Il ct della Nazionale dopo gli scontri e la partita sospesa: "I calciatori sono sotto scacco, hanno casa e famiglie e devono tornare. Noi volevamo giocare. Ma poteva succedere di tutto, Sanzioni Uefa? Vedremo...". GUARDA I VIDEO E LE FOTO
L'album: Serbia, follia hooligans a Genova
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"I giocatori serbi sono sotto scacco, hanno casa e famiglie e devono tornare, sono ragazzi impauriti. Ma il calcio non deve avere paura di fronte agli ultrà, la via è la prevenzione". Lo ha detto il ct azzurro, Cesare Prandelli, in una conferenza stampa allo stadio Ferarris all'indomani dei gravi incidenti provocati dali ultras di Belgrado.
"Abbiamo chiesto anche noi ai nostri avversari sportivi di andare sotto la curva degli hooligans e provare a calmarli. Non so che gesto abbiano fatto - ha aggiunto il ct della nazionale sugli applausi e le tre dita da cetnico mostrate dai giocatori - ma loro erano chiaramente impauriti".
L'Italia di Cesare Prandelli avrebbe voluto giocare la partita con la Serbia, anche se quando gli hooligans ospiti hanno tentato di sfondare la vetrata, che li divideva dai tifosi italiani, la situazione stava precipitando. "Noi eravamo pronti ed avremmo voluto giocare - ha spiegato il ct azzurro -, abbiamo fatto regolare riscaldamento, poi quando siamo tornati nello spogliatoio cercavamo di capire quanto durasse la pausa per evitare problemi fisici, abbiamo sempre pensato di giuocare, noi volevamo scendere in campo". Nessun commento alle ipotesi di dure sanzioni Uefa:" Aspettiamo con serenità".
Poi Prandelli ha spiegato dal campo qual è stato il momento di tensione più alta: "quando ho visto che gli ultrà serbi stavano tentando di sfondare la vetrata che li divideva dai tifosi italiani ho avuto davvero paura. Ho visto tanta gente con i bambini scappare a gambe levate. Quando è così, può succedere di tutto. Bastava poco per trasformarla in una serata tragica...".
Un nuovo Heysel. E' quel che è convinta di aver evitato la polizia italiana, ma anche il terrore che ha percorso la mente di Cesare Prandelli ieri sera durante Italia-Serbia. L'ex centrocampista Juve era in campo quella drammatica sera del 29 maggio '85 a Bruxelles, 39 morti il bilancio finale e un partita surreale che per molti non si sarebbe dovuta giocare. Ben diverso l'esito della notte di follia serba ieri a Genova: solo feriti (16), fortunatamente, e una partita durata appena 6'.
Dice ancora Prandelli: "Tutti sapevano che gli hooligan avrebbero impedito la partita? Noi no. Chiaro che quella di ieri è gente che non ha nulla da perdere e perciò è disposta a tutto. Veri delinquenti, immagino con problemi sociali e politici". Lo disse Capello mesi fa, il calcio italiano è ostaggio degli ultras. Oggi emerge che non è solo la serie A.
"Situazioni del genere le abbiamo vissute anche noi, anche se non così gravi. In certe città ci sono pesanti condizionamenti, è inutile negarlo - la considerazione del ct -. Bisognerebbe tornare a essere liberi di parlare e dire quel che pensi. E invece se perde una partita, per un giocatore è difficile uscire la sera a mangiare la pizza con i figli, magari non si dice ma è così. Però qualche anno fa la situazione era peggiore, le parole di Capello non sono cadute nel vuoto, ora si sta lavorando e le misure vanno nella giusta direzione".
Ripropone il modello Fiorentina, dialogo e tolleranza zero. "Professione ultras? Io di hooligan stipendiati non ne conosco. Non bisogna aver paura di fronte a questa violenza, né si può immaginare un calcio senza tifoserie organizzate - la sua convinzione -. Certo, sarebbe bello uno stadio tutto di famiglie e bambini. L'esperienza di Firenze insegna: i Della Valle hanno chiarito subito, un gesto di violenza e lasciamo la società. Ma se si parla con i capi tifosi e si capiscono le loro esigenze, sono i primi a fermare scintille di violenza. Bisogna lavorare sui tifosi del futuro, oramai il mondo adulto è malato. Intanto, non si può intervenire quando è troppo tardi".
E' il discorso della prevenzione, il sasso lanciato ieri da Prandelli. "Ma non mi riferivo a quel che è successo nell'immediato prepartita - spiega ora -. Se la polizia ha ritenuto di non intervenire per le strade di Genova, evidentemente era per non danneggiare i cittadini. Il fatto è che non si deve arrivare a quel punto". Al capo ultras arrestato nella notte "chiederei se ha una famiglia e dei fratelli più piccoli, e come immagina il suo futuro". A uno dei tanti bambini "che quel ricordo gli rimarrà a lungo, ma poi il calcio continuerà e sarà un divertimento". Anche se lo spettro di una nuova tragedia come l'Heysel è sempre lì.
