Un torneo sotto il segno di Ibra e Marchisio. E Guidolin...

Calcio
Francesco Guidolin se la gode dopo avere impartito una lezione all'Inter
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GIORGIO PORRA' analizza la 14.a giornata di Serie A, caratterizzata ancora una volta dai colpi dei due trascinatori di Milan e Juventus. Intanto l'Udinese continua a dare lezioni di gioco mantenendo il profilo basso e l'Inter prosegue la sua involuzione

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di GIORGIO PORRA'

Unico ed esclusivo. Definizione di Conte, che più indovinata non si può. Marchisio è l’Ibra della Juve, la sua crescita esponenziale, in termini di qualità e leadership, proietta l’incursore in cima al podio dei capolavori stagionali del tecnico. Nessuno meglio di Marchisio incarna lo spirito belluino dei bianconeri nuovamente soli in vetta. Nessuno più efficacemente di lui sa interpretare l’ossessiva applicazione pretesa da Conte. Col Cesena ulteriore conferma, il suo gol ha spaccato la partita, imbottito di energia un gruppo addestrato per non temere nulla, neppure l’assenza di Pirlo.

Il messaggio è chiaro: se lassù ci sarà da sgomitare questa è squadra fabbricata per prendere a sportellate destino e concorrenza, per sopravvivere a qualsiasi calamità. Come Del Piero, che non smette di reagire da samurai agli accidenti della sorte. E come il Milan, ormai consapevole della propria superiorità tecnica. Sembra finito il tempo degli irritanti ghirigori, restano solo gli strafalcioni di Robinho a sporcare la costruzione offensiva. Poco male se Ibrahimovic continua a finalizzare con continuità e a spedire i centrocampisti in porta. Sarebbe delittuoso non assecondarne le voglie da fantasista, Seedorf si metta il cuore il pace, allo svedese va concesso di sfarfallare a suo piacimento. In più c’è la blindatura difensiva, il vero salto di qualità riflettendo sulle tremarelle passate. Il rischio? Che le conquiste di Allegri, sempre in attesa di rinnovo, non vengano adeguatamente valutate. Nel dopo Barça spifferi assortiti avevano segnalato lo scarso gradimento berlusconiano per l’atteggiamento della squadra. E dire che proprio in quella circostanza il Milan aveva dimostrato di aver ridimensionato quel deficit di personalità che in precedenza l’aveva spesso penalizzato davanti ai catalani.

Lasciate in pace il manovratore, il Milan vola sulle rotaie giuste. Le stesse sulle quali corre l’Udinese, la cui fortissima identità di gioco autorizza ambizioni sinora mai accarezzate. Prendete la lezione impartita all’Inter nella ripresa, dentro c’era il meglio della filosofia di Guidolin, football elettrico con quei continui rovesciamenti di fronte ad esaltare lo stato di grazia di gente come Isla, Basta, Di Natale. In Friuli tengono il profilo basso, ma il progetto sembra poter reggere anche alla distanza. L’incognita è legata all’anima multietnica di questo laboratorio, se il tecnico saprà tamponare le assenze dei suoi tanti viaggiatori l’Udinese è destinata a combattere sin sotto lo striscione.

Più complicato capire quale potrà essere la missione dell’Inter, la cui inarrestabile involuzione sta spegnendo anche gli ultimi fuochi di ottimismo disperatamente accesi da Ranieri dopo ogni caduta. Con l’Udinese il migliore era stato uno sbarbatello, il valoroso Faraoni, apprezzabile per la buona produzione di cross, la cui uscita a beneficio di Zarate aveva finito per scippare alla squadra anche le residue certezze tattiche in suo possesso. Per il resto solo tenebre, a cominciare dall’impotenza di Milito e Pazzini, con quel grottesco errore dal dischetto dell’ex doriano ad amplificare l’amarezza della tifoseria. Si sprecano i segnali legati alla definitiva chiusura di un ciclo. Continuare ad ignorarli, come è già avvenuto, sarebbe davvero imperdonabile. Occorre impegnarsi seriamente in ottica rifondazione, liberandosi di inutili zavorre, verificando lo spessore dei più giovani. Senza dimenticare di guardarsi alle spalle in campionato.

Al contrario del Napoli che col Lecce ha spremuto il massimo anche dalle seconde linee, il turnover ha finalmente pagato, l’ennesima scommessa vinta da Mazzarri nei giorni più delicati della sua gestione. Col Villareal si gioca tutto, credibilità e futuro. In mano ha carte importanti, con quel Pandev rimesso a nuovo i tenori sono diventati quattro. Semmai, deve evitare di lasciarsi intimorire dalle solite voci non confermate, o qualcuno ha le prove dei milioni che lo sceicco del City avrebbe garantito agli spagnoli?  

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