Quelli che... il calcio nel Dna. Ma non chiamateli Junior

Calcio
Andrea Signorini, figlio dell'indimenticato capitano genoano Gianluca (foto beneventocalciospa.it)
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Figli e nipoti d'arte alle prese con le prime esperienze da professionisti: Andrea Signorini, Gianmarco Zigoni e Filippo Boniperti tra gavetta e sogni di gloria. C'è anche chi sceglie un'altra strada: Andrea Bergomi sulle orme di... Ferrer

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di Matteo Veronese

"Papà, giochiamo a calcio?". E' il sogno di ogni bambino, scendere in cortile a tirare quattro calci al pallone prima di cena. Maximilian e Vincent, di cognome Ibrahimovic, sono costretti agli straordinari per convincere il papà a giocare con loro, come candidamente ammesso dall'asso svedese. Come avere una fortuna in casa ma non poterla spendere. Ad altri invece è stato proprio un parente calciatore a trasmettere la passione per il pallone e, oggi, a 20 anni o giù di lì una manciata di giovani promesse calca i primi palcoscenici importanti seguendo le orme del papà o del nonno e sognando la serie A.

Andrea Signorini (22 anni tra pochi giorni), ad esempio, il suo sogno l'ha accarezzato per qualche minuto in Genoa-Chievo del 17 maggio 2009, quando è sceso in campo con "Milito e Thiago Motta". Nato a Genova e vissuto a Pisa, per il figlio dell'indimenticato Gianluca, capitano del Grifone a cavallo tra la fine degli anni 80 e la prima metà degli anni 90, il primo ricordo da calciatore sono proprio i primi palleggi sul campo del Pisa, guidato in panchina dal papà, al termine degli allenamenti: "Andavo allo stadio a fare il raccattapalle, poi ho iniziato a giocare, per fortuna. Tifo Inter e avevo il poster di Ronaldo in camera e dopo pochi anni ho vissuto emozioni incredibili come l'esordio in Serie A o la vittoria della Coppa Italia Primavera, da capitano, proprio a Marassi. Chiusa l'esperienza con il Genoa mi ha contattato il Benevento, che mi ha voluto fortemente e ha acquistato l'intero cartellino: sono felice di far parte di una società che ha creduto in me. Anche se sono lontano da casa, mia mamma è la mia prima tifosa e appena può mi raggiunge".

Anche le donne di casa Zigoni si devono confrontare con una seconda generazione di calciatori in famiglia: Gianmarco (21), figlio dell'ex Juve, Genoa e Roma Gianfranco, col pallone ha cominciato prestissimo, anche troppo, in casa: “Giocavo con papà in salotto”. Insomma, le classiche cose che le mamme vietano... “Eppure ancora oggi sia lei che mia sorella fanno di tutto per non perdersi una partita, dal vivo o in tv o sul computer. Da mio papà ho preso il ruolo, fare gol è la sensazione più bella che si possa vivere in campo, e la fede bianconera, anche se il mio idolo era Del Piero, ma papà non se l'è mai presa anche se non avevo in camera un suo poster”. Oggi Gianmarco è ad Avellino, in prestito dal Milan: "Ho scelto questa strada per giocarmi le mie carte e per la dirigenza ed il mister, che mi danno fiducia. Il sogno è chiaramente quello di vestire la maglia del Milan". Anche per questo dopo la partita, scatta l'ora di "ripetizioni" con papà.

Per chi pensa che un cognome "importante" possa aiutare una carriera dovrebbe chiedere a Filippo Boniperti (21), nipote della leggenda Giampiero: "Ho iniziato a giocare a 3/4 anni a Torino, anche se mi allenavo, diciamo così, già in casa. Ho rotto di tutto, mia mamma mi faceva sparire il pallone ma lo trovavo sempre”. Un segno, insomma. "Un giorno facciamo un'amichevole con il Torino e prendiamo una scoppola pazzesca. Io però gioco bene e così l'allenatore chiede informazioni, ma dalla società gli dicono che no, proprio non si può fare. Io quasi ci rimango male, poi però sono andato alla Juventus e ho capito il perché di quel rifiuto...". Il bianconero nel Dna, anche se l'idolo di infanzia resta un altro: "Ronaldinho... i giocatori alla Ronaldinho, più che altro, quelli che divertono anche se magari il loro allenatore la pensa diversamente". Oggi Filippo è al Carpi, neopromosso in LegaPro e tuttavia terzo in classifica, in piena zona playoff: "E' una bella conferma e un ambiente ottimo, puntiamo a qualcosa di più della salvezza".


C'è però anche chi, indipendentemente dal "peso" del cognome sulla maglia, ha sviluppato altre passioni: prendete Bergomi, ad esempio. Nonostante il sangue nerazzurro nelle vene c'è chi, come il nonno, ha provato a convertirlo al bianconero della Juventus, eppure Andrea (16) simpatizza Chievo. Simpatizza, perché il calcio non è la sua prima preoccupazione: se gli chiedete per chi tifa, assicura “lo Zio”, risponde Ferrer. Esatto, Ferrer, il tennista. E non si tratta di un errore di battitura, è proprio il numero 2 di Spagna l'idolo del giovane Bergomi, quando solitamente gli appassionati si dividono tra la classe di Federer, la tenacia di Nadal e la simpatia di Djokovic: “Il tennis è la sua passione, l'ha scoperto quasi per caso in montagna a 11 anni e ha iniziato a giocare. E' un 3.1, gioca molto e si allena tutti i giorni, probabilmente non diventerà mai un professionista ma sono sicuro che resterà in quel mondo, magari come allenatore. Lo si capisce da quanto si allena, da come ne parla, dal fatto che non si perda una partita in tv che ha scelto quella strada. E' anche bravo a scuola, potrà andare all'Università se lo vorrà, ma il tennis gli resterà sempre dentro”.

Ecco, magari Vincent e Maximilian eccelleranno in un altro sport, tra pochi anni. Anche perché l'ingombrante papà ha già messo le cose in chiaro: "Ci può essere un solo calciatore in famiglia". Chi se la sente di obiettare?