Fuori di stadio. Quando le trasferte si giocano a casa
CalcioIl Cagliari "deportato" a Trieste contro l'Inter è solo l'ultimo caso. Boca Juniors, Athletic Bilbao, Juventus sono solo alcune delle squadre che hanno scelto o sono state costrette a giocare lontano dalla loro città. Ecco perché. LE FOTO
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Giocare fuori casa, nel calcio, spesso è considerato uno svantaggio. Ma a volte è una necessità. E ai tifosi non resta che adeguarsi, sobbarcandosi impreviste trasferte, a volte lunghissime, per vedere giocare la propria squadra in ‘casa’. Succede, se lo stadio scelto è a chilometri di distanza da quello della propria città. Lo sanno bene i sostenitori del Cagliari, che a causa dei lavori di ristrutturazione dello stadio Sant’Elia, che lo rendono ormai inagibile, dovranno vedersi le ultime partite casalinghe dei rossoblu a Trieste.
Così ha deciso il presidente cagliaritano Massimo Cellino, alle prese anche con una dura querelle con il sindaco del capoluogo sardo sulla cessione al Cagliari del terreno per la costruzione del nuovo stadio di proprietà. Una lunga trasferta di 1109 chilometri, che però non è la più lunga affrontata dalla tifoseria di una squadra italiana. Il record spetta ai supporter bianconeri, che il 5 febbraio del 1996 dovettero percorrere i 1238 chilometri che dividono Torino da Palermo, per vedere la partita di ritorno della finale di Supercoppa Europea tra la Juventus e il Paris Saint-Germain. Il match si disputò al La Favorita per volere della stessa Juve, decisa a raccogliere attorno alla squadra più tifosi bianconeri possibile (e la Sicilia ne è piena), dopo l’1-6 inflitto al Psg all’andata che rischiava di vedere un Delle Alpi quasi deserto.
Ai tifosi della Fiorentina spetta il primato di essere i primi ad aver visto le partite dei viola in casa lontano dalla propria città. Successe nella stagione 1989/90. A causa dei lavori di ristrutturazione del Franchi per i Mondiali di Italia 90, tutte le partite casalinghe di campionato della Fiorentina si giocarono al Curi di Perugia. E per lo stesso motivo, la finale di ritorno di Coppa Uefa contro la Juventus fu decisa nientemeno che al Partenio di Avellino, a 497 chilometri dal Franchi. E dire che in origine la partita si sarebbe dovuta giocare a Montecarlo, dove il conte Pontello, proprietario dei viola, aveva interessi e vari amici.
La trasferta più corta è quella dei tifosi di Roma e Lazio, che sempre nel 1989/90, in attesa dei lavori di rifacimento dell’Olimpico per la Coppa del mondo, si trasferirono nell’altro impianto cittadino del Flaminio. Cambiare casa per giocare non solo una prerogativa dell’Italia. E le ragioni spesso non sono legate a scelte commerciali, ma alla semplice necessità. Come il caso dell’Anorthosis Famagosta, la squadra cipriota che nel 2009-2010 sfidò l’Inter del futuro triplete in Champions League. La compagine dell’isola mediterranea gioca a Larnaca dal 1974, data dell’invasione turca. Larnaca e Famagosta distano più o meno 40 chilometri, ma sembrano molti di più, complice il confine che ci corre in mezzo.
O come le squadre israeliane, non solo di calcio, che giocano le loro partite casalinghe lontano da Israele per ragioni di sicurezza, per esempio nel 2002 quando l’Hapoel Tel Aviv battè nell’andata dei quarti di finale di Coppa Uefa il Milan in una partita giocata a Nicosia. Non solo ragioni di sicurezza ma anche di logistica. Come quando l’Athletic Bilbao, sulla via di diventare campione di Spagna giocò un intero campionato nei primi anni Ottanta a San Sebastian, allo stadio Atocha, la casa dell’arcirivale Real Sociedad. O come il Manchester United che nel secondo dopoguerra fu ospitato dai cugini del City a Elland Road perché il suo stadio, prossimo a diventare "il teatro dei sogni" era stato distrutto dai bombardamenti tedeschi durante la guerra. Ma chi fa, qualche volta ,il viaggio più lungo per giocare è il Boca Juniors. La squadra di Buenos Aires ha giocato qualche turno della Coppa Argentina e molte amichevoli a Salta, città nel nord del Paese che dista più di 1400 chilometri dalla Bombonera, lo stadio che ospita le partite casalinghe della squadra azul y oro.
