Il derby di Bruno: "Il cuore dice Toro, ma la ragione Juve"

Calcio
Pasquale Bruno ha esordito in Serie A con il Como il 16 settembre 1984 contro la Juventus
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L'INTERVISTA. L'ex difensore, che ha giocato in entrambe le squadre, racconta le sue stracittadine sotto la Mole. Da un gol di Ian Rush alle otto giornate di squalifica per il tentativo di aggressione a Ceccarini.

di Roberto Brambilla

Tredici derby. Equamente divisi o quasi tra Juventus e Torino. Questi sono i numeri del rapporto tra Pasquale Bruno e il derby della Mole. Ora, a 50 anni compiuti, il difensore di San Donato di Lecce fa il procuratore e non è più 'O Animale (truce soprannome affibbiatogli dal compagno Roberto Tricella e che lui non ama) ma racconta volentieri le sue battaglie tra il Comunale e il Delle Alpi.

Tre anni in bianconero, tre anni in granata. Una parte di carriera divisa a metà tra le due sponde del Po. Sabato sera per chi tiferà Pasquale Bruno?
"(Ride) Tutti sanno che il mio cuore è granata. Tiferò Toro, ma non smetterò mai di ringraziare la Juventus perché mi ha consentito di giocare in uno dei club più importanti del mondo"

Facciamo un salto indietro.
Estate 1987, Rino Marchesi suo ex allenatore al Como la vuole in bianconero. Se lo ricorda il suo primo derby?
"A dir la verità non mi ricordo se vincemmo o perdemmo (2-0 per Il Toro, ndr). Ho in mente solo il Comunale, uno stadio pieno e caldissimo, un'atmosfera bellissima. In compenso mi ricordo uno dei derby successivi".

Perché?
"Per una cosa che capitò a Ian Rush (grande amico di Bruno a cui il gallese ha dedicato un capitolo della sua biografia, ndr). Era il venerdì precedente al derby (il 1° maggio 1988). Normalmente si usciva insieme ma quella settimana Ian non mi chiamò. La sera di domenica, dopo la partita, in cui Rush segnò il gol decisivo a pochi minuti dalla fine, scoprii il perché. Alcuni nostri amici, granata, avevano portato fuori Ian per provare a fiaccarlo... Ma evidentemente non era servito. Quando lo scoprii scoppiai a ridere".

Tre stagioni da colonna della Juve, poi il passaggio al Toro nell'estate 1990...
"Era arrivato Maifredi e, con lui, due difensori: Luppi e De Marchi. Io mi ero innamorato del Toro quando amici granata mi portarono a vedere il raduno granata. Tanta gente, tanto entusiasmo. Mi voleva Emiliano Mondonico. Chiesi a Boniperti di essere ceduto . Prima tentennò, preferiva non andassi dai cugini, alla fine accettò".

Nuova squadra, nuovo pubblico, ma soprattutto una nuova maniera di vivere il derby...
"Non molto diverso. Alla Juventus ci si teneva comunque molto al derby. Boniperti non amava giocare contro il Toro. Un giorno, dopo 5 scontri in un mese tra Coppa Italia, campionato e spareggio per l'accesso Uefa arrivò a Villar Perosa e ci disse: quelli del Toro non li voglio più vedere. Per il Torino e i suoi tifosi invece è soprattutto un'occasione per battere la Juve e stargli davanti, almeno per una partita".

In granata lei visse tre stagioni meravigliose con una finale di Coppa Uefa persa. Il derby che ricorda con più piacere?
"Quello del 5 maggio 1992. Due a zero per il Toro con doppietta di Walter Casagrande. Eravamo di ritorno dall'andata di Coppa Uefa contro il Real Madrid, giocammo benissimo, li dominammo e battendoli li allontanammo dallo scudetto, vinto dal Milan".

Da difensore del Toro le toccò marcare tra gli altri Vialli, Casiraghi, Schillaci, Baggio. Chi la mise più in difficoltà?
"Senza dubbio Casiraghi. Era un bravo attaccante che le prendeva e le dava. Non era facile da addomesticare...".

Come quel 17 novembre 1991 quando venne espulso all'11' e si prese otto giornate di squalifica (ridotte poi ai cinque) per aver provato ad aggredire l'arbitro...
"Sono ancora convinto che le due ammonizioni di Ceccarini non stiano né il cielo né in terra. Anzi ringrazio ancora Lentini e gli altri che mi trattennero. Mi diede fastidio quando mi accusarono di avere fatto una sceneggiata. Ma secondo lei facevo una scena così davanti a 70mila spettatori?".

Torniamo al presente e al derby. Ci sarà qualche suo "erede" in campo allo Juventus Stadium?
"La grande scuola dei difensori italiana non c'è più. Tra quelli che mi somigliano un po' c'è Giorgio Chiellini, è duro, irruento".

Chi vince?
"Il cuore è granata, ma la ragione dice Juventus. Il modo di giocare della squadra di Conte (di cui Bruno è conterraneo e amico, ndr) è quello che  piace a me. Fisico, corsa, carattere. Il Toro gioca bene, ma per battere la Juve serve un Torino furente".