La Spal di Mazza, la provinciale d'oro dei favolosi anni '60
CalcioLA STORIA. Il mito di una società nella leggenda di un uomo: Paolo Mazza, "il rabdomante", è stato per 40 anni l'icona del club. Fu tra gli inventori del calciomercato, scoprì e lanciò talenti, divenne anche ct azzurro. Una figura immanente
(Di seguito il video realizzato dalla società Spal 2013)
di Lorenzo Longhi
Il commendatore era un cercatore d'oro, a suo modo. E sapeva dove trovarlo. Fosse stato nel deserto, avrebbe scovato l'acqua: non a caso lo avevano ribattezzato "il rabdomante". Per dire: se non ci fosse stato lui, se non fosse esistito Paolo Mazza, alla filastrocca della grande Inter di Herrera (Sarti-Burgnich-Facchetti...) avreste trovato un buco al numero 6 e non sarebbe stata la stessa cosa. O, magari, la nazionale italiana avrebbe dovuto aspettare sino al 1997 per battere l'Inghilterra a Londra. Perché fu proprio lui, il commendatore, a scovare Armando Picchi in C, a Livorno, a dargli fiducia in A e poi spedirlo all'Inter a ricoprirsi di gloria; fu lui pure a intuire il talento di uno smilzo quindicenne bisiaco, portarlo adolescente a Ferrara e crescerlo sino a farlo diventare quel Fabio Capello che, un giorno, spezzò l'incantesimo azzurro a Wembley. E poi Osvaldo Bagnoli, Fulvio Nesti (125 presenze nell'Inter), Adolfo Gori (179 nella Juventus), Saul Malatrasi (Fiorentina, Roma, Inter, Milan). Tutti scoperti, svezzati e lanciati dalla Spal di Paolo Mazza; quando la Spal era Paolo Mazza, e viceversa.
Provinciale d'oro - E' stata l'archetipo della provinciale di lusso, la Spal: espressione di una piccola città fascinosa e colta, un nome singolare e unico all'anagrafe del pallone, un padre padrone appassionato, competente, inimitabile, a volte pittoresco. Partito dalle campagne di Vigarano Mainarda, Mazza portò la Spal sino al quinto posto in A, massimo risultato di sempre, e arrivò sino alla Nazionale, responsabile tecnico assieme a Giovanni Ferrari della spedizione ai Mondiali cileni del 1962, sconfitto solo da una vergognosa caccia all'uomo e dal famigerato Ken Aston. L'arbitro.
Un uomo, tanti uomini - Mazza "fu" la Spal dal 1936, quando ne divenne per la prima volta allenatore, al 1976, quando fu costretto a lasciare la carica di presidente dopo 30 anni. Creò il settore giovanile, uno dei primi centri sportivi d'Italia (il "centro di addestramento Spal"), fu - assieme a Raimondo Lanza di Trabia e Gipo Viani - l'inventore del calciomercato, divenne dirigente di lega e federale, poi appunto ct. In pochi hanno lasciato un segno nelle dinamiche del nostro calcio pari al suo. E nessuno ha fatto tanto per la Spal.
Caduta e sogni - Il declino, dopo Mazza, è stato costante e inarrestabile, e solo ora si vedono spiragli di luce a Ferrara, dopo almeno due decenni di buio calcistico. I tifosi ci credono e, nella stagione 2013-2014, hanno sottoscritto ben 1428 abbonamenti, un lusso per la Seconda Divisione. Memoria e speranza restano in un coro che la Curva Ovest, dedicata a Giuseppe Campione, canta da anni: "La storia ci dice che siamo/tra i grandi del calcio italiano/con Mazza c'è stata la gloria/con noi tornerà la vittoria". Suona così, e suona bene. Anche se quell'ultima strofa è, per ora, solo un sogno.
di Lorenzo Longhi
Il commendatore era un cercatore d'oro, a suo modo. E sapeva dove trovarlo. Fosse stato nel deserto, avrebbe scovato l'acqua: non a caso lo avevano ribattezzato "il rabdomante". Per dire: se non ci fosse stato lui, se non fosse esistito Paolo Mazza, alla filastrocca della grande Inter di Herrera (Sarti-Burgnich-Facchetti...) avreste trovato un buco al numero 6 e non sarebbe stata la stessa cosa. O, magari, la nazionale italiana avrebbe dovuto aspettare sino al 1997 per battere l'Inghilterra a Londra. Perché fu proprio lui, il commendatore, a scovare Armando Picchi in C, a Livorno, a dargli fiducia in A e poi spedirlo all'Inter a ricoprirsi di gloria; fu lui pure a intuire il talento di uno smilzo quindicenne bisiaco, portarlo adolescente a Ferrara e crescerlo sino a farlo diventare quel Fabio Capello che, un giorno, spezzò l'incantesimo azzurro a Wembley. E poi Osvaldo Bagnoli, Fulvio Nesti (125 presenze nell'Inter), Adolfo Gori (179 nella Juventus), Saul Malatrasi (Fiorentina, Roma, Inter, Milan). Tutti scoperti, svezzati e lanciati dalla Spal di Paolo Mazza; quando la Spal era Paolo Mazza, e viceversa.
Provinciale d'oro - E' stata l'archetipo della provinciale di lusso, la Spal: espressione di una piccola città fascinosa e colta, un nome singolare e unico all'anagrafe del pallone, un padre padrone appassionato, competente, inimitabile, a volte pittoresco. Partito dalle campagne di Vigarano Mainarda, Mazza portò la Spal sino al quinto posto in A, massimo risultato di sempre, e arrivò sino alla Nazionale, responsabile tecnico assieme a Giovanni Ferrari della spedizione ai Mondiali cileni del 1962, sconfitto solo da una vergognosa caccia all'uomo e dal famigerato Ken Aston. L'arbitro.
Un uomo, tanti uomini - Mazza "fu" la Spal dal 1936, quando ne divenne per la prima volta allenatore, al 1976, quando fu costretto a lasciare la carica di presidente dopo 30 anni. Creò il settore giovanile, uno dei primi centri sportivi d'Italia (il "centro di addestramento Spal"), fu - assieme a Raimondo Lanza di Trabia e Gipo Viani - l'inventore del calciomercato, divenne dirigente di lega e federale, poi appunto ct. In pochi hanno lasciato un segno nelle dinamiche del nostro calcio pari al suo. E nessuno ha fatto tanto per la Spal.
Caduta e sogni - Il declino, dopo Mazza, è stato costante e inarrestabile, e solo ora si vedono spiragli di luce a Ferrara, dopo almeno due decenni di buio calcistico. I tifosi ci credono e, nella stagione 2013-2014, hanno sottoscritto ben 1428 abbonamenti, un lusso per la Seconda Divisione. Memoria e speranza restano in un coro che la Curva Ovest, dedicata a Giuseppe Campione, canta da anni: "La storia ci dice che siamo/tra i grandi del calcio italiano/con Mazza c'è stata la gloria/con noi tornerà la vittoria". Suona così, e suona bene. Anche se quell'ultima strofa è, per ora, solo un sogno.