Né Hellas né Chievo: ecco la Virtus Vecomp, la Verona 3.0

Calcio
La Virtus Verona schierata in campo contro il Castiglione
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LA STORIA. Un allenatore al timone da 32 anni consecutivi, una onlus, una tifoseria che sembra una piccola Sankt Pauli: nel giorno della sosta della A siamo andati alla scoperta della terza squadra professionistica della città veneta, in Seconda Divisione

di Lorenzo Longhi
da Legnago (Vr)

Già l'altoparlante, prima della gara, lascia intuire che questo è un altro mondo: parte, a palla, Cuore rossoblù di Andrea Mingardi. Che è l'inno del Bologna. Solo che, nel testo, il buon Mingardi nemmeno lo nomina il Bologna. E allora, visto che nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma, ecco come quell'inno d'affetto cromatico si possa adattare perfettamente ad altre squadre con i colori rosso e blu come la Virtus Vecomp Verona, la terza squadra professionistica della città veneta, il club più singolare dell'intero panorama pro' italiano.

Domenica, nel giorno della sosta della A, la Virtus era la più importante squadra cittadina in campo. E c'era tutto, nell'esordio casalingo fra i professionisti dell'altra Verona contro il Castiglione. Tutto tranne... Verona, perché la Verona 3.0 - il title sponsor è del ramo informatico - per tutta la stagione sarà ospite a Legnago. Perché anche per la Virtus è un altro mondo: non più i dilettanti, ma una categoria in cui i regolamenti sono più stringenti e questo significa che lo stadio di Borgo Venezia, il quartiere della Virtus, non è omologato per i pro'.

Non mancava niente, s'è detto. C'era l'allenatore, Luigi Fresco, che della squadra è anche presidente, e lo è ininterrottamente da 32 anni. Per longevità in panchina lo hanno paragonato ad Alex Ferguson, ma somiglia ben più a Dario Gradi, da tre decenni deus ex machina del Crewe Alexandra che lanciò David Platt. C'era il veronese Nicola Corrent, 34 anni, un passato in A a Como e Modena e in C a Napoli, c'era il capitano di lungo corso Lallo, una vita alla Virtus, debuttante fra i pro' a 32 anni: veterani di una squadra di ventenni o poco più, ma che è più di una squadra. Di Virtus, infatti, ce ne sono due: una in Seconda Divisione, l'altra in Promozione, e da questo club sui generis è nata anche la onlus Vita Virtus, che in città si distingue per progetti di integrazione.

C'erano anche i vip, che però non vanno in tribuna autorità - un eufemismo, a certi livelli - ma in gradinata fra gli ultras. Domenica l'ospite d'onore era Attila the Stokebroker, alias John Baine, istituzione della scena punk underground britannica. Tifa per il Brighton, ha una passione per i suoi amici Virtus Fans. Sono l'altra Verona, lontana dallo stereotipo: dichiaratamente antifascisti, antirazzisti, antiomofobi, sono una trentina ma non smettono di cantare un secondo e non difettano in originalità: si passa dal riadattamento dell'inno sovietico ("questi xé comunisti", il commento igp in tribuna) a quello di Barbie Girl, perché qui non si butta via niente, mischiando italiano, dialetto e inglese. "We're we're Virtus Fans/stella rossa e birra in man" è il più cantato, ma loro sono così: una piccola Sankt Pauli (tifoseria con la quale sono gemellati), più conosciuti all'estero che in patria, dalla Germania alla Scozia al Galles, ribelli portatori degli stessi valori.

Manca appunto solo la casa vera e propria, il Gavagnin-Nocini di Borgo Venezia. E manca, a ben guardare, anche un'altra cosa: la prima vittoria fra i pro', perché con il Castiglione è finita 0-0, secondo pareggio di fila in campionato. Ma segnare all'ultimo secondo del minuto di recupero 4+1 (e dire che Davis Mensah ci è andato vicinissimo) sarebbe stato troppo: non è il pareggio, coerentemente, il più socialista dei risultati?