Il Brasile oltre l'ostacolo. Pepito, l'Italia tifa per te
CalcioPrandelli e i tifosi aspettano Rossi per il suo primo Mondiale. La storia è piena di talenti che, nonostante gli infortuni ripetuti, l'hanno avuta vinta sulla malasorte e sono tornati protagonisti in azzurro. Da Riva a Baggio a Totti, passando per Baresi
di Lorenzo Longhi
Lesione di 2° del collaterale del ginocchio destro e intervento scongiurato: gli accertamenti ai quali è stato sottoposto Giuseppe Rossi nel giorno dell'Epifania hanno lasciato spazio ad un cauto ottimismo, anche se quella "sollecitazione del legamento crociato" lascia comunque una certa preoccupazione. Quel che è certo è che Pepito sarà visitato di nuovo in Colorado, nei prossimi giorni, e dovrà rimanere fermo per 3-4 mesi. Brasile 2014 per lui, insomma, è a rischio. Prandelli e tutti i tifosi italiani lo aspettano per quello che sarebbe il suo primo Mondiale. Sarebbe, ma chissà se lo sarà davvero, se il ginocchio destro - quello già operato nel 2007, nel 2011 e nel 2012 - gli lascerà la possibilità di regalarsi il torneo dei sogni nel Paese dei sogni calcistici per eccellenza.
Di momenti delicati, Rossi ne ha passati diversi, uscendone sempre con carattere. E, sebbene non sia consigliabile forzare il recupero, in prospettiva Brasile 2014, Pepito può trarre ulteriore forza ricordando di essere in buona compagnia, in fatto di reduci da gravi infortuni che poi hanno vinto la sfida con la malasorte. E' il caso di Roberto Baggio, che agli albori della carriera, nel 1985, si sfasciò crociato anteriore, capsula, menisco e collaterale della gamba destra, col Vicenza. Rientrò e si fece di nuovo male un anno più tardi. Poi tornò più forte di prima, più forte che mai, anche dopo gli infortuni successivi. Nel 2002 altra rottura del crociato del ginocchio sinistro. Aveva 35 anni, giocava nel Brescia. "Carriera finita", sentenziarono. Tornò in campo 77 giorni dopo l'operazione, abile per i Mondiali di Giappone e Corea. Lì l'infortunio fu di Trapattoni, che non lo convocò.
Nel febbraio 2006, Totti venne azzoppato dall'empolese Vanigli: la frattura del perone fece temere per la sua partecipazione ai Mondiali, ma come andò invece lo ricordiamo tutti. Meno grave, nel 1994, l'infortunio di Baresi a Usa '94: rottura del menisco alla prima partita del torneo, operazione e rientro giusto in tempo per la finale, 25 giorni dopo. Riva si ruppe, sempre in Nazionale, la gamba sinistra nel 1967 (contro il Portogallo) e la destra del 1970 (contro l'Austria). Tornò, eccome se tornò, sia la prima che la seconda volta. Come lui, anche Del Piero, dopo l'infortunio del 1998. E gioca ancora oggi, oltre 15 anni dopo.
Sono solo alcuni dei tanti casi, e solo restando fra gli italiani. Ma come dimenticare Ronaldo, altro habituée degli interventi di ricostruzione chirurgica e dei rientri clamorosi, o i recenti Milito e Zanetti, infortunatisi ad età non più verdi ma anch'essi risultati vincitori sulle profezie delle varie Cassandre? Ce n'è abbastanza per farsi coraggio, Pepito. Ce n'è abbastanza per continuare a sognare.
Lesione di 2° del collaterale del ginocchio destro e intervento scongiurato: gli accertamenti ai quali è stato sottoposto Giuseppe Rossi nel giorno dell'Epifania hanno lasciato spazio ad un cauto ottimismo, anche se quella "sollecitazione del legamento crociato" lascia comunque una certa preoccupazione. Quel che è certo è che Pepito sarà visitato di nuovo in Colorado, nei prossimi giorni, e dovrà rimanere fermo per 3-4 mesi. Brasile 2014 per lui, insomma, è a rischio. Prandelli e tutti i tifosi italiani lo aspettano per quello che sarebbe il suo primo Mondiale. Sarebbe, ma chissà se lo sarà davvero, se il ginocchio destro - quello già operato nel 2007, nel 2011 e nel 2012 - gli lascerà la possibilità di regalarsi il torneo dei sogni nel Paese dei sogni calcistici per eccellenza.
Di momenti delicati, Rossi ne ha passati diversi, uscendone sempre con carattere. E, sebbene non sia consigliabile forzare il recupero, in prospettiva Brasile 2014, Pepito può trarre ulteriore forza ricordando di essere in buona compagnia, in fatto di reduci da gravi infortuni che poi hanno vinto la sfida con la malasorte. E' il caso di Roberto Baggio, che agli albori della carriera, nel 1985, si sfasciò crociato anteriore, capsula, menisco e collaterale della gamba destra, col Vicenza. Rientrò e si fece di nuovo male un anno più tardi. Poi tornò più forte di prima, più forte che mai, anche dopo gli infortuni successivi. Nel 2002 altra rottura del crociato del ginocchio sinistro. Aveva 35 anni, giocava nel Brescia. "Carriera finita", sentenziarono. Tornò in campo 77 giorni dopo l'operazione, abile per i Mondiali di Giappone e Corea. Lì l'infortunio fu di Trapattoni, che non lo convocò.
Nel febbraio 2006, Totti venne azzoppato dall'empolese Vanigli: la frattura del perone fece temere per la sua partecipazione ai Mondiali, ma come andò invece lo ricordiamo tutti. Meno grave, nel 1994, l'infortunio di Baresi a Usa '94: rottura del menisco alla prima partita del torneo, operazione e rientro giusto in tempo per la finale, 25 giorni dopo. Riva si ruppe, sempre in Nazionale, la gamba sinistra nel 1967 (contro il Portogallo) e la destra del 1970 (contro l'Austria). Tornò, eccome se tornò, sia la prima che la seconda volta. Come lui, anche Del Piero, dopo l'infortunio del 1998. E gioca ancora oggi, oltre 15 anni dopo.
Sono solo alcuni dei tanti casi, e solo restando fra gli italiani. Ma come dimenticare Ronaldo, altro habituée degli interventi di ricostruzione chirurgica e dei rientri clamorosi, o i recenti Milito e Zanetti, infortunatisi ad età non più verdi ma anch'essi risultati vincitori sulle profezie delle varie Cassandre? Ce n'è abbastanza per farsi coraggio, Pepito. Ce n'è abbastanza per continuare a sognare.