio del turno in Champions League. Un disastro, completato da una serie di partite inguardabili, utili solo a terminare il campionato all’undicesimo posto in classifica.
Anche la Juventus ci è cascata: divorzio da Marcello Lippi nel 1999 dopo un quinquennio che aveva portato tre scudetti, tre finali di Champions (una sola vinta) e un'Intercontinentale, ripensamento e nuovo contratto dal 2001 al 2004. Nel frattempo Lippi aveva assaggiato l'Inter, scappatella di un anno che non aveva fatto altro che ricordargli quanto lui in realtà amasse la Juve. La Vecchia Signora lo perdona, lo riaccoglie a braccia aperte e il matrimonio frutta altri due scudetti e un'altra finale di Champions persa.
Forse è proprio lì che Lippi pensa di essere immune alla sindrome del grande ritorno, che riproporrà in Nazionale, ma con effetti disastrosi. Nel 2006 dice "basta" all'azzurro da eroe nazionale, gli italiani provano Donadoni e lo implorano di tornare. Lippi non resiste alla tentazione e a Johannesburg sappiamo tutti com'è andata a finire.
Infine l'Inter: nel caso dei nerazzurri il "piccolo grande ritorno" è rappresentato da Roy Hodgson. Con la variante che lui, tra il 1995 e il 1997 non aveva colto grandi vittorie, limitandosi però a non fare pena: comunque un traguardo, per l'Inter di quei tempi. Con il suo stile, l'allenatore inglese rubò il cuore a tanti interisti, primo tra tutti Massimo Moratti che, nel 1999, con l'Inter allo sbando e non sapendo a che santo votarsi, prega San Roy di tornare. Com'è andata? Due sconfitte e due vittorie, ma per l'Inter sarà ricordato come il terribile anno dei quattro allenatori in un anno.
Ora Zeman, che non riparte da una big e che ha messo le cose in chiaro come sempre: ci sarà da lavorare parecchio, per assistere a un nuovo miracolo. Ha precisato anche che non vorrebbe essere come Mourinho. Avrebbe dovuto aggiungere che non si ispirerà neanche a Hodgson, a Sacchi o a Lippi.
Il primo amore non si scorda mai. Il guaio è quando succede nel calcio. Ci si lascia ma non ci si dimentica mai del tutto e così, prima o poi, ci si ricasca.
Il mondo del pallone regala di continuo storie di grandi ritorni che si rivelano presto grandi fallimenti. Risultato: l’etichetta di "minestre riscaldate" non gliela toglie più nessuno.
A Zdenek Zeman staranno fischiando le orecchie. Il suo ritorno a Foggia 16 anni dopo la creazione del "miracolo rossonero" è solo l’ultimo della serie. Basti pensare che ci sono già cascate tutte le big.
Tra il 1987 e il 1991 ci aveva pensato Arrigo Sacchi a far innamorare gli amanti del bel giuoco con il suo Milan all'avanguardia. Poi la Patria chiama, Sacchi non può dire di no, ed eccolo sulla panchina della Nazionale. Ma l’amore per i colori rossoneri è impossibile da cancellare. Il grande ritorno viene covato per 5 anni: nel 1996 il tecnico del Milan è Oscar Washington Tabarez, allenatore gentiluomo con un unico difetto: una rosa di giocatori ormai alla frutta, spremuti dallo stesso Sacchi prima e da Capello dopo.
L'esonero scatta a dicembre, dopo che una rovesciata di Pasquale Luiso ribalta il Milan, sconfitto a Piacenza per 3-2. Silvio Berlusconi cede alla tentazione e richiama l'unico allenatore da cui pensa di avere qualcosa da imparare: Sacchi, che nel frattempo aveva portato la Nazionale a un rigore dal titolo mondiale del 1994.
I milanisti sognano un ritorno al pressing asfissiante, alle sovrapposizioni continue, alle ripartenze letali e a quell'umiltè che avevano portato trofei (non si chiamavano ancora "tituli") a pioggia. Il Sacchi-bis inizia però con un fallimento e finisce anche peggio. Alla prima partita sulla panchina rossonera, l'Arrigo Nazionale perde contro il Rosenborg facendo sfumare il passaggio del turno in Champions League. Un disastro, completato da una serie di partite inguardabili, utili solo a terminare il campionato all’undicesimo posto in classifica.
Anche la Juventus ci è cascata: divorzio da Marcello Lippi nel 1999 dopo un quinquennio che aveva portato tre scudetti, tre finali di Champions (una sola vinta) e un'Intercontinentale, ripensamento e nuovo contratto dal 2001 al 2004. Nel frattempo Lippi aveva assaggiato l'Inter, scappatella di un anno che non aveva fatto altro che ricordargli quanto lui in realtà amasse la Juve. La Vecchia Signora lo perdona, lo riaccoglie a braccia aperte e il matrimonio frutta altri due scudetti e un'altra finale di Champions persa.
Forse è proprio lì che Lippi pensa di essere immune alla sindrome del grande ritorno, che riproporrà in Nazionale, ma con effetti disastrosi. Nel 2006 dice "basta" all'azzurro da eroe nazionale, gli italiani provano Donadoni e lo implorano di tornare. Lippi non resiste alla tentazione e a Johannesburg sappiamo tutti com'è andata a finire.
Infine l'Inter: nel caso dei nerazzurri il "piccolo grande ritorno" è rappresentato da Roy Hodgson. Con la variante che lui, tra il 1995 e il 1997 non aveva colto grandi vittorie, limitandosi però a non fare pena: comunque un traguardo, per l'Inter di quei tempi. Con il suo stile, l'allenatore inglese rubò il cuore a tanti interisti, primo tra tutti Massimo Moratti che, nel 1999, con l'Inter allo sbando e non sapendo a che santo votarsi, prega San Roy di tornare. Com'è andata? Due sconfitte e due vittorie, ma per l'Inter sarà ricordato come il terribile anno dei quattro allenatori in un anno.
Ora Zeman, che non riparte da una big e che ha messo le cose in chiaro come sempre: ci sarà da lavorare parecchio, per assistere a un nuovo miracolo. Ha precisato anche che non vorrebbe essere come Mourinho. Avrebbe dovuto aggiungere che non si ispirerà neanche a Hodgson, a Sacchi o a Lippi.