Allegri, l'articolo 18 e le "giuste cause" di Berlusconi

Calcio
Max e Silvio, il giorno della presentazione del nuovo allenatore rossonero
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1° Maggio ma c'è poco da festeggiare per l'allenatore rossonero, che rischia il licenziamento se il Milan non dovesse vincere lo scudetto. E' veramente tutta colpa sua? Ecco quali sono stati i suoi errori e quelli della società

di Vanni Spinella

Il destino in un numero: il 18, nel caso di Massimiliano Allegri. Dallo scudetto numero 18 (vinto un anno fa, appena arrivato al Milan) all’articolo 18, quello caro ai lavoratori, che dovrebbe regolare la legittimità o meno del licenziamento. La domanda è semplice: se ad Allegri, quest'anno, dovesse sfuggire il titolo, il suo datore di lavoro avrebbe le ragioni di licenziarlo “per giusta causa”? E a cosa potrebbe appigliarsi l’allenatore? Qual è il confine tra gli errori del tecnico e le responsabilità della società? Insomma: è veramente tutta colpa di Allegri?

Licenziamento “per giusta causa”

1 – La rinuncia a Pirlo. Senza dubbio, l’errore principale che si può imputare all’allenatore del Milan. La società, certo, l’ha appoggiato, non proponendo al miglior regista del mondo un rinnovo adeguato, ma dietro a una rinuncia tanto sconsiderata c’è la convinzione di Allegri di poter fare a meno della fantasia, in quella zona del campo, preferendole i muscoli di Van Bommel.
Un errore di valutazione che si è rivelato fin da subito un doppio danno carpiato: non solo il Milan ne è uscito indebolito, ma è andato a rafforzare una concorrente diretta. O meglio: “la” concorrente diretta. Da voto 0 in “arte della guerra”.

2 – Ibra-dipendenza. Lo svedese è una piacevole droga che ha procurato assuefazione in tanti allenatori (in tutti tranne Guardiola: troppo per bene anche in questo). Anche dell’Inter di Mancini e di Mourinho si diceva fossero Ibra-dipendenti. Debolezza che, finché vinci, viene anche perdonata.
Adesso che però si profila la prima stagione senza scudetto anche per Zlatan, le accuse sulla mancanza di alternative al “solito gioco” (palla a Ibra e si vedrà) tornano di attualità.

3 – Senza carattere. Ci ha provato, Allegri, a imitare il collega Conte: non è la stessa cosa. Il carisma non te lo inventi da un giorno all’altro. Se l’allenatore della Juventus ha creato un gruppo che lotta fin dalla prima giornata con il coltello tra i denti, lo stesso non si può dire di Allegri. Il suo Milan si è dimostrato spesso fragile e impaurito, quando era necessario fornire prove di forza.
Non consideriamo nemmeno il crollo mentale nella partita di ritorno contro l’Arsenal (ininfluente ai fini del risultato), limitiamoci alle recenti partite contro Fiorentina e Bologna: punti pesantissimi, gettati al vento.

4 – Sempre i soliti. Mentre Conte continua a cambiare modulo e uomini in campo, ottenendo il massimo da chi, di volta in volta, viene gettato nella mischia (prima Pepe, poi Matri, Del Piero con la Lazio; e ultimamente sono rinati persino Vucinic e Borriello), Allegri non sembra voler fare affidamento sulla panchina.
Persi Cassano e Pato si è rivolto quasi esclusivamente a Robinho. Eppure, quando aveva dato fiducia a Maxi Lopez e a El Shaarawy, gli avevano ribaltato la partita di Udine con un gol a testa.


Licenziamento da impugnare:

1 - L’affare Tevez. Che colpa può avere Allegri se, con Tevez a un passo dal Milan e il pacco contenente un Pato semi-rotto già verso Parigi, Berlusconi ha alzato il telefono per bloccare l’affare? Oggi Tevez è risorto, mentre sul Papero aleggia un grosso punto interrogativo: inutile sottolineare quanto sarebbe stato utile l’argentino in questo finale di campionato. Errore sul quale il datore di lavoro ha da riflettere.

2 – Il gol di Muntari. Anche le faccende arbitrali esulano dalle competenze di Allegri. Lui continua a ripetere come un mantra che “il gol di Muntari si rivelerà decisivo”, quasi a voler esorcizzare. Per adesso, ha ragione.

3 – Gli infortuni. L’infermeria sempre piena (a differenza di quella di Conte, quasi mai visitata dai giocatori bianconeri) è un altro alibi al quale Allegri potrà appigliarsi il giorno in cui ci sarà da discutere sul rinnovo del contratto di lavoro.
Infortuni, e che infortuni: per qualità (dei giocatori), quantità e persino tipologia. In un solo anno dover fronteggiare la disfunzione cardiaca di Cassano e la misteriosa fragilità di Pato è già una bella sfortuna. A cui vanno aggiunte le continue ricadute di Boateng e Nesta e lo stop, determinante, di Thiago Silva.

4 – Sempre i soliti/bis. L’anno scorso si inventò Boateng trequartista. Quest’anno ha tirato fuori dal cilindro Nocerino (idea di Galliani, ma bravo Allegri a valorizzarlo). Per il resto, i nomi che circolano sono sempre gli stessi: Ambrosini, Gattuso, Nesta, Seedorf (Inzaghi non lo consideriamo neanche, come fa Allegri) più gli altri “vecchietti” Van Bommel, Yepes e Zambrotta.
La squadra è sicuramente da svecchiare: altrimenti è ovvio che se ti trovi a dover sprintare contro i ragazzi di Conte, l’esperienza non basta.