Senza capo né coda? Se al Milan manca la "spina dorsale"
CalcioAnalisi delle "spine dorsali" che in passato hanno fatto grande il club rossonero, da Baresi-Rijkaard-van Basten a Thiago Silva-Boateng-Ibrahimovic. Il Milan di oggi, invece, alla ricerca di un'identità, non ne ha ancora una
di Vanni Spinella
"Una squadra senza capo nè coda", un Milan che torna da Malaga "con le ossa rotte".
Stai a vedere che la soluzione sta proprio nei modi di dire, nelle metafore e nel linguaggio semplice dei tifosi. Sì, perché il vero problema di questo Milan sembra essere proprio quello dell'ossatura, la famosa "spina dorsale" sulla quale si costruiscono grandi squadre e si aprono cicli vincenti, e che ai rossoneri di quest'anno manca completamente.
Un'analisi delle "catene verticali" che hanno regalato lo scudetto al Milan può aiutare a far luce sulla crisi. Il confronto è impietoso, ce ne rendiamo conto, ma necessario.
1987-88 - all. Arrigo Sacchi
spina dorsale: Galli – Baresi – Ancelotti – van Basten
Arriva l’Arrigo, e impiega un’estate a rivoltare il Milan – e con lui tutto il calcio italiano – come un calzino. Inizia dalle fondamenta, costruendo la squadra sulla difesa a zona, con i 4 in linea che fanno magistralmente il fuorigioco appena Baresi alza il braccio. Blindata la porta di Galli, non resta che chiedere all’attaccante più forte del mondo di fare ciò che sa fare meglio: i gol. In mezzo al campo, a dirigere i lavori, Sacchi mette il suo pupillo Ancelotti, al quale trasferirà tutta la sua scienza calcistica. Se la spina dorsale è di livello mondiale, le “costole” non sono da meno. Si chiamano Maldini, Tassotti, Donadoni, Gullit. E Virdis, capocannoniere di quel Milan.
1991-92 - all. Fabio Capello
spina dorsale: Rossi – Baresi – Rijkaard – van Basten
E’ il Milan che chiude la stagione imbattuto: è cambiato il portiere, non l’abitudine a subire pochi gol. Anche perché la difesa è rimasta praticamente la stessa, con Costacurta che è andato a rimpiazzare definitivamente Filippo Galli. Rijkaard, già protagonista dal secondo anno di Sacchi in poi, è ormai il perno di una squadra che segna tantissimo: 74 gol in 34 partite, van Basten capocannoniere del torneo con 25 reti.
1992-93 e 1993-94 - all. Fabio Capello
spina dorsale: Rossi – Baresi – Albertini/Desailly – Massaro
Altri due scudetti, nonostante la sfortuna si accanisca sulla caviglia di van Basten. Capello trova subito il rimedio, affidando il compito di segnare a Massaro, più volte “uomo della Provvidenza”. Le geometrie di Albertini mettono ordine a centrocampo, ma è soprattutto in difesa che il Milan vince gli scudetti.
La stagione 1993-94, con la diga Desailly, si chiude con appena 15 reti incassate.
1995-96 - all. Fabio Capello
spina dorsale: Rossi – Baresi – Desailly – Weah
Capello si congeda dal Milan (destinazione Real Madrid) con un altro scudetto. L’ossatura è sempre la stessa, solidissima, e dunque in grado di supportare creativi come Roberto Baggio o Savicevic. In più, il Milan ha trovato un nuovo fuoriclasse in grado di fare la differenza davanti: George Weah.
1998-99 - all. Alberto Zaccheroni
spina dorsale: Abbiati – Maldini – Albertini – (Boban) – Bierhoff
La rivoluzione zaccheroniana regala ai tifosi rossoneri uno scudetto quasi inaspettato e dunque ancor più gustoso. Privato della superdifesa che ha segnato un’epoca, Zac costruisce il suo Milan partendo dall’attaccante. Chiede Bierhoff, che ha già saputo esaltare nell’Udinese, e attorno al tedesco modella un 3-4-3 che fa storcere il naso a qualcuno, ma che funziona, beffando la fortissima Lazio di Eriksson.
I 19 gol di Bierhoff gli danno ragione, la fortuna fa il resto. Abbiati ruba il posto a “kung-fu” Rossi e non glielo restituisce più, risultando determinante nel finale di campionato; Leonardo, Weah, Ganz e Guly recitano la loro parte, facendo dimenticare a tutti che dietro Sala è spesso e volentieri titolare.
Berlusconi ci mette del suo imponendo l’aggiunta di una nuova vertebra, e con Boban dietro le punte il Milan svolta.