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"I giocatori serbi sono sotto scacco, hanno casa e famiglie e devono tornare, sono ragazzi impauriti. Ma il calcio non deve avere paura di fronte agli ultrà, la via è la prevenzione". Lo ha detto il ct azzurro, Cesare Prandelli, in una conferenza stampa allo stadio Ferarris all'indomani dei gravi incidenti provocati dali ultras di Belgrado.
"Abbiamo chiesto anche noi ai nostri avversari sportivi di andare sotto la curva degli hooligans e provare a calmarli. Non so che gesto abbiano fatto - ha aggiunto il ct della nazionale sugli applausi e le tre dita da cetnico mostrate dai giocatori - ma loro erano chiaramente impauriti".
L'Italia di Cesare Prandelli avrebbe voluto giocare la partita con la Serbia, anche se quando gli hooligans ospiti hanno tentato di sfondare la vetrata, che li divideva dai tifosi italiani, la situazione stava precipitando. "Noi eravamo pronti ed avremmo voluto giocare - ha spiegato il ct azzurro -, abbiamo fatto regolare riscaldamento, poi quando siamo tornati nello spogliatoio cercavamo di capire quanto durasse la pausa per evitare problemi fisici, abbiamo sempre pensato di giuocare, noi volevamo scendere in campo". Nessun commento alle ipotesi di dure sanzioni Uefa:" Aspettiamo con serenità".
Poi Prandelli ha spiegato dal campo qual è stato il momento di tensione più alta: "quando ho visto che gli ultrà serbi stavano tentando di sfondare la vetrata che li divideva dai tifosi italiani ho avuto davvero paura. Ho visto tanta gente con i bambini scappare a gambe levate. Quando è così, può succedere di tutto. Bastava poco per trasformarla in una serata tragica...".
Un nuovo Heysel. E' quel che è convinta di aver evitato la polizia italiana, ma anche il terrore che ha percorso la mente di Cesare Prandelli ieri sera durante Italia-Serbia. L'ex centrocampista Juve era in campo quella drammatica sera del 29 maggio '85 a Bruxelles, 39 morti il bilancio finale e un partita surreale che per molti non si sarebbe dovuta giocare. Ben diverso l'esito della notte di follia serba ieri a Genova: solo feriti (16), fortunatamente, e una partita durata appena 6'.
Dice ancora Prandelli: "Tutti sapevano che gli hooligan avrebbero impedito la partita? Noi no. Chiaro che quella di ieri è gente che non ha nulla da perdere e perciò è disposta a tutto. Veri delinquenti, immagino con problemi sociali e politici". Lo disse Capello mesi fa, il calcio italiano è ostaggio degli ultras. Oggi emerge che non è solo la serie A.
"Situazioni del genere le abbiamo vissute anche noi, anche se non così gravi. In certe città ci sono pesanti condizionamenti, è inutile negarlo - la considerazione del ct -. Bisognerebbe tornare a essere liberi di parlare e dire quel che pensi. E invece se perde una partita, per un giocatore è difficile uscire la sera a mangiare la pizza con i figli, magari non si dice ma è così. Però qualche anno fa la situazione era peggiore, le parole di Capello non sono cadute nel vuoto, ora si sta lavorando e le misure vanno nella giusta direzione".
Ripropone il modello Fiorentina, dialogo e tolleranza zero. "Professione ultras? Io di hooligan stipendiati non ne conosco. Non bisogna aver paura di fronte a questa violenza, né si può immaginare un calcio senza tifoserie organizzate - la sua convinzione -. Certo, sarebbe bello uno stadio tutto di famiglie e bambini. L'esperienza di Firenze insegna: i Della Valle hanno chiarito subito, un gesto di violenza e lasciamo la società. Ma se si parla con i capi tifosi e si capiscono le loro esigenze, sono i primi a fermare scintille di violenza. Bisogna lavorare sui tifosi del futuro, oramai il mondo adulto è malato. Intanto, non si può intervenire quando è troppo tardi".
E' il discorso della prevenzione, il sasso lanciato ieri da Prandelli. "Ma non mi riferivo a quel che è successo nell'immediato prepartita - spiega ora -. Se la polizia ha ritenuto di non intervenire per le strade di Genova, evidentemente era per non danneggiare i cittadini. Il fatto è che non si deve arrivare a quel punto". Al capo ultras arrestato nella notte "chiederei se ha una famiglia e dei fratelli più piccoli, e come immagina il suo futuro". A uno dei tanti bambini "che quel ricordo gli rimarrà a lungo, ma poi il calcio continuerà e sarà un divertimento". Anche se lo spettro di una nuova tragedia come l'Heysel è sempre lì.