Roma-Inter amarcord: in Coppa Italia all'ultima spiaggetta
CalcioGiallorossi e nerazzurri si trovano per l'ennesima volta a confronto in semifinale, ma stavolta entrambe alla chiusura di un ciclo. Hanno dominato la scena per 5 anni, lottando per tutte le competizioni nazionali. Ora rimane questo obiettivo secondario
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di Alfredo Corallo
Giocarsi la stagione in una semifinale di Coppa Italia basta e avanza per spiegare l'inatteso fallimento di Inter e Roma. Si erano lasciate una bella notte d'estate - in verità più per i nerazzurri - nell'ennesimo duello per la Supercoppa italiana, il quarto in 5 anni, che equivale a dire dominio assoluto di un quinquennio: 5 scudetti per la squadra di Moratti, con 4 secondi posti dei giallorossi, 3 a 2 il conto delle "coppette" nazionali, 3 a 1 in fatto di supercoppe, appunto. Il 21 agosto Leonardo e Montella erano ai Tropici, in panchina sedevano i "poi trombati" Benitez e Ranieri, lo spagnolo aveva iniziato alla grande il dopo-Mourinho, schiantando i capitolini a San Siro e alzando il primo trofeo della sua (breve) avventura con la Beneamata. Il “testaccino” si congedava - virtualmente - dalla sua città.
Non erano passati tre mesi che le due contendenti si inseguivano per un titolo nazionale da infarto, col Milito dei bei tempi che a Siena metteva la seconda firma sullo storico triplete. Una settimana prima, in un fortunato (per una volta) 5 maggio per gli interisti, Totti prendeva a pedate nel sedere il povero Balotelli e il "Principe" a pallonate Julio Sergio, antipasto della coppa più ambìta, quella dalle grandi orecchie. E le altre? Sono state praticamente a guardare per un lungo, lunghissimo lustro. Tutto era iniziato un caldo 12 giugno del 2005: all'Olimpico, Adriano (il fratello?) ipotecava da solo la prima Coppa Italia dell'era Mancini, poi sigillata il sabato successivo dalla perla del fido Mihalovic al Meazza. La sfida era lanciata.
Da quel momento è stato un susseguirsi di sorpassi e controsorpassi, finali vinte e finali perse, ma sempre affare loro. Partite memorabili, dal 4-3 dell'eterno Figo al 2-6 dell'irresistibile Roma di Spalletti e del sempiterno Panucci. Dalla pazza corsa di capitan Zanetti per il gol-scudetto del 2008 alla zampata di Toni che aveva fatto saltare di gioia Rosella Sensi, illusa di poter vincere il quarto tricolore della Magica. Oggi la Roma ha un altro presidente, al secolo Tom DiBenedetto, che promette dollari fumanti per riportare nella capitale l'amatissimo Ancelotti - e, a supporto, l'altro ex, il ds Franco Baldini - che non sarebbe un punto di partenza niente male (mettiamoci dentro anche il talentuoso Pastore). E le maxi-offerte di Real e Manchester United per De Rossi non dovrebbero far vacillare l'americano, vendere l'unico pezzo da novanta della truppa non sarebbe certo una genialata di demagogia.
L'Inter un presidente con i (petro)dollari ce l'ha da un pezzo, e per sua sfortuna quest'estate ne dovrà scucire parecchi per rifondare la squadra. Le certezze, oggettivamente, non sono molte: Lucio, Samuel, Zanetti, Cambiasso ed Eto'o sono i punti di riferimento da cui ripartire. Gli altri ballano, tutti: a cominciare da Julio Cesar, Maicon, Snejider e Milito. Le idee in entrata sono vaghe, si pensa agli azzurri Criscito e Montolivo, all'outsider Lamela, il nome che infiamma di più la tifoseria è quello di Tevez, paparazzato più volte dalle parti di via Montenapoleone. In ogni caso, il primo problema da risolvere sarà la scelta dell'allenatore, dato per scontato che Leonardo si è giocato (male?) la sua chance. Moratti dice che Mourinho non tornerà (bah), Guardiola ha ancora un anno di contratto con il Barcellona, come l'emergente Villas Boas del Porto. Si riparlerà per un po' dei soliti Capello e bla-bla-bla.
Intanto, però, i romanisti, che soffriranno fino all'ultimo per un posto in Europa League, dovranno subire gli "sfottò" dei laziali, lanciatissimi alla qualificazione per la Champions; e per i milanesi la sofferenza sarà lenta e dolorosa: i tifosi interisti, che "inorridiscono" all'idea di sprofondare in coppa Uefa, non erano più abituati a vedere bandiere rossonere in piazza Duomo (fatta eccezione, per carità, alla Champions di Kakà nel 2007). Magra, ma pur sempre una consolazione sarebbe una vittoria nella (eventuale) finale della solita "Coppa Italia-portachiave" con i cugini. Sennò, si camperà di rendita, e chissà per quanto.
