Ma che bella Ventura assieme al "vecchietto" Zeman
CalcioB COME BARONE . E’ giusto che alla fine siano arrivati loro, insieme, in serie A. I due “vecchietti” della serie Bwin (solo Perotti li supera per età), due maestri della panchina, due innovatori. Tutti in piedi, battiamogli le mani
di DANIELE BARONE
E’ giusto così. E’ giusto che alla fine siano arrivati loro, insieme. Ventura e Zeman, i due “vecchietti” della serie Bwin (solo Perotti li supera per età), due maestri della panchina, due innovatori e, per questa volta, anche due ricostruttori. Di storie di calcio e storie di emozioni
Ventura aveva salutato poco più di un anno fa, a Bari. Quella bella storia era finita male, le urla della gente, la squadra che scivolava verso la B (e oggi scopriamo non solo per limiti tecnici...), la stessa gente e, più o meno, la stessa squadra che lui aveva portato vicino alle stelle nel campionato prima, con un calcio da stropicciarsi gli occhi, con il record di punti in serie A. Ascesa e caduta. Rovinosa.
Cairo lo ha voluto, gli ha consegnato una fede e una missione: il Toro, il Toro che deve tornare in A. E poi i tifosi, tanti, appassionati, esigenti, arrabbiati, delusi. Il presidente glieli ha messi tra le mani. Una minaccia? No, una forza. Una forza unica con la squadra. Domenica sera saltavano tutti insieme, a migliaia per le strade di Torino, lui, Ventura, e i suoi ragazzi sul pullman. Missione compiuta. Con la difesa migliore del campionato, con una continuità di ferro, con quella voglia finalmente ben canalizzata per tornare lí dove la storia del Torino reclamava da tre anni si tornasse.
A Pescara non avevano le stesse aspettative. Di Francesco aveva fatto un buon lavoro, sfiorando i play off ma c'era una squadra da rifare e una dirigenza da pacificare, spesso avvitata dentro le sue dispute intestine. Poi un'intuizione: Zeman. Fascino assoluto, carisma senza discussioni ma pure incognita, i suoi ultimi campionati non erano stati esattamente un capolavoro. Ci è riuscito a Pescara, con una banda di ragazzini scatenati, con il calcio più divertente d'Italia, con la febbre di tutta una città. Tutti pazzi per il boemo, oggi. Ventuno anni dopo la promozione del Foggia, quando nacque il mito di Zemanlandia (e diciannove anni dopo l'ultima arrampicata del Pescara) è riuscito a trovare le chiavi per un clamoroso riscatto, suo e della squadra alla quale ha regalato la sua sapienza. Le lacrime di Genova, il pensiero e il ricordo di Franco Mancini, hanno poi sciolto i caratteri dell'ultima maschera: Zdenek uomo vero, allenatore unico. Come ha scritto Totti, come ha riconosciuto Prandelli.
Se ne tornano in A, Ventura e Zeman. Tutti in piedi, battiamogli le mani.
E’ giusto così. E’ giusto che alla fine siano arrivati loro, insieme. Ventura e Zeman, i due “vecchietti” della serie Bwin (solo Perotti li supera per età), due maestri della panchina, due innovatori e, per questa volta, anche due ricostruttori. Di storie di calcio e storie di emozioni
Ventura aveva salutato poco più di un anno fa, a Bari. Quella bella storia era finita male, le urla della gente, la squadra che scivolava verso la B (e oggi scopriamo non solo per limiti tecnici...), la stessa gente e, più o meno, la stessa squadra che lui aveva portato vicino alle stelle nel campionato prima, con un calcio da stropicciarsi gli occhi, con il record di punti in serie A. Ascesa e caduta. Rovinosa.
Cairo lo ha voluto, gli ha consegnato una fede e una missione: il Toro, il Toro che deve tornare in A. E poi i tifosi, tanti, appassionati, esigenti, arrabbiati, delusi. Il presidente glieli ha messi tra le mani. Una minaccia? No, una forza. Una forza unica con la squadra. Domenica sera saltavano tutti insieme, a migliaia per le strade di Torino, lui, Ventura, e i suoi ragazzi sul pullman. Missione compiuta. Con la difesa migliore del campionato, con una continuità di ferro, con quella voglia finalmente ben canalizzata per tornare lí dove la storia del Torino reclamava da tre anni si tornasse.
A Pescara non avevano le stesse aspettative. Di Francesco aveva fatto un buon lavoro, sfiorando i play off ma c'era una squadra da rifare e una dirigenza da pacificare, spesso avvitata dentro le sue dispute intestine. Poi un'intuizione: Zeman. Fascino assoluto, carisma senza discussioni ma pure incognita, i suoi ultimi campionati non erano stati esattamente un capolavoro. Ci è riuscito a Pescara, con una banda di ragazzini scatenati, con il calcio più divertente d'Italia, con la febbre di tutta una città. Tutti pazzi per il boemo, oggi. Ventuno anni dopo la promozione del Foggia, quando nacque il mito di Zemanlandia (e diciannove anni dopo l'ultima arrampicata del Pescara) è riuscito a trovare le chiavi per un clamoroso riscatto, suo e della squadra alla quale ha regalato la sua sapienza. Le lacrime di Genova, il pensiero e il ricordo di Franco Mancini, hanno poi sciolto i caratteri dell'ultima maschera: Zdenek uomo vero, allenatore unico. Come ha scritto Totti, come ha riconosciuto Prandelli.
Se ne tornano in A, Ventura e Zeman. Tutti in piedi, battiamogli le mani.