Arbitri in ritiro: ecco come si allenano a fischiare meglio
CalcioImmersi nella quiete dell’Appennino, in una struttura inaccessibile a spettatori e curiosi, gli arbitri italiani rigenerano lo spirito, ma lavorano sodo: sveglia presto, due allenamenti al giorno, studio dei video con i casi che fanno discutere. LE FOTO
FOTO: Ritiro è quando arbitro fischia
di Vanni Spinella
da Santa Sofia (FC)
L’arbitro non fa il monaco. Ma quasi. Succede a Sportilia, il centro sportivo dove il gruppo di fischietti italiani, guidato dal designatore Braschi, ha appena concluso il suo ritiro in vista della stagione calcistica che sta per cominciare. Ritiro, avete capito bene: anche gli arbitri hanno il loro, come i giocatori.
Ma con una differenza.
Sull’Appennino a cavallo tra Toscana e Romagna, lontano dalla grande città (se Forlì, il comune più grande nei paraggi, si può definire tale), gli arbitri conducono una vita da eremiti, fatta di lavoro che impegna sia il corpo che la mente.
Zero tifosi (posto che probabilmente non si è mai visto il tifoso di un arbitro), nessuno spettatore ammesso a bordo campo o sulle tribune, l’intera struttura inaccessibile a giornalisti ed estranei e completamente “affittata” dall’Aia per l’intero mese di agosto.
Motivo per cui il loro ritiro, a differenza di quelli dei calciatori, può essere considerato anche “spirituale”. Un gruppo isolato dal resto del mondo, alla ricerca della concentrazione necessaria per gestire una nuova stagione, restando ad alti livelli. L’obiettivo, dichiarato, è quello di migliorarsi, se possibile. Perché come dice Braschi, “già quest’anno siamo stati spaventosamente efficienti, con medie d’errore bassissime”. E il presidente Nicchi aggiunge: “Un miglioramento significherebbe trasformare i nostri arbitri in macchine, e forse non lo vorremmo neanche, perché gli esseri umani sono meglio delle macchine”.
La “regola benedettina” imposta da Braschi prevede sveglia alle 7, pesata a digiuno, colazione entro le 8.30, perché poi alle 9 ci si trasferisce tutti in campo, per il primo allenamento giornaliero. Niente burro sulle fette biscottate, sì alla pasta, no ai fritti, nì alla carne (preferibilmente bianca). Pochissima tv, qualche quotidiano da sfogliare, per il resto tanto lavoro: due sedute di allenamento, più due di aula per le riunioni tecniche, nel corso delle quali si analizzano i video, partendo dagli episodi che nella scorsa stagione hanno fatto maggiormente discutere. Una sessione al mattino e un’altra dopo pranzo, con un "richiamino" dopo cena (prevista per le 20), prima di andare a nanna. Alle 23, luci spente per tutti.
Momenti di svago? Pochi: più che altro perché il tempo a disposizione non è molto e bisogna sfruttarlo al meglio. “Questo è il momento clou - conferma il professor Castagna, da anni responsabile della preparatore atletica degli arbitri dell’Aia - per cui il ritiro dev’essere una full immersion”.
Durante i giri di campo c’è comunque modo per scherzare e fare gruppo, ed è il veterano Brighi a vestire i panni del simpaticone della compagnia (“Noi anziani dobbiamo tenere alto il morale della truppa - conferma - e qualche scherzo ai nuovi arrivati c’è stato, ma non vi posso rivelare cosa gli abbiamo fatto”).
Uniti, come una vera squadra: che lavora per "tenere alto il nome dell'Italia", come dice con orgoglio Nicchi di fronte ai numeri del nostro campionato. Essere i migliori del mondo val bene una settimana di clausura.
di Vanni Spinella
da Santa Sofia (FC)
L’arbitro non fa il monaco. Ma quasi. Succede a Sportilia, il centro sportivo dove il gruppo di fischietti italiani, guidato dal designatore Braschi, ha appena concluso il suo ritiro in vista della stagione calcistica che sta per cominciare. Ritiro, avete capito bene: anche gli arbitri hanno il loro, come i giocatori.
Ma con una differenza.
Sull’Appennino a cavallo tra Toscana e Romagna, lontano dalla grande città (se Forlì, il comune più grande nei paraggi, si può definire tale), gli arbitri conducono una vita da eremiti, fatta di lavoro che impegna sia il corpo che la mente.
Zero tifosi (posto che probabilmente non si è mai visto il tifoso di un arbitro), nessuno spettatore ammesso a bordo campo o sulle tribune, l’intera struttura inaccessibile a giornalisti ed estranei e completamente “affittata” dall’Aia per l’intero mese di agosto.
Motivo per cui il loro ritiro, a differenza di quelli dei calciatori, può essere considerato anche “spirituale”. Un gruppo isolato dal resto del mondo, alla ricerca della concentrazione necessaria per gestire una nuova stagione, restando ad alti livelli. L’obiettivo, dichiarato, è quello di migliorarsi, se possibile. Perché come dice Braschi, “già quest’anno siamo stati spaventosamente efficienti, con medie d’errore bassissime”. E il presidente Nicchi aggiunge: “Un miglioramento significherebbe trasformare i nostri arbitri in macchine, e forse non lo vorremmo neanche, perché gli esseri umani sono meglio delle macchine”.
La “regola benedettina” imposta da Braschi prevede sveglia alle 7, pesata a digiuno, colazione entro le 8.30, perché poi alle 9 ci si trasferisce tutti in campo, per il primo allenamento giornaliero. Niente burro sulle fette biscottate, sì alla pasta, no ai fritti, nì alla carne (preferibilmente bianca). Pochissima tv, qualche quotidiano da sfogliare, per il resto tanto lavoro: due sedute di allenamento, più due di aula per le riunioni tecniche, nel corso delle quali si analizzano i video, partendo dagli episodi che nella scorsa stagione hanno fatto maggiormente discutere. Una sessione al mattino e un’altra dopo pranzo, con un "richiamino" dopo cena (prevista per le 20), prima di andare a nanna. Alle 23, luci spente per tutti.
Momenti di svago? Pochi: più che altro perché il tempo a disposizione non è molto e bisogna sfruttarlo al meglio. “Questo è il momento clou - conferma il professor Castagna, da anni responsabile della preparatore atletica degli arbitri dell’Aia - per cui il ritiro dev’essere una full immersion”.
Durante i giri di campo c’è comunque modo per scherzare e fare gruppo, ed è il veterano Brighi a vestire i panni del simpaticone della compagnia (“Noi anziani dobbiamo tenere alto il morale della truppa - conferma - e qualche scherzo ai nuovi arrivati c’è stato, ma non vi posso rivelare cosa gli abbiamo fatto”).
Uniti, come una vera squadra: che lavora per "tenere alto il nome dell'Italia", come dice con orgoglio Nicchi di fronte ai numeri del nostro campionato. Essere i migliori del mondo val bene una settimana di clausura.