DiBenedetto boccia la gestione Sensi. "Ora il nuovo stadio"

Calcio
Thomas DiBenedetto vuole uno stadio di proprietà
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Il neo presidente della Roma ha rilasciato un'intervista a "l'Espresso" nella quale fa il punto della situazione sulla società e parla delle prospettive future: "Abbiamo trovato una situazione penosa, ora dobbiamo far conoscere il nostro marchio"

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Una Roma bella e vincente, un marchio da esportare, un affare in cui credere. A pochi giorni dall'ufficialità della sua nomina a nuovo presidente della società giallorossa, Thomas DiBenedetto si concede per un'intervista a "L'Espresso" che sarà in edicola domani. Al nuovo proprietario della Roma non piace apparire ("ho sempre cercato di non essere sui giornali, credo che l'attenzione debba essere concentrata sulla squadra, sui giocatori, sull'allenatore e sul management. Io preferisco stare in secondo piano") ma piace vincere. E la prossima sfida è quella che lo ha portato nella Capitale. "I problemi dell'Italia stanno nell'eccesso di burocrazia e nella legislazione del lavoro troppo rigida - le parole del magnate americano - Sono stato molto impressionato dagli imprenditori che ho incontrato e dalla loro abilita' di operare in un contesto simile. Qui in Italia c'è un genere di affari che sembra capace di sopravvivere a dispetto di quello che accade nel resto del mondo. Mi riferisco al turismo, all'industria del vino, a tutto quello che produce gioia e diverte la gente, come il calcio. La mia sfida imprenditoriale è trasformare i clienti affascinati dalla città in tifosi di calcio. Per arrivare a questo dobbiamo concentrarci sul marchio e svilupparlo, naturalmente a partire dalle vittorie in campo".

Quando gli chiedono in che condizioni abbia trovato la Roma, DiBenedetto dice e non dice ma il suo messaggio è chiaro. "Non abbiamo niente da guadagnare a parlare male di Rosella Sensi - replica - E qualunque cosa io possa dire suonerebbe negativa verso di lei (in seguito definirà l'eredità 'painful', cioè penosa, ndr)".

Il calcio sembra però un'attività economica in perdita strutturale. "Non credo che debba essere necessariamente così - commenta DiBenedetto - Per ogni club ci può essere un modello di business che funziona, se il proprietario ha con il club lo stesso approccio che ha con la sua azienda. Di sicuro bisogna incominciare a vincere e il nostro staff, con Luis Enrique, Franco Baldini e Walter Sabatini, è in grado di farlo. Poi, come dicevo, è fondamentale sviluppare il marchio attraverso il web. Dagli Stati Uniti abbiamo portato a Roma gente con profonde radici italiane per investire sui social media e nel marketing di Internet. Una cosa è avere un'idea, e io ne ho molte. Un'altra cosa è avere le persone per metterla in pratica". Molti presidenti si lamentano degli ingaggi dei giocatori ma l'imprenditore americano, pur ammettendo che "sono una percentuale molto alta del bilancio", si chiede: "il problema vero è: troppo alti i salari o troppo bassi i ricavi? La priorità dei club italiani è aumentare le entrate perché il mercato dei giocatori è un mercato internazionale e i prezzi li fa il mercato".

E a tal proposito, DiBenedetto fa il punto sulla trattativa per lo stadio nuovo. "Con Gianni Alemanno abbiamo avuto una discussione molto propositiva - assicura - Il sindaco è totalmente al nostro fianco e adesso stiamo valutando le opzioni sulle diverse aree. Ci sono vari 'developers' locali che hanno espresso il loro interesse ad essere coinvolti con l'As Roma nell'operazione. Speriamo di incominciare presto e di essere i prossimi sulla strada che ha aperto la Juventus con grande successo. Il 2012 l'anno buono? Noi speriamo proprio di sì ma bisognerà che ci sia la collaborazione di tutte le forze politiche".