2003-2004 - all. Carlo Ancelotti
spina dorsale: Dida – Nesta – Pirlo – Kakà – Shevchenko
Kakà sconvolge i piani del Milan: rivelatosi più forte di quanto si potesse immaginare (tanto da fare le scarpe a Rui Costa), Ancelotti deve inventarsi qualcosa. Mette Pirlo davanti alla difesa, a fare il playmaker. Pirlo davanti alla difesa è l’equivalente calcistico della mela di Newton o della vasca di Archimede. Un esperimento che cambia il volto del Milan e, a cascata, la storia del calcio italiano (vedi ripercussioni positive sulla Nazionale di Lippi e sulla Juventus di Conte). Pirlo fa girare la squadra, la illumina, detta i tempi e protegge la retroguardia. Kakà strappa le difese a suon di accelerazioni, Sheva fa i gol.
2010-2011 - all. Massimiliano Allegri
spina dorsale: Abbiati – Thiago Silva – Boateng – Ibrahimovic
Palla lunga, e ci pensa Ibra. Ma non solo. Ancora una volta è una trovata geniale a cambiare le sorti del campionato. La mezzala Boateng si rivela il trequartista atipico, tutto forza e inserimenti, che si sposa al meglio con il gioco di Zlatan. Attorno allo svedese, tutti diventano più forti. Dietro, poi, non c’è da preoccuparsi: Thiago Silva è il miglior difensore del mondo perché non concede nulla, ma ha anche il piede per impostare l’azione.
2012-2013 - all. Massimiliano Allegri
spina dorsale: Abbiati – Bonera? – Montolivo? – El Shaarawy/Pazzini?
Per la prima volta dopo anni, il Milan si ritrova senza spina dorsale. In difesa Allegri ha provato tutte le combinazioni possibili con i 5 centrali a disposizione (Acerbi, Bonera, Mexes, Yepes, Zapata), senza eleggere una coppia “titolare”, che prenda fiducia con il tempo e che ne dia al resto della squadra. Stessa storia a centrocampo, dove la partenza di van Bommel e i continui cambi di modulo non rendono possibile determinare chi sia il perno del gioco. Stando alle presenze, dovrebbe essere Montolivo.
Regna il caos anche in attacco. I gol di El Shaarawy l’hanno reso indispensabile, anche se il riferimento centrale, nei piani di Allegri, è stato spesso Pazzini. Attorno svolazzano Bojan, Pato, Robinho: e, onestamente, al momento nessuno di loro sembra in grado di caricarsi il peso dell’attacco sulle spalle.
"Una squadra senza capo nè coda", un Milan che torna da Malaga "con le ossa rotte".
Stai a vedere che la soluzione sta proprio nei modi di dire, nelle metafore e nel linguaggio semplice dei tifosi. Sì, perché il vero problema di questo Milan sembra essere proprio quello dell'ossatura, la famosa "spina dorsale" sulla quale si costruiscono grandi squadre e si aprono cicli vincenti, e che ai rossoneri di quest'anno manca completamente.
Un'analisi delle "catene verticali" che hanno regalato lo scudetto al Milan può aiutare a far luce sulla crisi. Il confronto è impietoso, ce ne rendiamo conto, ma necessario.
1987-88 - all. Arrigo Sacchi
spina dorsale: Galli – Baresi – Ancelotti – van Basten
Arriva l’Arrigo, e impiega un’estate a rivoltare il Milan – e con lui tutto il calcio italiano – come un calzino. Inizia dalle fondamenta, costruendo la squadra sulla difesa a zona, con i 4 in linea che fanno magistralmente il fuorigioco appena Baresi alza il braccio. Blindata la porta di Galli, non resta che chiedere all’attaccante più forte del mondo di fare ciò che sa fare meglio: i gol. In mezzo al campo, a dirigere i lavori, Sacchi mette il suo pupillo Ancelotti, al quale trasferirà tutta la sua scienza calcistica. Se la spina dorsale è di livello mondiale, le “costole” non sono da meno. Si chiamano Maldini, Tassotti, Donadoni, Gullit. E Virdis, capocannoniere di quel Milan.
1991-92 - all. Fabio Capello
spina dorsale: Rossi – Baresi – Rijkaard – van Basten
E’ il Milan che chiude la stagione imbattuto: è cambiato il portiere, non l’abitudine a subire pochi gol. Anche perché la difesa è rimasta praticamente la stessa, con Costacurta che è andato a rimpiazzare definitivamente Filippo Galli. Rijkaard, già protagonista dal secondo anno di Sacchi in poi, è ormai il perno di una squadra che segna tantissimo: 74 gol in 34 partite, van Basten capocannoniere del torneo con 25 reti.
