Lazio-Inter è Klose-Milito: sfida tra bomber con i numeri

Calcio
Milito ripiega su Klose: entrambi gli attaccanti sanno aiutare la squadra, quando serve
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Miro contro il Principe: terminali unici, grandi finalizzatori che vivono per il gol. Ecco perché il big-match di questa sera passa soprattutto dai loro piedi

Due così, li vorrebbero tutti. Peccato che insieme, probabilmente, non potrebbero mai stare. Terminali unici, spietati, un solo obiettivo nella vita: il gol.
Miro Klose e Diego Milito sono diversissimi tra loro, eppure così uguali. Bomber di razza ai quali le loro squadre hanno sempre chiesto di finalizzare, nonostante entrambi sappiano partecipare egregiamente alla manovra, quando ce n’è bisogno. Si sacrificano, tengono palla nel momento del bisogno, ma poi sono sempre presenti nel cuore dell’area, quando conta.
Lo dimostrano i loro numeri. E Lazio-Inter passa soprattutto dai loro piedi.

Klose. Miroslav Klose ha 34 anni ma non passa di moda. Neanche con il nuovo corso Petkovic. L’allenatore nato a Sarajevo ha sempre parlato in termini lusinghieri del giocatore di Opole e quando Miro è stato in condizioni ottimale il posto in squadra gliel’ha sempre garantito. E i numeri fino ad ora gli hanno dato ragione. Quindici presenze in questa stagione di Serie A e 9 gol (0,6 gol a partita) e una Lazio che senza il bomber ex Bayern Monaco ha faticato.
Nelle ultime tre partite con Miro non in campo dall’inizio o assente ha raccolto solo un punto. Le ragioni? Grandissima tecnica, senso del gol non lo si scopre ora, ma anche la capacità di far salire la squadra e dialogare con i centrocampisti che negli schemi di Petkovic si inseriscono spesso fanno del “ragazzo” del 1978 un elemento indispensabile per la Lazio che va ad affrontare l’Inter.

Milito. Il Principe, a Milano, non si discute. Nonostante i suoi alti e bassi, che lo portano a eclissarsi per qualche giornata per poi rispuntare quando la posta in palio è alta. Otto gol in 16 gare, in questa stagione, sono un ottimo bottino, la partenza ideale per cercare di riavvicinarsi ai 24 dello scorso campionato.
Figuratevi se poi alle spalle si trova uno come Guarin: vedere la palla che il colombiano gli ha servito contro il Napoli o la botta con cui ha propiziato il gol alla Juve. Erano due partite decisive. Per fare “una prova” manca solo il terzo indizio.