Il ricordo di Cinesinho: "Io come Pelè e Garrincha"

Calcio
Cinesinho gioca con la palla come un delfino in un allenamento del '64 allo stadio Cibali (foto tratta dal libro Tutto il Catania minuto per minuto, Geo, 2010)
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Una lunga malattia segnata dall'Alzheimer. Ma chi era il fuoriclasse brasiliano che sconfisse Pelè nella finale del campionato Paulista contro il Santos nel lontano 1957? In Italia ha giocato con Modena, Catania e Juventus vincendo uno scudetto. LE FOTO

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di Alessandro Puglia

"Il mio riflesso è il tempo impiegato per direzionare il pallone. Come Pelè e Garrincha, ho il riflesso molto veloce. Il mio compagno smarcato riceve subito il pallone". Per Sidney Colônia Cunha, in arte Cinesinho (appena scomparso a 75 anni nello Stato brasiliano di Rio Grande do Sul), il calcio era una questione di tempi. Rapidi. Rapidissimi. Come le partenze dalla difesa, gigioneggiando con il pallone tra i piedi vellutati, o le traiettorie anche queste velocissime dei suoi gol da calcio d’angolo.

L'uomo che sconfisse Pelè - Nato a Rio Grande, nella provincia più a sud del Brasile, debutta nel massimo campionato Carioca nel 1955, con la maglia dell’International di Porto Alegre. Nel 1956 è già nazionale verde oro. L’anno successivo con il Palmeiras vince il campionato Paulista, battendo in finale il Santos di Pelè. L’Italia arriva nel’62 con la maglia del Modena, dove tornerà a fine carriera come allenatore dei giovanissimi. Tra questi anche Luca Toni. 

Un'Odissea in giro per l'Italia - Dall’Emilia si sposta in Sicilia, a Catania, dove rimane dal ’63 al ’65, diventando l’idolo dei tifosi rossazzuri. Il Cibali, sotto l’Etna, si infiamma davanti alle sue prodezze. Nel '65 arriva alla Juve, con il compito non facile di rimpiazzare Omar Sivori. L’allenatore Heriberto considerava "il Cina", il perno della sua squadra. Nello scudetto bianconero del 1967, Cinesinho fu tra i più indiscussi protagonisti. Memorabile il gol su puntizione tirato all’altezza del calcio d’angolo al San Paolo con Dino Zoff a difendere i pali dei partenopei. "Con lui – ha ricordato il campione su un blog - eravamo attaccanti e difensori, andavamo in gol e salvavamo il portiere. Mi sentivo più giovane di quando ero in Brasile".

Un numero 10 vecchio stile - Heriberto non solo lo faceva correre, ma lo metteva anche a dieta.  Il “Cina” aveva la tendenza a ingrassare. Era un numero 10 alla vecchia maniera. Fantasia e ragionamento. In una delle sue ultime interviste ha ricordato, parlando della sua carriera: "Il centrocampista deve lasciare i nervi a casa, nel cassetto della tavola, un centrocampista nervoso non serve alla squadra, non può ragionare". Frasi che sembrano sigillare un testamento calcistico. Dopo anni di sofferenza causati dall’Alzheimer, i calciatori del Catania l’hanno ricordato domenica scorsa allo stadio Angelo Massimino con un minuto di silenzio. Nell’erba dove il Cina si divertiva ad “ammucarisi” (mangiarsi), gli avversari.

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