Berlusconi, dalla discesa in campo alla panchina

Calcio

Con le dimissioni del premier si chiude un'era. Ora, un palcoscenico è pronto a riaccoglierlo: la tribuna d'onore di San Siro. Perchè anche il milanista che non l'ha votato, l'ha sempre invocato quando c'era da sistemare non il Paese ma la squadra. VIDEO

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Berlusconi e le dimissioni:
La cronaca della giornataVideostoria del Cav - Album fotografico del 12 novembre 2011

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E' come mettere in panchina chi è abituato sempre a giocare. Difficile arrendersi, anche se è scaduto il tempo: Silvio Berlusconi una vita da ex non l'aveva neppure messa in programma, in nessuna delle sue attività. E invece, fedele alla promessa fatta a Napolitano, ha rimesso il mandato da presidente del Consiglio, da capo del Governo italiano. Lo ha fatto al termine di una giornata interminabile, con le curve schierate fuori dei palazzi romani a scandire osanna e insulti.

La situazione è di quelle pesantissime, l'Europa è pronta ad addossarci la responsabilità di una crisi globale, i nostri titoli di Stato non li vuole nessuno, Mario Monti è la garanzia più efficace che possiamo esibire per recuperare parte dell'affidabilità perduta. E Berlusconi ha dovuto lasciare, diciotto anni dopo la discesa in campo solennemente annunciata a Casalecchio di Reno. Dalla discesa in campo alla panchina, questo il percorso di chi, partito per combattere il teatrino della politica, è finito per diventare egli stesso un soggetto politico.

Lo resterà sicuramente durante la prossima fase, la più delicata, dove anche un minimo errore sarebbe fatale e non solo all'Italia. Berlusconi non avrà più la prima linea, i riflettori sempre accesi, Palazzo Grazioli assediato da cronisti parlamentari e non. La serata di sabato è stata davvero l'ultimo atto di un'epoca. Ma un palcoscenico è pronto a riaccoglierlo, la tribuna d'onore di San Siro superando le differenze di pensiero che hanno resistito  in questa lunga stagione: anche il milanista che non ha mai votato per lui, lo ha sempre invocato quando c'era da sistemare non il Paese, ma la squadra, spesso ricorrendo a finanziamenti straordinari che superavano i limiti imposti dal bilancio. Proprio un altro bilancio, statale, lo ha tradito.  Resterà presidente per volere popolare, Berlusconi, ma del Milan.