1992-93 e 1993-94 - all. Fabio Capello
spina dorsale: Rossi – Baresi – Albertini/Desailly – Massaro
Altri due scudetti, nonostante la sfortuna si accanisca sulla caviglia di van Basten. Capello trova subito il rimedio, affidando il compito di segnare a Massaro, più volte “uomo della Provvidenza”. Le geometrie di Albertini mettono ordine a centrocampo, ma è soprattutto in difesa che il Milan vince gli scudetti.
La stagione 1993-94, con la diga Desailly, si chiude con appena 15 reti incassate.
1995-96 - all. Fabio Capello
spina dorsale: Rossi – Baresi – Desailly – Weah
Capello si congeda dal Milan (destinazione Real Madrid) con un altro scudetto. L’ossatura è sempre la stessa, solidissima, e dunque in grado di supportare creativi come Roberto Baggio o Savicevic. In più, il Milan ha trovato un nuovo fuoriclasse in grado di fare la differenza davanti: George Weah.
1998-99 - all. Alberto Zaccheroni
spina dorsale: Abbiati – Maldini – Albertini – (Boban) – Bierhoff
La rivoluzione zaccheroniana regala ai tifosi rossoneri uno scudetto quasi inaspettato e dunque ancor più gustoso. Privato della superdifesa che ha segnato un’epoca, Zac costruisce il suo Milan partendo dall’attaccante. Chiede Bierhoff, che ha già saputo esaltare nell’Udinese, e attorno al tedesco modella un 3-4-3 che fa storcere il naso a qualcuno, ma che funziona, beffando la fortissima Lazio di Eriksson.
I 19 gol di Bierhoff gli danno ragione, la fortuna fa il resto. Abbiati ruba il posto a “kung-fu” Rossi e non glielo restituisce più, risultando determinante nel finale di campionato; Leonardo, Weah, Ganz e Guly recitano la loro parte, facendo dimenticare a tutti che dietro Sala è spesso e volentieri titolare.
Berlusconi ci mette del suo imponendo l’aggiunta di una nuova vertebra, e con Boban dietro le punte il Milan svolta.
2003-2004 - all. Carlo Ancelotti
spina dorsale: Dida – Nesta – Pirlo – Kakà – Shevchenko
Kakà sconvolge i piani del Milan: rivelatosi più forte di quanto si potesse immaginare (tanto da fare le scarpe a Rui Costa), Ancelotti deve inventarsi qualcosa. Mette Pirlo davanti alla difesa, a fare il playmaker. Pirlo davanti alla difesa è l’equivalente calcistico della mela di Newton o della vasca di Archimede. Un esperimento che cambia il volto del Milan e, a cascata, la storia del calcio italiano (vedi ripercussioni positive sulla Nazionale di Lippi e sulla Juventus di Conte). Pirlo fa girare la squadra, la illumina, detta i tempi e protegge la retroguardia. Kakà strappa le difese a suon di accelerazioni, Sheva fa i gol.
2010-2011 - all. Massimiliano Allegri
spina dorsale: Abbiati – Thiago Silva – Boateng – Ibrahimovic
Palla lunga, e ci pensa Ibra. Ma non solo. Ancora una volta è una trovata geniale a cambiare le sorti del campionato. La mezzala Boateng si rivela il trequartista atipico, tutto forza e inserimenti, che si sposa al meglio con il gioco di Zlatan. Attorno allo svedese, tutti diventano più forti. Dietro, poi, non c’è da preoccuparsi: Thiago Silva è il miglior difensore del mondo perché non concede nulla, ma ha anche il piede per impostare l’azione.
2012-2013 - all. Massimiliano Allegri
spina dorsale: Abbiati – Bonera? – Montolivo? – El Shaarawy/Pazzini?
Per la prima volta dopo anni, il Milan si ritrova senza spina dorsale. In difesa Allegri ha provato tutte le combinazioni possibili con i 5 centrali a disposizione (Acerbi, Bonera, Mexes, Yepes, Zapata), senza eleggere una coppia “titolare”, che prenda fiducia con il tempo e che ne dia al resto della squadra. Stessa storia a centrocampo, dove la partenza di van Bommel e i continui cambi di modulo non rendono possibile determinare chi sia il perno del gioco. Stando alle presenze, dovrebbe essere Montolivo.
Regna il caos anche in attacco. I gol di El Shaarawy l’hanno reso indispensabile, anche se il riferimento centrale, nei piani di Allegri, è stato spesso Pazzini. Attorno svolazzano Bojan, Pato, Robinho: e, onestamente, al momento nessuno di loro sembra in grado di caricarsi il peso dell’attacco sulle spalle.