Milan, Squinzi conferma Allegri: "Ma Silvio si lamenta..."

Calcio
Milanista anche nell'iPhone: Giorgio Squinzi alla Scuola di giornalismo "Walter Tobagi" di Milano (foto di Eliano Rossi)
squinzi_master_giornalismo_milano

L'INCONTRO. Milanista doc e patron del Sassuolo, il presidente di Confindustria: "Arrivare in Champions non era da tutti. Ma El Shaarawy in panchina scontenta Berlusconi. La Juve? L'ha seguita il centro Mapei". Sul doping: "Anche la Spagna del calcio..."

di Stefano Rizzato

"Allegri? Con i mezzi a disposizione quest'anno, ha fatto tutto il possibile". Parola di un milanista d'eccezione, Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria e patron del Sassuolo calcio. Intervenuto al corso di giornalismo sportivo della Scuola "Walter Tobagi" di Milano, Squinzi sembra non aver dubbi sul tecnico rossonero: "Conquistare la Champions è un risultato che non tutti sarebbero stati in grado di ottenere. Certo, Allegri ha il suo caratterino e ogni tanto Berlusconi mi chiama e si lamenta: 'Ma come? Mette El Shaarawy in panchina!'. Eppure forse ha ragione proprio l'allenatore, visto che El Shaarawy non sembra al massimo e il Milan lo sta tenendo su Balotelli".

"Il sogno: Inter-Sassuolo 0-1..." - L'anno prossimo a sfidare i rossoneri in serie A potrebbe esserci proprio il Sassuolo. Ma Squinzi è scaramantico: "La promozione? Sta per arrivare, ma ancora non ci siamo. Certo, abbiamo tre punti di vantaggio sulla seconda e mancano due partite...". Il sogno è uno solo: "Quello di venire a San Siro e battere l'Inter!". Intanto una soddisfazione personale, in serie A, Squinzi l'ha già avuta, visto che gli specialisti del centro Mapei per lo sport seguono anche i giocatori della Juve scudettata ("Abbiamo dato noi a Conte le tabelle sullo stato di forma dei suoi giocatori, per tutta la stagione").

Il Sassuolo: "E se Max tornasse da noi?" - Nel 2008, quando la squadra emiliana ha conquistato la prima importante promozione in serie B, in panchina c'era proprio Allegri. Che Squinzi non ha mai scordato. "Che peccato lasciarlo andar via!", dice oggi. "Max è un amico, è venuto a trovarmi in azienda e  ci sentiamo spesso. Chissà... Se facciamo bene, magari tra un paio d'anni torna".

Berardi, il baby più desiderato - Il Sassuolo intanto è diventato un modello anche di gestione: "Se avessimo venduto Berardi, il nostro 18enne fortissimo, saremmo andati in pareggio di bilancio: il Manchester City era disposto a darci 7-8 milioni per lui. Il modello per la Serie A? Forse è l'Udinese, che ha ottimi risultati economici e anche una rete di osservatori formidabile".

"Alla larga dalla Borsa..." - Porte chiuse invece a un'eventuale quotazione in Borsa: "Non ci penserei mai - dice Squinzi - perché portare un'attività così volatile e legata a così tanti fattori sarebbe un po' giocare con i soldi degli azionisti. In Italia non c'è una base patrimoniale, solo la Juve ha un suo stadio. Ma potremmo fare un investimento anche noi, per il Sassuolo".

Il ciclismo sport di famiglia - Non c'è solo calcio, com'è noto, nell'esperienza da uomo di sport del presidente di Confindustria. Prima di prendere le redini del Sassuolo, Squinzi è stato patron della Mapei, team storico e plurivittorioso del ciclismo anni '90. "Lo sport di famiglia era senz'altro quello. Mio padre è stato ciclista professionista dal 1928 al 1932, correva con Binda e altri campioni dell'epoca. Poi lasciò per lavorare con un produttore di intonaci e materiale da edilizia, imparò il mestiere e nel 1937 si mise in proprio, con tre dipendenti, e fondò la Mapei".

"Io ho a casa la bici di Coppi" - Anche da imprenditore, Rodolfo Squinzi rimase sempre un grande appassionato del pedale e soprattutto un tifoso di Coppi. "E così - racconta Giorgio Squinzi - sono il proprietario della bici con cui il Campionissimo vinse Giro e Tour nel 1949. E ho anche la borraccia di Coppi del Giro di Lombardia del 1956: la buttò via in via Jenner prima della volata al Vigorelli, che quella volta perse".

La Mapei dei leoni del Nord - L'impegno diretto nel ciclismo sarebbe stato solo questione di tempo per il patron Mapei. "Entrai nel 1988 con la Malvor Bottecchia, come terzo sponsor, ma non fu un'esperienza fortunata", ammette Squinzi. Nel maggio 1993, a pochi giorni dal Giro, arrivò il grande salto con una squadra che divenne quasi invincibile. Ballerini, Bettini, Museeuw, Freire, Tafi, Rominger, Bortolami: la gamma di campioni transitati nella Mapei e capaci di dominare soprattutto nelle classiche.

"Roubaix, mon amour..." - "Ho sempre amato molto la Parigi-Roubaix: è la corsa che ho sentito più di tutte", spiega Squinzi. "Per quello volli fortemente Ballerini e gli altri campioni del Nord. In Belgio mi chiedevano l'autografo come in Italia si fa ai presidenti dei grandi club. Grazie al ciclismo siamo diventati un marchio globale e conosciuto all'estero".

Il doping: "Fuentes e la Spagna del calcio..." -
Con la sua Mapei Squinzi ha vissuto in prima linea il "boom" dell'epo e del doping ematico. "Nel '96 mi resi conto di quante sostanze vietate girassero e così creai con Aldo Sassi il centro sportivo Mapei, per aiutare i nostri atleti a competere senza usare il doping ematico. Non rinnovammo il contratto a Rominger, Bortolami e Olano, che la Banesto - squadra spagnola - ci pagò due miliardi di lire. Ma da qual momento in poi la nostra squadra sparì dalle corse a tappe...".

La chiusura, nel 2002, fu ancora più amara, spiega Squinzi: "Nel 2001 scrissi all'Uci per avvertirli che c'era un certo dottor Fuentes che girava intorno al mondo del ciclismo, ma non mi diedero ascolto. Anzi, mi minacciarono di squalificare le nostre squadre dalle classiche. Poi un anno dopo, al Giro trovarono positivo Garzelli a un diuretico. La verità non si saprà mai, ma quel giorno tutti i corridori e lo staff sentivano bisogno continuo di fare pipì, quindi continuo a pensare che avessero avvelenato la cena del team, la sera prima".

Poi tutti hanno visto quanto il medico iberico trafficasse, tra ciclismo e altri sport. "E ho il sospetto che non si sia andati fino in fondo", rilancia Squinzi. "E' solo una mia opinione personale, ma nel periodo d'oro della Spagna, in tutti i loro successi nel calcio e altrove, il doping potrebbe c'entrare eccome...".

CALCIO: SCELTI PER TE