Gheddafi, il dirimpettaio che amava investire nel calcio

Calcio
Il popolo libico festeggia per strada la caduta del tiranno
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Non che fosse un nostro amico, il colonnello. In Italia amava soprattutto investire: banche, automobili, ma anche il pallone. La Juve attraverso la Lafico, Bersellini e Scoglio ct della nazionale libica. E adesso? L'ALBUM GHEDDAFI E I VIDEO

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di MASSIMO CORCIONE

Per 42 anni,  troppi diciamo oggi, è stato un dirimpettaio con il quale intrattenere rapporti per lo meno di buon vicinato. Non che fosse un nostro amico il colonnello Gheddafi. La sua presa del potere era avvenuta fondando anche su un po' di sentimento anti italiano, covato nella sua provincia di nascita e retaggio di una colonizzazione che era stata cancellata prima dall'esito della guerra mondiale e poi dalla cacciata di tutti i nostri connazionali che laggiù erano rimasti per lavorare, cittadini alla pari con i libici.

Il dirimpettaio Gheddafi in Italia amava soprattutto investire: banche, automobili, ma anche calcio. Il pacchetto di azioni della Juventus detenuto attraverso la Lafico fu una rottura clamorosa nella gestione dei patrimoni societari delle squadre di calcio. Poi vennero i capricci da figlio di papà del giovane ingegnere Saadi: il Perugia, l'Udinese, la Sampdoria furono tappe di una carriera che solo il cognome poteva spiegare, ma non giustificare. Aereo personale e viaggi a Parigi dispensati ai compagni per conquistarne la complicità sul campo.

E italiani furono pure i commissari tecnici scelti per l'impresa quasi impossibile di fare della Libia una potenza del calcio: prima il discreto Bersellini, poi arrivò Franco Scoglio, detto il professore, che aveva una mimica tanto efficace da rendere quasi inutili le parole. I racconti che lasciò dell'esperienza vissuta a Tripoli furono epici, secondo lo stile del narratore. Facile però credergli, vista la tenda piantata da Gheddafi padre nei parchi di Roma in occasione delle visite ufficiali oppure il drappello di amazzoni che scortavano il colonnello nelle missioni ufficiali. Era il folklore di un potere che tutti ritenevano fortemente radicato nel suo paese.

Fino alla primavera araba, alla lunga guerra di liberazione che tanti morti ha lasciato sul tappeto, ora alla conclusione annunciata di un regime che si è sempre identificato nel suo fondatore. Da oggi ufficialmente si ricomincia, in Libia. Anche nel calcio, e un po' d'Italia c'entra anche nella storia futura: Claudio Gentile, soprannominato Gheddafi quando era il calciatore capace di fermare con ogni mezzo Maradona, ha annunciato che sarà il prossimo cittì. Sul suo passaporto c'è scritto: nato a Tripoli, marchio d'origine che lo aiuterà a ritrovare una parte delle sue radici. Resterà l'unico Gheddafi accettato dal popolo.