Viviano, cuore diviso: scusa Brescia, ma ci dobbiamo provare
CalcioIl portiere del Bologna non dimentica il passato in Lombardia, dove è cresciuto come portiere e dove vive con moglie e figlia: "Sarò sempre grato a questo club che mi ha dato tanto. Spero si salvi. Ma darò il massimo per vincere"
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Ha il cuore diviso in tre, Emiliano Viviano. Un pezzo è viola, come il nome della sua bambina. Lui, nato a Fiesole, la Fiorentina ce l'ha nel sangue. Poi c'è il rossoblù, quello di adesso, della squadra per cui para, dei colori che lo hanno portato in Nazionale. L'altro pezzo è azzurro, con un 'v' bianca. C'è tanto Brescia in Viviano. E la partita di sabato non può non provocargli emozioni forti.
Anche perché a Brescia Emiliano è diventato giocatore e uomo. Dal 2002 si è costruito una carriera e una famiglia, con la moglie Manuela e la figlioletta, Viola. "Che è bresciana a tutti gli effetti. È la nostra città, l'abbiamo anche scelta per vivere". Come si può quindi affrontare il proprio passato, che è anche molto presente, senza paura di farsi del male? E senza paura di far male a chi sta lottando per salvarsi? "A me dispiace, ma dobbiamo andare a Mompiano per fare il colpaccio, come al solito. Tutto vorrei, tranne che fare danni al Brescia. Ma dovrò fare del mio meglio, a malincuore, per rispetto del mio club e dei miei tifosi. Lo farò e ho già dimostrato di poterlo fare".
126 presenze però non si possono cancellarre facilmente. "Sono innamorato della città che ho scelto al di là del calcio e tifo perché rimanga ancora in Serie A". Tanto più se a difendere la tua vecchia porta c'è un vecchio amico, Arcari: "Michele è un mio carissimo amico ed è un grande portiere. Ha saputo farsi largo, dimostrarsi all'altezza con umiltà e qualità. E sta facendo la differenza".
Viviano non riesce a non pensare alla salvezza del Brescia, nonostante gli impegni con la nazionale, la favola del Bologna e l'Inter sullo sfondo ("Non so cosa succederà l'anno prossimo"): "Si celebra il centenario di un club che amo e al quale sarò sempre grato. Grazie al Brescia ho imparato valori come il rispetto e la cultura sportiva. Sono cresciuto sul piano umano. E devo tanto al presidente Gino Corioni, che non deve mollare. Come lui ce ne sono davvero pochi". Infine, una promessa: "Spero di chiudere a Brescia la mia carriera".
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Ha il cuore diviso in tre, Emiliano Viviano. Un pezzo è viola, come il nome della sua bambina. Lui, nato a Fiesole, la Fiorentina ce l'ha nel sangue. Poi c'è il rossoblù, quello di adesso, della squadra per cui para, dei colori che lo hanno portato in Nazionale. L'altro pezzo è azzurro, con un 'v' bianca. C'è tanto Brescia in Viviano. E la partita di sabato non può non provocargli emozioni forti.
Anche perché a Brescia Emiliano è diventato giocatore e uomo. Dal 2002 si è costruito una carriera e una famiglia, con la moglie Manuela e la figlioletta, Viola. "Che è bresciana a tutti gli effetti. È la nostra città, l'abbiamo anche scelta per vivere". Come si può quindi affrontare il proprio passato, che è anche molto presente, senza paura di farsi del male? E senza paura di far male a chi sta lottando per salvarsi? "A me dispiace, ma dobbiamo andare a Mompiano per fare il colpaccio, come al solito. Tutto vorrei, tranne che fare danni al Brescia. Ma dovrò fare del mio meglio, a malincuore, per rispetto del mio club e dei miei tifosi. Lo farò e ho già dimostrato di poterlo fare".
126 presenze però non si possono cancellarre facilmente. "Sono innamorato della città che ho scelto al di là del calcio e tifo perché rimanga ancora in Serie A". Tanto più se a difendere la tua vecchia porta c'è un vecchio amico, Arcari: "Michele è un mio carissimo amico ed è un grande portiere. Ha saputo farsi largo, dimostrarsi all'altezza con umiltà e qualità. E sta facendo la differenza".
Viviano non riesce a non pensare alla salvezza del Brescia, nonostante gli impegni con la nazionale, la favola del Bologna e l'Inter sullo sfondo ("Non so cosa succederà l'anno prossimo"): "Si celebra il centenario di un club che amo e al quale sarò sempre grato. Grazie al Brescia ho imparato valori come il rispetto e la cultura sportiva. Sono cresciuto sul piano umano. E devo tanto al presidente Gino Corioni, che non deve mollare. Come lui ce ne sono davvero pochi". Infine, una promessa: "Spero di chiudere a Brescia la mia carriera".
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