La "Balotelliade": quante rinascite e decadenze per Mario

Calcio
Mario Balotelli e il suo "fratello maggiore" Ricardo Kakà (foto Getty)
balotelli_kaka_milan_getty

Prima della rete al Celtic SuperMario era tra i principali imputati della crisi rossonera. E ora? Viaggio tra i motivi per cui Balo si stanca così facilmente di una squadra. Eppure Mancio, Mou, Raiola e il fratello maggiore Kakà...

di Alfredo Corallo

Il "dottor" Raiola lo diagnosticherebbe come un mal di pancia, ma eviteremo di sparare sulla Croce rossonera... Perché la precoce decadenza del più dannunziano tra i giocatori milanisti, Mario Balotelli, è solo una goccia di pioggia nel pineto del decadentismo versione Silvio for president. Certo, a Glasgow Balo è sembrato un altro, non il ragazzino svogliato, in astinenza da gol, visto appena tre giorni prima con il Genoa, ma troppe volte l'attaccante bresciano ci ha confuso con quell'instinto da poeta maledetto che spesso lo ha portato a firmare nuovi "capolavori" e cambiare squadra (quando, insomma, la "Gioconda" del suo agente diventa improvvisamente patrimonio dell'umanità...).

Inter, così l'addio. Balo non va via dall'Inter perché i tifosi non gli avrebbero mai perdonato la maglietta lanciata, "schifata", la sera della semifinale con il Barcellona. O quella del Milan, peggio, servitagli su un piatto d'argento dal premuroso inviato di Striscia la notizia. I tifosi conoscono il sentimento del perdono; sono i presidenti, casomai, a dimenticarsene, ogni tanto... Se Moratti avesse voluto trattenerlo, contro tutti e tutto, sul modello-Recoba, per intenderci, chi glielo avrebbe impedito? E' probabile che gli stesse anche "simpatico", ma il gioco, il suo modo di giocare fuori dal campo, con "rotture di balle" e "attapiramenti" all inclusive nel pacchetto-Balotelli non valevano più la celebre candela. Finché Mourinho, Oriali, Zanetti o Materazzi hanno potuto - e voluto - Mario ha avuto l'ancora di salvezza. Cadute le difese, la scelta migliore è stata salpare verso nuovi lidi, a cercare un nuovo scoglio su cui aggrapparsi. Il capitano di vascello Roberto Mancini.

Milano-Manchester, andata e ritorno. L'allenatore del Manchester City è un (altro) padre per Balotelli. E' Mancio che gli ha insegnato a nuotare nelle torbide acque della Serie A. Lo adora, ne fa un protagonista del suo ultimo scudetto sulla panchina nerazzurra, che ha soltanto 17 anni. Era scritto nel destino che le loro strade dovessero incrociarsi, ancora, e prestissimo. Nell'estate del 2010 l'Inter incassa 28 milioni (e Raiola avrà la sua parte, ovvio). Tra infortuni, espulsioni, squalifiche, denunce, freccette e frecciate - ma anche belle feste e grandi sorrisi, vedi Premier rivinta dopo 44 anni di digiuno - persino daddy Roberto, che gli avrà cantato le ninne-nanne come solo Tommaso Maestrelli a Giorgione Chinaglia e il "collega" Oronzo Canà all'intristito Aristoteles, stanco Anchise dovrà seppellire l'ascia di guerra della sua personalissima Balotelliade.

Ricky, tocca a te! Il Milan, a questo punto, appare l'unica "casa delle libertà" disposta ad accogliere l'esuberante SuperMario. Adriano Galliani se lo aggiudica per 20 milioni, tanto quanto "La fine di Dio" di Lucio Fontana, direbbe un esperto mercante d'arte come Raiola. Finalmente a casina, nella squadra del suo cuore di bambino. In mezzo c'è una figlia, Pia, che l'ormai ex fidanzata Raffaella Fico partorisce un paio di mesi prima dell'approdo di Balotelli in rossonero, l'ultimo giorno di gennaio, a chiusura del mercato 2012. Il matrimonio riparatore. Mario si porta in dote la bella Fanny Neguesha, che lo accompagna nei mesi trionfali della rincorsa al terzo posto da Champions, e lo consola davanti agli orribili cori razzisti delle curve di mezza Italia, volando in Brasile con lui per la Confederations Cup. Prandelli e Allegri ci provano, ma trova un nonno, più che un papà (Galliani non si offenderà!), che lo coccola, è quasi meglio di un avvocato difensore alle prevedibili, gettonatissime "balotellate".

Happy end? Ma se è vero che l'amministratore delegato sarà destinato alla causa politica di Berlusconi, anche stavolta Mario avrà perso l'assicuratore, il moralizzatore, l'assistente sociale, il cappellano, il tutor, che la letteratura sportiva ne è colma. E allora vogliamo sperare, per il bene del giocatore e della Nazionale, che abbia trovato un (altro) fratello maggiore, e che stavolta si affidi testa e piedi alla saggezza di Ricardo Kakà. Sarebbe la sua fortuna, e quella del Milan. La miglior cura ai suoi morrisoniani "this is the end".