Il ritorno di Zemanlandia. E' un Pescara in versione Barça
CalcioB COME BARONE. Zeman si è ripreso le copertine, vent’anni dopo le sfide incompiute di Roma. E Arrigo Sacchi azzarda paragoni importanti per il Pescara di Zdenek: "L'unica squadra in Europa come il Barcellona ad avere una identità precisa"
STATISTICHE - Calendario, classifiche e cifre della Serie B 2011-12
di DANIELE BARONE
Tutti ne parlano, tutti vorrebbero che lui parlasse. E lui, compatibilmente con il tempo a disposizione che gli lascia il calcio, il campo, questo suo grande amore che non passa mai, prova ad accontentare tutti. Pazientemente, educatamente, con quel filo di voce che ogni parola sembra un sussurro e devi sporgerti un po’ più in la per poterlo sentire, con quei pensieri sulla vita e sul calcio che sono diventati un dogma. Con un’unica concessione: una pausa di cinque minuti, ogni tanto, per una sigaretta, se le cose dovessero andare avanti troppo per le lunghe.
Zdenek Zeman si è ripreso le copertine, vent’anni dopo Zemanlandia, dopo le sfide incompiute di Roma, dopo quel “il calcio deve uscire dalle farmacie”, dopo le cadute professionali. Zeman tira di nuovo, cattura, piace. Da morire. Federica Rogato, la responsabile dell’ufficio stampa del Pescara, riceve mediamente quindici richieste di interviste a settimana, fanno sessanta al mese. “Ma ovviamente non riusciamo a dire di sì a tutti”.
Zeman va dritto e deciso alla riconquista del mondo del pallone che qualche volta è sembrato gli avesse voltato le spalle e ci sta andando con gli argomenti che conosce meglio: giocar bene, fare un gol in più dell’avversario, riempire lo stadio. Il suo Pescara è la squadra più bella che c’è in circolazione, inutile girarci troppo intorno. "L'unica squadra in Europa come il Barcellona ad avere una identità precisa", pure Arrigo Sacchi si è scomodato qualche settimana fa. Vai al botteghino e il biglietto lo compri volentieri tanto lo sai che, comunque, ti diverti: 36 gol segnati (negli ultimi dieci anni di serie B nessun’altra squadra ha segnato tanto, dopo sedici giornate, neppure la super Juventus del 2006/07) e, con i 24 subiti, sono 60 i gol visti finora nelle gare della squadra biancazzurra, una media di 3,75 a partita. Una giostra.
Sabato, contro il Gubbio, è rimasta in dieci dopo una ventina di minuti per l’espulsione di Capuano e nessuno se n’è accorto; alla fine hanno contato 23 tiri verso la porta di Donnarumma. Poi Immobile ha fatto un gol da riempirsi gli occhi e la bocca per giorni interi e la festa è sembrata completa. “Ammettiamolo –ha detto Gigi Simoni- avevano un altro passo”. A fine partita, lui, Zeman, invece, ha parlato con i suoi ragazzi soprattutto delle cose che non gli sono piaciute, dei movimenti sbagliati, delle pause che si sono presi per tirare un po’ il fiato, gli avrà ricordato che il campionato è lungo e bisogna volare bassi ma intanto sulle poltroncine dell’Adriatico quindicimila tifosi impazziti erano ancora tutti lì che saltavano. E che gridavano il suo nome. “Zemàn! Zemàn!” con l’accento sulla A.
Tutte le puntate di B come Barone
di DANIELE BARONE
Tutti ne parlano, tutti vorrebbero che lui parlasse. E lui, compatibilmente con il tempo a disposizione che gli lascia il calcio, il campo, questo suo grande amore che non passa mai, prova ad accontentare tutti. Pazientemente, educatamente, con quel filo di voce che ogni parola sembra un sussurro e devi sporgerti un po’ più in la per poterlo sentire, con quei pensieri sulla vita e sul calcio che sono diventati un dogma. Con un’unica concessione: una pausa di cinque minuti, ogni tanto, per una sigaretta, se le cose dovessero andare avanti troppo per le lunghe.
Zdenek Zeman si è ripreso le copertine, vent’anni dopo Zemanlandia, dopo le sfide incompiute di Roma, dopo quel “il calcio deve uscire dalle farmacie”, dopo le cadute professionali. Zeman tira di nuovo, cattura, piace. Da morire. Federica Rogato, la responsabile dell’ufficio stampa del Pescara, riceve mediamente quindici richieste di interviste a settimana, fanno sessanta al mese. “Ma ovviamente non riusciamo a dire di sì a tutti”.
Zeman va dritto e deciso alla riconquista del mondo del pallone che qualche volta è sembrato gli avesse voltato le spalle e ci sta andando con gli argomenti che conosce meglio: giocar bene, fare un gol in più dell’avversario, riempire lo stadio. Il suo Pescara è la squadra più bella che c’è in circolazione, inutile girarci troppo intorno. "L'unica squadra in Europa come il Barcellona ad avere una identità precisa", pure Arrigo Sacchi si è scomodato qualche settimana fa. Vai al botteghino e il biglietto lo compri volentieri tanto lo sai che, comunque, ti diverti: 36 gol segnati (negli ultimi dieci anni di serie B nessun’altra squadra ha segnato tanto, dopo sedici giornate, neppure la super Juventus del 2006/07) e, con i 24 subiti, sono 60 i gol visti finora nelle gare della squadra biancazzurra, una media di 3,75 a partita. Una giostra.
Sabato, contro il Gubbio, è rimasta in dieci dopo una ventina di minuti per l’espulsione di Capuano e nessuno se n’è accorto; alla fine hanno contato 23 tiri verso la porta di Donnarumma. Poi Immobile ha fatto un gol da riempirsi gli occhi e la bocca per giorni interi e la festa è sembrata completa. “Ammettiamolo –ha detto Gigi Simoni- avevano un altro passo”. A fine partita, lui, Zeman, invece, ha parlato con i suoi ragazzi soprattutto delle cose che non gli sono piaciute, dei movimenti sbagliati, delle pause che si sono presi per tirare un po’ il fiato, gli avrà ricordato che il campionato è lungo e bisogna volare bassi ma intanto sulle poltroncine dell’Adriatico quindicimila tifosi impazziti erano ancora tutti lì che saltavano. E che gridavano il suo nome. “Zemàn! Zemàn!” con l’accento sulla A.
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