Matti per il calcio: quando il pallone diventa una terapia

Calcio
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Parte un campionato speciale che vedrà scendere in campo squadre composte da pazienti psichiatrici e operatori. Il calcio come linguaggio comune, la palla come strumento. E uno stadio senza sagome o tessere del tifoso. LE FOTO

di Vanni Spinella

Guarda le foto: i calciatori "matti"

I nomi delle squadre partecipanti meriterebbero da soli il prezzo del biglietto (che, tra l’altro, non si paga). Vuoi mettere l’emozione di assistere a una partita tra Fuori di Pallone e Colpi di Testa? O poter sfidare quelli della Real Mente?

Succede grazie a “Matti per il Calcio”, la rassegna nazionale organizzata dall’Uisp – Unione Italiana Sport per tutti - e giunta già alla quarta edizione. Una tre-giorni di campionato che vedrà impegnate dal 16 al 18 settembre ben 16 squadre, formate da utenti e operatori dei Centri e dei Dipartimenti di salute mentale di tutta Italia.

Avete capito bene: calzoncini, calzettoni, scarpe a tacchetti e una buona dose di autoironia, a giudicare dai nomi delle squadre e da quello del torneo. Così scendono in campo pazienti psichiatrici e psichiatri, con partite che si susseguono no stop dalla mattina alla sera.

Addio lettino, dunque. Le sedute, per loro, sono solo quelle di allenamento. L’unica terapia di gruppo che conoscono è la partita. Con il classico “cazziatone” dell’allenatore all’intervallo, se necessario. Perché il calcio resta un gioco, ma comunque non ne troverete mai uno disposto a perdere.

Più di un gioco: uno strumento. “Il calcio diventa un linguaggio comune che crea ponti tra le persone e non costruisce steccati”, dice Filippo Fossati, presidente nazionale Uisp. “Sport e disabilità si incontrano su un terreno condiviso, il gioco e la terapia si confondono. E tutto ciò ci rende orgogliosi: mentre nel mondo dello sport professionistico la prestazione è diventata un fine a cui sacrificare tutto, per noi l’attività motoria è un mezzo. Un mezzo per migliorare la vita, anche quando è particolarmente difficile”.

L’idea funziona, ed è già diventata un film-documentario quando il regista Volfango De Biasi raccontò un intero campionato disputato dalla squadra del Gabbiano. Una storia vera, da brividi: 15 pazienti psichiatrici e il loro psichiatra per allenatore, il dottor Mauro Raffaeli, che per primo aveva intuito la portata del calcio come strumento per abbattere muri immaginari ma solidissimi, intrecciando storie uniche.

Come quella di Marione, il bomber sovrappeso dal tiro micidiale che soffre di schizofrenia, di Sandro, l’ex poliziotto che ama rifugiarsi nella poesia e nella pittura, di Valerio, il portiere silenzioso.

Adesso, i “matti per il calcio” provenienti da tutta Italia (da Como a Reggio Calabria, passando per Torino, Parma, Firenze, Pescara, Oristano, Roma…) giungeranno a Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, per il loro campionato speciale. In uno stadio aperto a tutti, “senza sagome di cartone sugli spalti o tessere del tifoso, perché il calcio è partecipazione e relazione”, puntualizza la Uisp lanciando la frecciatina. L’obiettivo? Emozionarsi. Lo garantisce Richard Manganiello, il presidente-allenatore della squadra “Cittadini del Mondo” di Varese, i campioni in carica.

“La partecipazione dell’anno scorso è stata un vero aiuto alla terapia. Già durante il viaggio di ritorno, sul pullman, uno dei nostri ragazzi ha preso carta e penna e ha cominciato a scrivere le sue emozioni. Per tre mesi li ho visti volare, camminavano sospesi a 30 cm da terra”. Ma a parte la coppa, si sono portati a casa altro: “Condividere lo spogliatoio, cambiarsi e denudarsi di fronte agli altri, accettare delle regole, imparare a faticare e a sacrificarsi per i compagni. Solo il calcio riesce a spiegare concetti del genere direttamente sul campo”. Meglio di tante sedute sul lettino. “Al termine della finale ho pianto” - ricorda Manganiello. “Ero lì, a bordo campo, con l’allenatore del Tucano e piangevamo tutti e due”. Uno aveva perso, l’altro aveva vinto. Ma alla fine non era quello che contava.