La panchina si fa verde: la Serie A è in mano ai giovani

Calcio
Vincenzo Montella, capostipite dei tecnici giovani: aria nuova in panchina
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Con il cambio Ranieri-Montella l'età media dei nostri tecnici scende sotto i 50 anni. Va di moda l'allenatore giovane e bello. Se anche vincente, sarà il tempo a dirlo. Non ci sono più i Fascetti e i Mazzone: l'ultimo "grande vecchio" è Edy Reja. LE FOTO

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di Vanni Spinella

Dicono che l’Italia non sia un Paese per giovani. A giudicare dalle nostre panchine non si direbbe affatto. Non quelle dei giardinetti, che restano di dominio delle generazioni che hanno fatto la guerra.

Quelle della Serie A, però, stanno subendo un eccezionale quanto improvviso processo di ringiovanimento, culminato con la fresca promozione di Montella, 37 anni ancora da compiere, alla guida di una big come la Roma.
Nel giro di un mese due “grandi vecchi” del nostro calcio sono stati accantonati: e se a Ventura (classe 1948) è subentrato Mutti (più giovane di appena 6 anni), il salto generazionale da Ranieri all’Aeroplanino fa veramente impressione.

Il giovane in panchina va di moda, e tutti gli ultimi avvicendamenti sono stati come un lifting per il nostro campionato. Prima della Roma anche l’Inter era passata dal pacioso cinquantenne Benitez al bel Leonardo, 42 anni e non li dimostra; il Brescia, con il cambio Beretta-Iachini, è ringiovanito di 5 anni.
Solo il Cagliari ha esonerato Bisoli per affidarsi al più “esperto” Donadoni: e stiamo parlando di un allenatore di 48 anni, che fino al 2000 alzava coppe e sgusciava sulla fascia.

L’età media delle nostre panchine, così, è presto scesa sotto i 50 anni: 49 anni e 4 mesi, per la precisione. Impensabile fino a qualche anno fa, quando la panchina era regno di grandi saggi come Nils Liedholm (scudetto con la Roma nel 1983, a 61 anni), Nereo Rocco (a 60 anni sulla panchina del Milan), Helenio Herrera (ne aveva 58 quando chiuse il suo ciclo vincente all’Inter). Spariti anche i vari Mazzone, Fascetti, Ulivieri.
In Nazionale tira la stessa aria. Trapattoni portò l’Italia all’Europeo 2004 a 65 anni, Lippi ci guidò al Mondiale sudafricano a 62 anni. Prandelli, nel 2014 in Brasile, ne avrà 57.
In Serie A resiste il solo Reja, classe 1945: quasi 70 anni. Quelli che il velenoso Mourinho (altro giovane, bello e impossibile) aveva affibbiato al neanche sessantenne Ranieri.

Polemiche a parte, i duelli in panchina si fanno ancora più affascinanti, perché diventano veramente tanti gli allenatori che fino a pochi anni fa erano abituati a incrociare parastinchi e tacchetti sul campo, da giocatori, e che adesso si ritrovano a dirigere, sbracciarsi, perdere la voce nell'area tecnica.
Come Montella e Simeone, che nel 2003 si giocavano il derby di Roma e alla penultima giornata si affronteranno, in giacca e cravatta, per Catania-Roma.
E gli scontri non finiscono qua: sono ben 10 gli allenatori che, da giocatori, sono stati protagonisti della Serie A negli anni Novanta. Praticamente fino all’altroieri. Donadoni, Allegri, Di Carlo, Iachini, Pioli…

Insomma, è la celebrazione degli “enfant prodige” della panchina, nella stagione in cui nessun tecnico attualmente al timone ha mai vinto uno scudetto.
Quando Mancini, a 36 anni, lasciò il calcio e nel giro di due anni si trovò ad allenare Lazio (come vice di Eriksson) e Fiorentina, il mondo degli allenatori insorse. Era pericoloso e presuntuoso mettere giocattoli tanto preziosi nelle mani di chi non aveva fatto la famosa “gavetta”.
Oggi, “i Mancini” non fanno più notizia. Leonardo è passato dalla scrivania al Milan e dal Milan all’Inter. Sfiorando addirittura la panchina della Seleçao. A Ferrara hanno regalato la Juve e poi l’Under 21. Simeone, in 5 anni da allenatore, ha vinto due campionati argentini.
Segno che quando c’è la classe, la carta d’identità non conta.

È la nuova Italia del calcio, che sa rinnovarsi, sempre più distante da quella della politica. Lì, mentre tutto il resto del mondo è in fermento e si ribella all’antico, restiamo i soliti conservatori. Gli stessi volti da decenni, gli stessi sederi incollati alle panchine. Pardon, alle poltrone. In Parlamento si sta molto più comodi.

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