Lady Herrera: "La mia vita con il Mago, dolce incantesimo"

Calcio
Helenio Herrera e la moglie Fiora Gandolfi (dal sito helenioherrera.it)
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L'INTERVISTA. Fiora Gandolfi, l'ultima moglie dell'allenatore della "Grande Inter" che, 50 anni fa, vinse il primo scudetto di un ciclo leggendario. "Uomo spiritoso, onesto e, ahimè, gran seduttore. Ma io lo perdonavo, sempre"

di Alfredo Corallo

"Helenio Herrera è nato in un'isola bianca del Rio de la Plata o del Tigre, e non si sa bene quando. La nascita degli eroi, dei miti e dei maghi è sempre una cosa straordinaria". Apriva così Fiora Gandolfi il suo pamphlet "Tacalabala", scritto nel 2002 (edito da Grafiche Veneziane) per ricordare vita, morte e miracoli di una leggenda che per lei era anche un marito. L'abbiamo incontrata in occasione della mostra che il Comune di Milano e Skyra hanno dedicato al Mago e al Paròn Nereo Rocco (che resterà aperta fino all'8 settembre a Palazzo Reale), a 50 anni dalla prima impresa dell'allenatore argentino sulla panchina dell'Inter, lo scudetto vinto proprio una stessa domenica 26 maggio, del 1963.

La signora, romana di origine veneta, è giornalista (prima donna inviata al Giro d'Italia nel '64), studiosa del linguaggio e pittrice. Si divide tra Parigi, Madrid e Venezia, città in cui Herrera ha vissuto gli ultimi anni e dove il destino ha voluto che il suo viaggio si concludesse il 9 novembre del 1997.

Fiora, è la storia di un incantesimo?
(sospiro) "E già... Eppure, a sentire certi colleghi della Stampa, quella mattina del '69 avrei dovuto intervistare una specie di mostro, con la dentiera e i capelli tinti. Presi la mia 500 e andai incuriosita a Grottaferrata, dove la sua Roma si trovava in ritiro. I denti li aveva storti, altro che dentiera. E i capelli non erano colorati, casomai spalmati di brillantina. Aveva l'aria di un uomo raffinato, ma con delle tremende rozzezze. Era nato povero, e un po' si vedeva".

Da cosa rimase colpita?
"Era diverso dagli altri, un tipo diretto e non provinciale come il resto dell'ambiente. Non beveva, non fumava, amava uno stile di vita in controtendenza e questo mi piacque molto, scattò subito un certo feeling. Ci montarono un film, capirai... Sui settimanali uscirono delle foto create ad arte con champagne, sigarette, scrissero di questa Dama Rossa al ritiro della Roma... Io ero separata, in attesa di divorzio. Lui anche, dalla moglie che viveva in Spagna, ma io non lo
sapevo nemmeno...".

Ma lui era un Mago.
"E infatti qualche giorno dopo mi chiamò per scusarsi del rumore che aveva suscitato quell'incontro. Fregata. Mi dissi: questo fa per me. Ci siamo rivisti dopo tre mesi, perché entrambi eravamo sempre in giro, e non ci siamo più lasciati".

A lei il calcio piaceva?
"No, ma io vivevo con Helenio Herrera, un uomo straordinario, non con il calcio. Lui mi ha aiutato a tirar fuori il meglio di me stessa. Come faceva con i calciatori".

Ma quando si diceva che fosse un pazzo, con le sue manie, i giochi psicologici, i cartelli nello spogliatoio, il giuramento sul pallone prima di una partita?
"Le spiego. Era figlio di un anarchico di Siviglia, che era scappato in Argentina un po' perché, dicevano, avesse cercato di ammazzare il Re di Spagna e un po' per fare fortuna, che non arrivò. Tornati in Europa, che Helenio aveva ormai 10 anni, andarono a vivere in Marocco, a Casablanca, per avere l'Andalusia più vicina. Dunque a casa parlava spagnolo, frequentava la scuola francese e per strada parlottava in arabo. Andava al mercato con la mamma e rimaneva ipnotizzato dai guaritori che strofinavano le zampe di camaleonte o le pietre preziose su una frattura che, per magia, spariva. Si convinse che credendo veramente in qualcosa niente era impossibile. E trasferì questa filosofia nel calcio".

