Meno punte, più gol: l'evoluzione tattica della specie Juve

Calcio
9 gol in campionato per Vidal, centrocampista più prolifico della Serie A e capocannoniere bianconero insieme a Vucinic (Foto Getty)
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Quando Conte arrivò a Torino era considerato un integralista del 4-2-4. Sistema poi abbandonato in un darwinismo che ha visto progressivamente diminuire il numero di attaccanti da 4 a uno soltanto. Perché i top player il tecnico li ha a centrocampo

di Lorenzo Longhi

Lo dipinsero come un integralista, lo specialista di un solo sistema tattico: 4-2-4, questo il dogma, e chi c'è vi si deve adeguare. Questo, quando arrivò sulla panchina della Juventus, era il ritratto tattico-mediatico di Antonio Conte. Perché così aveva giocato ad Arezzo, così aveva vinto a Bari e Siena, così aveva tentato di imporsi - senza riuscirci e scontrandosi pesantemente con l'allora idolo locale Doni - a Bergamo: difesa a 4 abile nel palleggio, terzini che verticalizzano, centrocampisti di sostanza con rari compiti di impostazione, nessun uomo fra le linee, due esterni altissimi in fase di possesso (i vari Kamata, Sestu e Guberti hanno vissuto stagioni memorabili con Conte) e due punte centrali.

Nella Juventus, tuttavia, questo sistema di gioco si è visto solamente agli albori dell'esperienza bianconera del tecnico salentino. Anche perché, a differenza di quanto accaduto in altri contesti, Conte si è trovato in rosa giocatori di altissimo livello i quali, piuttosto che essere costretti ad adattarsi ad un rigore tattico magari non nelle loro corde, meritavano di essere messi nelle condizioni tattiche per rendere al meglio ed esaltare, così, l'intero meccanismo della squadra. Emblematico il caso di Pirlo: nell'estate del suo arrivo a Torino, gran parte degli addetti ai lavori vaticinò l'impossibilità della coesistenza dell'ex rossonero con Marchisio, negli schemi di Conte. Frasi che, lette ora, strappano più di un sorriso.

Conte ci ha messo pochi mesi, ad esempio, a rivedere la sua idea di difesa. Posto che, fondamentalmente, anche in precedenza aveva prediletto centrali capaci di impostare, nella Juventus della scorsa stagione è passato rapidamente dalla difesa a 4 ai tre centrali (Bonucci, Barzagli e Chiellini), sistema questo che ha liberato ancora maggiormente Pirlo e reso pericolosi gli esterni difensivi, soprattutto un Lichtsteiner spesso minaccioso negli inserimenti.

L'attacco, poi, è il reparto che più esplicita il darwinismo tattico della Juventus di Conte e, nel contempo, racconta come non sia il numero delle punte a rendere più offensiva una squadra. Dal primo 4-2-4 (Juventus-Parma 4-1, agosto 2011) al successivo 4-3-3 (che rilanciò Pepe), sino al più utilizzato 3-5-2 per finire al 3-5-1-1 odierno, dovuto all'esplosione di Pogba e alla necessità di far giocare i migliori. E i migliori, i top player, la Juventus li ha a centrocampo, non in attacco: Pirlo, Marchisio, Vidal e appunto Pogba sarebbero titolari ovunque, non solo in Italia ma fors'anche in gran parte dei più forti club europei, ecco perché Conte ha scelto di non lasciare nessuno in panchina.

I numeri gli danno ragione: il secondo scudetto consecutivo è alle porte, in Europa i bianconeri in fondo si sono arresi solo al Bayern e i numeri (miglior difesa la scorsa stagione e oggi, 68 reti fatte nel 2011-12 e 66 oggi, a quattro giornate dal termine) certificano la bontà di questa evoluzione, soprattutto se si considera la percentuale - oltre che il peso - dei gol che arrivano dal centrocampo. E paradossalmente la Juventus attuale, con il solo Vucinic davanti, è ben più offensiva rispetto alla versione con 4 punte.