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di Alfredo Corallo
Giocarsi la stagione in una semifinale di Coppa Italia basta e avanza per spiegare l'inatteso fallimento di Inter e Roma. Si erano lasciate una bella notte d'estate - in verità più per i nerazzurri - nell'ennesimo duello per la Supercoppa italiana, il quarto in 5 anni, che equivale a dire dominio assoluto di un quinquennio: 5 scudetti per la squadra di Moratti, con 4 secondi posti dei giallorossi, 3 a 2 il conto delle "coppette" nazionali, 3 a 1 in fatto di supercoppe, appunto. Il 21 agosto Leonardo e Montella erano ai Tropici, in panchina sedevano i "poi trombati" Benitez e Ranieri, lo spagnolo aveva iniziato alla grande il dopo-Mourinho, schiantando i capitolini a San Siro e alzando il primo trofeo della sua (breve) avventura con la Beneamata. Il “testaccino” si congedava - virtualmente - dalla sua città.
Non erano passati tre mesi che le due contendenti si inseguivano per un titolo nazionale da infarto, col Milito dei bei tempi che a Siena metteva la seconda firma sullo storico triplete. Una settimana prima, in un fortunato (per una volta) 5 maggio per gli interisti, Totti prendeva a pedate nel sedere il povero Balotelli e il "Principe" a pallonate Julio Sergio, antipasto della coppa più ambìta, quella dalle grandi orecchie. E le altre? Sono state praticamente a guardare per un lungo, lunghissimo lustro. Tutto era iniziato un caldo 12 giugno del 2005: all'Olimpico, Adriano (il fratello?) ipotecava da solo la prima Coppa Italia dell'era Mancini, poi sigillata il sabato successivo dalla perla del fido Mihalovic al Meazza. La sfida era lanciata.
Da quel momento è stato un susseguirsi di sorpassi e controsorpassi, finali vinte e finali perse, ma sempre affare loro. Partite memorabili, dal 4-3 dell'eterno Figo al 2-6 dell'irresistibile Roma di Spalletti e del sempiterno Panucci. Dalla pazza corsa di capitan Zanetti per il gol-scudetto del 2008 alla zampata di Toni che aveva fatto saltare di gioia Rosella Sensi, illusa di poter vincere il quarto tricolore della Magica. Oggi la Roma ha un altro presidente, al secolo Tom DiBenedetto, che promette dollari fumanti per riportare nella capitale l'amatissimo Ancelotti - e, a supporto, l'altro ex, il ds Franco Baldini - che non sarebbe un punto di partenza niente male (mettiamoci dentro anche il talentuoso Pastore). E le maxi-offerte di Real e Manchester United per De Rossi non dovrebbero far vacillare l'americano, vendere l'unico pezzo da novanta della truppa non sarebbe certo una genialata di demagogia.
L'Inter un presidente con i (petro)dollari ce l'ha da un pezzo, e per sua sfortuna quest'estate ne dovrà scucire parecchi per rifondare la squadra. Le certezze, oggettivamente, non sono molte: Lucio, Samuel, Zanetti, Cambiasso ed Eto'o sono i punti di riferimento da cui ripartire. Gli altri ballano, tutti: a cominciare da Julio Cesar, Maicon, Snejider e Milito. Le idee in entrata sono vaghe, si pensa agli azzurri Criscito e Montolivo, all'outsider Lamela, il nome che infiamma di più la tifoseria è quello di Tevez, paparazzato più volte dalle parti di via Montenapoleone. In ogni caso, il primo problema da risolvere sarà la scelta dell'allenatore, dato per scontato che Leonardo si è giocato (male?) la sua chance. Moratti dice che Mourinho non tornerà (bah), Guardiola ha ancora un anno di contratto con il Barcellona, come l'emergente Villas Boas del Porto. Si riparlerà per un po' dei soliti Capello e bla-bla-bla.
Intanto, però, i romanisti, che soffriranno fino all'ultimo per un posto in Europa League, dovranno subire gli "sfottò" dei laziali, lanciatissimi alla qualificazione per la Champions; e per i milanesi la sofferenza sarà lenta e dolorosa: i tifosi interisti, che "inorridiscono" all'idea di sprofondare in coppa Uefa, non erano più abituati a vedere bandiere rossonere in piazza Duomo (fatta eccezione, per carità, alla Champions di Kakà nel 2007). Magra, ma pur sempre una consolazione sarebbe una vittoria nella (eventuale) finale della solita "Coppa Italia-portachiave" con i cugini. Sennò, si camperà di rendita, e chissà per quanto.
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