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Giocare fuori casa, nel calcio, spesso è considerato uno svantaggio. Ma a volte è una necessità. E ai tifosi non resta che adeguarsi, sobbarcandosi impreviste trasferte, a volte lunghissime, per vedere giocare la propria squadra in ‘casa’. Succede, se lo stadio scelto è a chilometri di distanza da quello della propria città. Lo sanno bene i sostenitori del Cagliari, che a causa dei lavori di ristrutturazione dello stadio Sant’Elia, che lo rendono ormai inagibile, dovranno vedersi le ultime partite casalinghe dei rossoblu a Trieste.
Così ha deciso il presidente cagliaritano Massimo Cellino, alle prese anche con una dura querelle con il sindaco del capoluogo sardo sulla cessione al Cagliari del terreno per la costruzione del nuovo stadio di proprietà. Una lunga trasferta di 1109 chilometri, che però non è la più lunga affrontata dalla tifoseria di una squadra italiana. Il record spetta ai supporter bianconeri, che il 5 febbraio del 1996 dovettero percorrere i 1238 chilometri che dividono Torino da Palermo, per vedere la partita di ritorno della finale di Supercoppa Europea tra la Juventus e il Paris Saint-Germain. Il match si disputò al La Favorita per volere della stessa Juve, decisa a raccogliere attorno alla squadra più tifosi bianconeri possibile (e la Sicilia ne è piena), dopo l’1-6 inflitto al Psg all’andata che rischiava di vedere un Delle Alpi quasi deserto.
Ai tifosi della Fiorentina spetta il primato di essere i primi ad aver visto le partite dei viola in casa lontano dalla propria città. Successe nella stagione 1989/90. A causa dei lavori di ristrutturazione del Franchi per i Mondiali di Italia 90, tutte le partite casalinghe di campionato della Fiorentina si giocarono al Curi di Perugia. E per lo stesso motivo, la finale di ritorno di Coppa Uefa contro la Juventus fu decisa nientemeno che al Partenio di Avellino, a 497 chilometri dal Franchi. E dire che in origine la partita si sarebbe dovuta giocare a Montecarlo, dove il conte Pontello, proprietario dei viola, aveva interessi e vari amici.
La trasferta più corta è quella dei tifosi di Roma e Lazio, che sempre nel 1989/90, in attesa dei lavori di rifacimento dell’Olimpico per la Coppa del mondo, si trasferirono nell’altro impianto cittadino del Flaminio. Cambiare casa per giocare non solo una prerogativa dell’Italia. E le ragioni spesso non sono legate a scelte commerciali, ma alla semplice necessità. Come il caso dell’Anorthosis Famagosta, la squadra cipriota che nel 2009-2010 sfidò l’Inter del futuro triplete in Champions League. La compagine dell’isola mediterranea gioca a Larnaca dal 1974, data dell’invasione turca. Larnaca e Famagosta distano più o meno 40 chilometri, ma sembrano molti di più, complice il confine che ci corre in mezzo.
O come le squadre israeliane, non solo di calcio, che giocano le loro partite casalinghe lontano da Israele per ragioni di sicurezza, per esempio nel 2002 quando l’Hapoel Tel Aviv battè nell’andata dei quarti di finale di Coppa Uefa il Milan in una partita giocata a Nicosia. Non solo ragioni di sicurezza ma anche di logistica. Come quando l’Athletic Bilbao, sulla via di diventare campione di Spagna giocò un intero campionato nei primi anni Ottanta a San Sebastian, allo stadio Atocha, la casa dell’arcirivale Real Sociedad. O come il Manchester United che nel secondo dopoguerra fu ospitato dai cugini del City a Elland Road perché il suo stadio, prossimo a diventare "il teatro dei sogni" era stato distrutto dai bombardamenti tedeschi durante la guerra. Ma chi fa, qualche volta ,il viaggio più lungo per giocare è il Boca Juniors. La squadra di Buenos Aires ha giocato qualche turno della Coppa Argentina e molte amichevoli a Salta, città nel nord del Paese che dista più di 1400 chilometri dalla Bombonera, lo stadio che ospita le partite casalinghe della squadra azul y oro.