Ce ne volle...
"Praticava lo yoga, leggeva libri sul buddismo, era cultore della dietetica a livello accademico, e a quei tempi che vuole, non lo faceva nessuno. Quando è arrivato in Italia non sapevano neanche come si scrivesse yogurt... Ha educato i giocatori a condurre una vita sana, mangiare le cose semplici. In ritiro giocavano a scacchi ed erano obbligati a studiare l'inglese. Avanti anni luce, per questo lo prendevano per matto".

Aveva un rapporto tutto suo con la religione.
"Inizialmente non ne sapeva nulla, pensava che i comandamenti fossero 11... Poi, per caso, si mise a leggere l'Orazione Preparatoria di Ignazio di Loyola e gli si aprì un mondo. Da lì, per analogia con i ritiri spirituali inventò i ritiri calcistici e portò nei campi di calcio le tecniche della concentrazione profonda. Come il santo evocava i luoghi della passione di Gesù, allo stesso modo Helenio faceva immaginare ai giocatori i luoghi che avrebbero trovato in trasferta, il clima, i volti degli avversari. Le cui foto, è noto, riempivano i comodini dei suoi difensori. E pregava sempre la Madonna o la madre, purché fosse donna".

Era un gran seduttore.
"Un furbetto mica da ridere, aveva un sacco di amanti, ma io non me ne accorgevo mai. Mi dicevano in profumeria: 'Suo marito è sempre molto carino con lei, le compra tante belle cose'. Ma chi vedeva niente... Ci provava con tutte, lo faceva con discrezione, ma non se ne faceva scappare una. In fin dei conti non ci davo troppo peso, io sono mio e tu sei tuo. No?"

Il vostro era uno dei primi casi di famiglia allargata, sul modello Gassman.
"I miei figli andavano a casa della prima moglie, francese, e i figli di Lucienne venivano da noi, oppure dalla moglie spagnola, che aveva a sua volta altri figli. E lui li presentava: 'Este es el hermano de mi hijo...'. A quei tempi era una cosa scandalosa. Il suo collega milanista Rocco, per dire, ha avuto sempre la stessa moglie. Ma Helenio era un surrealista... ".

Con lei ha avuto un figlio nel 1972, Helios.
"Sì, è professore alla Columbia University, fisico nucleare. Vive a New York, non ci vediamo spesso. Ma ho Luna, di due anni più piccola, che abbiamo trovato su una panchina della Plaza del Pino a Barcellona, era molto malata, figlia di un tifoso di Helenio. L'abbiamo portata al Gaslini di Genova e le hanno salvato la vita. Quando il padre è morto l'abbiamo adottata. Lei è quella che mi somiglia di più".

E' rimasta in contatto con i Moratti?
"Certo, provo molta tenerezza per loro, sono persone buone, ma forse non hanno l'acutezza del padre. In realtà i rapporti migliori ce li ho con il Barcellona, infatti so' del Barça... Conosco bene Pep Guardiola, i catalani sono speciali".

Quando è morto suo marito lei al funerale ha consegnato a Facchetti alcuni dei suoi preziosi quaderni, dove appuntava tutto.
"Certamente, perché Giacinto rappresentava la purezza, non era un uomo corrotto, era come Helenio. Ho voluto che li conservasse lui".

Qualche anno fa José Mourinho le fece riferire che avrebbe voluto leggerne volentieri qualcuno.
"Sì, era un mio racconto su Helenio, che gli ho fatto pervenire con piacere, perché ha l'intelligenza e la stessa grande passione che aveva Herrera per il lavoro scientifico. Mi ha ringraziato al telefono, in piena notte... Sono poche che le persone che oggi ti dicono grazie".

Cosa che le manca di più del Mago?
"Le litigate! Una volta, in Argentina, durante un'intervista: 'Herrera, lei sa cucinare?' Mi guarda e risponde al giornalista: 'No tenemo una cocina, no?'. Ma che dici! Abbiamo una cucina bellissima! Appena tornati in Italia l'ho costretto a farsi il caffè e l'uovo fritto da solo, 'così non me rompi più la testa'. Almeno il minimo vitale te lo devi saper fare fijo mio. E gli spiegavo: l'acqua nella moka fino al bollino; non mettere troppo caffè se no scoppia; nella padella poco olio, se no schizza. Il giorno dopo ri-petere. Oh, non ha messo l'olio dentro la macchinetta? Roba da matti... Che dovevo fare? L'ho perdonato come al solito, perché era un mito. E sono felice che Milano gli abbia dedicato questa bellissima mostra, così che anche i più giovani possano conoscerlo".